domenica 28 febbraio 2016

Psicologia dello sviluppo (2/12): Basi biologiche

Lo studio dello sviluppo dei bambini implica lo studio delle influenze dovute alla dotazione biologica del bambino e quelle dovute all'ambiente.
E' falso affermare che tutto ciò che è innato è immutabile, e che tutte le caratteristiche acquisite sono immutabili.
Infatti, ogni aspetto del comportamento necessità di un ambiente nel quale svilupparsi e funzionare, se esiste una base genetica di partenza, è anche vero che in base alla società in cui un bambino si sviluppa verranno accentuate o inibite alcune caratteristiche piuttosto che altre.


Prospettiva evoluzionistica


Lo sviluppo umano viene spiegato in cause prossime o immediate e in cause prime o remote, le prime sono osservabili seguendo cosa fa al momento l'individuo, le seconde sono risposte acquisite in migliaia di anni di evoluzione.

Adattamento, selezione e sopravvivenza
La teoria della selezione di Darwin (1859) è stata ampliata dal principio della selezione di parentela di Hamilton (1964), per spiegare come mai alcuni individui mettono in pericolo la propria vita pur di garantire la sopravvivenza di individui geneticamente simili.
I sociobiologi Wilson e Dawkins cercarono di spiegare come mai i genitori accudiscono la prole, affermando che così facendo loro assicurano che il loro investimento sul bambino avviene in modo da massimizzare la propria stessa capacità di adattamento (fitness), che implica di proiettare copie dei geni di comportamento nella prole futura (allo stesso modo i figli si comporteranno coi loro figli).
Nello stesso modo, il bambino è affettuoso col genitore perchè questo accresce le sue possibilità di successo di un buono successo evolutivo.
Gli individui più iterattivi avranno più possibilità di svilupparsi, in un processo di fitness complessiva dove tutti i processi portano a delle risposte.
Secondo la sociobiologia l'aiuto reciproco ed altri principi sociobiologici aiutano a prevedere vari comportamenti.
La teoria evolutiva ha 3 punti importanti:
  1. si applica sia al comportamento sia alle caratteristiche strutturali
  2. l'adattamento di una specie è sempre riferito ad un particolare ambiente
  3. non esiste più una netta distinzione tra innato-acquisito
In linea di massima: in alcuni momenti del ciclo vitale, lo schema di comportamento può essere più aperto alle influenze dell'ambiente che in altri momenti.

Confronto tra specie
Darwin sosteneva che le caratteristiche umane derivano da fonti animali in virtù della selezione naturale, e che quindi si può imparare qualcosa dallo sviluppo dei bambini studiando quello animale.
Ad esempio il pianto dei bambini è simile al cinguettio degli uccelli per richiedere il cibo dai genitori, questo sia per via di schemi di comportamento che per natura istintiva.
Secondo Hinde (1974) ci sono 3 vantaggi nel metodo comparativo:
  1. studiando gli animali si sviluppano metodi di indagini per esseri umani
  2. si possono studiare anche casi in cui negli umani l'etica lo impedirebbe
  3. l'attinenza con la specie umana può essere accertata
I pericoli del metodo comparativo sono l'antropomorfismo (l'attribuire qualità umane ad animali) e lo zoomorfismo (attribuire qualità animali agli uomini).
Gli schemi però vanno studiati nel giusto ambiente, quindi ciò che viene appreso dal mondo animale non può essere generalizzato in automatico nella specie umana che vive in tutt'altro ambiente.

Il contatto fisico tra madre e bambino secondo alcuni studiosi è importante nello sviluppo umano nei primi anni di vita.
Ribble sostenne che il bisogno del contatto è simile a quello del cibo e che la deprivazione può avere serie conseguenze.
Harlow dimostrò che nelle scimmie rhesus il benessere da contatto (aggrappamento) è più importante del cibo.
Gli esseri umani han diversi mezzi per cercare il contatto, uno di questi è il pianto, anche se Korner ha dimostrato che è lo spostamento a causare sollievo al bambino e non il tatto, e cmq non tutti i bambini amano essere toccati, e quindi in alcuni casi bisogna trovare altre vie per rapportarsi col bambino, e che in definitiva il contatto non gioca lo stesso ruolo nell'uomo come in certe scimmie.

Strumenti di segnalazione sociale
Con schema d'azione fisso (dall'etologia) si usa per designare azioni semplici e stereotipate, attivate da alcuni stimoli specifici, stimoli posseduti nella dotazione genetica che solitamente agiscono già dalle prime fasi di vita, e che sono cmq mutabili.
Nel bambino la risposta di rotazione (rooting) è il singolo movimento rotatorio verso la fonte della stimolazione, che si produce quando viene toccata un'area intorno alla bocca.
Il rooting è presente dalla nascita e serve per orientare il bambino verso il capezzolo della madre, e col tempo però diviene più flessibile.
Il sorriso è una risposta sociale che aumenta la capacità del bambino di attirare l'attenzione (per essere curato e accudito), è presente dalla nascita ma prima del secondo mese è vago e compare anche quando esso è da solo.
Lo stimolo chiave che evoca il sorriso è il viso o anche un paio di macchie simili agli occhi, mentre nei bambini ciechi questo stimolo è sostituito da un suono leggero o da una carezza.
Il pianto è una risposta costituita da 4 fasi (espiratoria, riposo, inspiratoria, riposo) la cui relativa scansione temporale può variare e dare origine a diversi tipi di pianto (di fame, di rabbia, di dolore).
Gli stimoli che generano il pianto sono diversi e si ampliano con la crescita, e servono per attirare l'attenzione della madre che deve risolvere la situazione, magari con un dondolio della culla o la soddisfazione di alcuni loro bisogni primari.
Solo dopo il primo anno i bambini capiscono il potere del pianto e lo utilizzano intenzionalmente,
La dotazione genetica da gli strumenti ai bambini per comunicare i propri bisogni ai genitori ed essi devono rispondere a questi richiami, nel caso del sorriso, siccome al genitore piace vedere il bambino sorridente, questo lo porterà ad avere più attenzioni verso il piccolo.

Basi biologiche dello sviluppo emotivo
Le emozioni sono importanti per farci capire il nostro stato d'animo e quello degli altri (solitamente tramite espressioni facciali).
Le espressioni emotive di base sono universali (felicità, tristezza, sorpresa, paura, collera e disgusto), innate e non variano da bambino ad adulto.
Lo stesso Darwin fece uno studio sulle espressioni facciali ereditarie, scoprendo che ad esempio nella rabbia c'è l'abbassamento delle sopracciglia (per aumentare l'acuità visiva proteggendo gli occhi dalla luce diretta del sole), il dilatamento delle narici (per la rapida assunzione di ossigeno = energia) e l'apertura della bocca (probabilmente un tempo serviva all'uomo primitivo o agli animali per mostrare i denti pronti a mordere).
Darwin concluse che l'espressione emotiva è un prodotto dell'evoluzione, dato che è diventata un prodotto della nostra dotazione genetica.
Ekman riscontrò che diverse culture possono variare in certe espressioni emotive rimanendo cmq identiche su altre.
Bridges sosteneva che inizialmente nel bambino le emozioni sono un eccitamento confuso e che solo col tempo il bambino impara a mostrarle: angoscia dopo 3 settimane, gioia dopo 3 mesi, collera a 4 mesi, disgusto a 5 mesi, paura a 7 mesi.
Watson invece sosteneva che i bambini sono dotati di 3 emozioni primarie (rabbia, paura e amore) e che tutte le altre emozioni si sviluppano sulla base della storia del condizionamento dell'individuo.
Altri 2 metodi sono il Facial Action Coding System (FACS) di Ekman e Friesen (1978), e il Maximally Discriminative Facial Movements Code (MAX), due tecniche d'analisi che valutano la precisa struttura e il movimento delle configurazioni muscolari in differenti regioni del viso, identificando la corrispondente emozione sulla base della somma del profilo dei punteggi individuali.
Izard concepì la Differential Emotion Theory che afferma che ogni individuo è dotato di 9 emozioni di base (interesse, gioia, tristezza, sorpresa, collera, disgusto, disprezzo, paura e vergogna) ognuna legata ad un particolare strato nervoso.
Inizialmente i bambini fanno attenzione solo alle proprie emozioni, mentre verso i 3 mesi iniziano ad accorgersi anche di quelle degli altri, ed alcuni esprimenti han dimostrato che questi bambini sono sensibili alle espressioni della madre (se è sempre tranquilla rimangono confusi, se è depressa piangono).

La cecità può far fornire alcuni indizi ingannevoli per i genitori (Fraiberg 1977) a causa dello sguardo vuoto dei neonati, e in quel caso bisogna osservare le mani ed altre parti del corpo per imparare a capire come mostrano le varie emozioni reagendo agli stimoli esterni.
Anche i bambini con la sindrome di Down hanno meno espressività e quindi le madri devono saper cogliere i loro deboli segnali, meno intensi dei bambini normali.

Evoluzione culturale
L'evoluzione biologica e quella culturale vanno di pari passo, la prima ci ha dotato delle capacità mentali e fisiche, la seconda determina il modo in cui noi le usiamo.
La cultura definisce il contesto per lo sviluppo definendo gli obiettivi che devono essere raggiunti e le prove che devono essere superate.
Alcuni fattori sono cmq biologicamente determinati, come l'ansia da separazione dai genitori che coglie i bambini verso i 7-8 mesi.
I fattori culturali vanno di pari passo con la tecnologia che contribuisce a cambiare i ruoli sociali e lo sviluppo, come con l'invenzione del biberon che ha comportato che la madre non fosse più l'unica ad occuparsi della nutrizione del bambino.
O anche nel caso dell'inseminazione artificiale, che può rendere ambigua la figura dei genitori (naturali e psicologici/adottivi), sono tutti fattori che dimostrano che i cambiamenti culturari sono in grado di oscurare le doti biologiche, anche se è la nostra dote biologica a permetterci di essere flessibili ai cambiamenti.


Genetica del comportamento


L'ereditarietà ci dota di caratteristiche comuni a tutti e caratteristiche personali.
In linea di massima si può affermare che:

  1. L'ambiente è importante come il componente genetico ereditario
  2. I geni determinano un limite al potenziale, ma solo in relazione all'ambiente
  3. La ricerca genetica deve studiare sia le influenze ereditarie che quelle ambientali
  4. Natura e cultura non sono separate, sia i geni che l'ambiente sono necessari per lo sviluppo
  5. Le influenze genetiche diminuiscono con l'età, ma questo non è vero per tutte le caratteristiche
L'influenza dei geni riguarda anche le caratteristiche mutabili nel tempo, un mutamento radicale all'ambiente può influire sul normale sviluppo genetico/temporale, quindi i geni sono coinvolti sia nel cambiamento che nella continuità dello sviluppo.

Meccanismi di trasmissione genetica
Lo stesso genotipo (la dotazione genetica dell'individuo) può dare origine a diversi fenotipi (il risultato manifesto delle influenze genetiche) a seconda delle influenze ambientali.
Il fenotipo è quindi la caratteristica risultante tra l'interazione tra la costituzione genetica di un individuo e l'ambiente.
Un'individuo può ereditare un sistema nervoso instabile, ma ad esempio questo può dare origine a problemi psichici solo in un determinato ambiente.

Metodi della genetica del comportamento
La genetica del comportamento studia il relativo contributo dell'ereditarietà e dell'ambiente nelle differenze tra individui, ed uno dei principali scopi della genetica del comportamento è quello di accertare la misura dell'influenza dei fattori ambientali rispetto a quelli genetici, e per far ciò sono stati usati 3 metodi:
  1. Studi familiari: individui imparentati dovrebbero essere fenotipicamente simili d'aspetto e di comportamento, come nel caso della schizzofrenia, dove è più facile che si riscontri per via dell'ereditarietà.
    Questi studi però hanno la carenza di non tener conto delle influenze ambientali, dato che i familiari vivendo nello stesso ambiente possono influenzarsi.
  2. Studi gemellari: lo studio tra gemelli monozigoti e dizigoti, fatto per ovviare il problema dell'influenza dell'ambiente ha portato a risultati che proverebbero che nello stesso ambiente, le somiglianze tra monozigoti sono maggiori, quindi che i fattori genetici influiscono.
    Anche in questo caso l'ambiente però influisce, dato che i gemelli MZ vengono trattati diversamente da quelli DZ a causa della loro somiglianza, creando così 2 situazioni diverse e rendendo poco attendibili i risultati della ricerca.
    Tuttavia, gli studi di Tellegen del 1988 han dimostrato che separando i gemelli, gli MZ si somigliano di più, dimostrando quindi la tesi della somiglianza dovuta ai geni.
  3. Studi di adozioni: grazie alle adozioni si è potuto studiare come i figli assomiglino ai genitori adottivi e/o a quelli biologici, in modo da capire quanto influenzano i geni (genitori veri) dall'ambiente (genitori biologici).
    Le somiglianze di QI coi genitori adottivi mostrano l'importanza dell'ambiente, quelle con i genitori biologici, quella dei geni, e in definitiva, entrambi i fattori sembrano essere importanti per lo sviluppo, anche se secondo alcuni studi, in alcuni casi prevalgono i geni, come nel caso dei figli dei criminali o del guardare troppa tv.
Interfaccia eredità-ambiente
Lo studio della genetica del comportamento umano è ancora all'inizio, tuttavia sono state tratte alcune conclusioni:
  1. Quasi tutti i tratti psicologici sono sottoposti, almeno in parte, all'influenza dei geni.
    L'influenza genetica aumenta con l'età e le caratteristiche fisiche e intellettuali sembrano essere maggiormente influenzate rispetto a quelle di tipo sociale e di personalità.
    Introversione-estroversione, nevroticismo sono fortemente influenzate dai fattori ereditari indipendentemente dall'età, mentre la mascolinità e la femminilità lo sono meno.
    Recenti studi han dimostrato che il patrimonio genetico contribuisce molto alla diversità di personalità tra gli individui.
  2. Influenza non condivise esercitate dall'ambiente sono più importanti di quelle condivise.
    Le influenze condivise sono quelle che influenzano tutti i membri del gruppo, mentre quelle non condivise sembrano essere quelle più inluenti, come han dimostrato le ricerche di Dunn e Plomin, dove i bambini che compiono esperienze personali sono più inluenzati dall'ambiente.
  3. Con un buon livello di attenzione e cura da parte dei genitori, lo sviluppo dei bambini dipende dall'ereditarietà.
    Secondo Scarr, gli ambienti di bassa qualità influenzano negativamente lo sviluppo, mentre quelli adeguati producono poche differenzazioni e fungono da sostegno alle doti ereditarie.
  4. La costituzione genetica dei bambini influenza in modo diretto il loro ambiente.
    Gli individui costruiscono il loro ambiente in virtù della loro costituzione genetica.
    Scarr distingue 3 tipi di effetti di genotipo sull'ambiente: passivo (genitori che decidono), evocativo (i bambini che mobilitano i genitori), attivo (azione diretta sull'ambiente).
  5. I fattori genetica influenzano le misure ambientali.
    I geni possono creare passivamente correlazioni tra misure dell'ambiente familiare e del comportamento del bambino, in contrasto con l'interpretazione di un modellamento attivo da parte dei genitori.
    I bambini possono risultare timidi perchè hanno genitori timidi, perchè sono troppo protettivi, perchè danno l'esempio, perchè trasmettono i geni.

Basi dell'individualità


Le differenze psicologiche sono evidenti già nei neonati, e durante la crescita, i fattori genetici giocano un ruolo continuo nella formazione dell'individualità.
Due aspetti particolari dell'individualità sono il carattere e il sesso.


Il carattere
Il carattere si riferisce alle modalità di comportamento e riguarda il modo in cui un individuo si comporta, è il suo stile comportamentale.
Il carattere: riguarda un gruppo di differenze individuali che emergono precocemente, ha una certa stabilità nel tempo, è presente in un'ampia gamma di situazioni, mostra alcuni segni di ereditarietà.
Lo studio del comportamento si è concentrato su diversi argomenti:
  1. Elementi costituivi: Thomas e Chess nel 1977 hanno individuato 9 categorie dimensionali e 3 gruppi che descrivono il modo in cui i bambini interagiscono con l'ambiente: bambini facili (alimentazione regolare, buon adattamento a nuove esperienze, atteggiamento positivo verso gli estranei), bambini difficili (il contrario), bambini di lenta attivazione (lenta adattabilità, e arrivano gradualmente a fare le cose che fanno i bambini facili).
    Non tutti i bambini rientrano in queste categorie e secondo i 2 studiosi, il carattere è limitatamente costituito socialmente e che alla base delle variazioni comportamentali c'è una componente genetica.
    Secondo Buss e Plomin (1984), lo schema è di queste 3 caratteristiche: emotività (riferita ad una forte attivazione in risposta alla stimolazione espressa in manifestazioni comportamentali e psicofisiche), attività (in relazione con l'energia e il tempo spesi in movimento), socievolezza (la disposizione del soggetto alla compagnia rispetto alla solitudine).
  2. Metodi di misurazione: per valutare il carattere di bambini piccoli si usano 3 principali metodi: resoconto dei genitori (interviste o questionari, non esenti da errori soggettivi dovuti alle aspettative), osservazione diretta (minor errori ma maggior tempo necessario e non tutto può essere osservato), accertamento in laboratorio (condizioni controllate, minor naturalezza).
    In linea di massima, il metodo usato dipende dallo scopo della ricerca.
  3. Ereditarietà: il carattere ha una componente ereditaria (le prove di questa affermazione però sono ancora incerte) ed esistono basi genetiche modificabili dalle esperienze.
  4. Stabilità: Il carattere ha una forma di stabilità negli anni, ma non è cmq immutabile, e in linea di massima, gli aspetti più globali del carattere tendono a mostrare più stabilità rispetto a quelli maggiormente definiti, inoltre anche la stabilità dell'ambiente fa aumentare la stabilità del carattere.
  5. Previsione dell'adattamento comportamentale: la previsione di caratteri che perdurano nel tempo può aiutare a prevenire patologie, previsioni azzardate nell'infanzia, ma che diventano più azzeccabili con la crescita.
    Nei bambini i caratteri agli estremi della scala (difficile-facile) sono utili a fare previsioni più azzeccate, e in linea di massima un carattere più difficile può portare più facilmente a patologie, ovviamente la previsione va fatta anche considerando l'ambiente sociale.
  6. Implicazioni sociali: caratteri diversi provocano reazioni diverse, e gli effetti del bambino sono quegli aspetti dell'individualità dei bambini che influenzano direttamente il modo in cui gli altri si rapportano con loro.
Thomas e Chess nel 1977 introdussero il concetto di goodness of fit che indica le circostanze in cui le proprietà dell'ambiente si adattano alle caratteristiche non solo caratteriali del bambino.
Quando ciò accade c'è la possibilità per uno sviluppo ottimale, altrimenti c'è carenza di adattamento e può verificarsi uno sviluppo non adeguato.
In linea di massima, il carattere non è significativo se non in rapporto al contesto sociale.
Tutte queste caratteristiche culturali vanno dunque analizzate nel giusto contesto, dato che un carattere difficile può essere considerato un male nella nostra società, ma non in un'altra.
I genitori condizionano i figli in base alla loro risposta ai loro comportamenti, e sono a loro volta influenzati dalle aspettative imposte dalla società.
Secondo uno studio di Crockenberg, l'irritabilità durante l'infanzia è risultata anticipatrice di un legame affettivo incerto, ma solo se abbinata all'insensibilità materna e all oscarso supporto sociale della famiglia.
Wolkind e De Salis (1982), studiarono i vari caratteri per capire quale tipo avesse maggiori probabilità di sviluppare problemi comportamentali, dimostrando che i bambini difficili sono più soggetti allo sviluppo di problemi comportamentali, ma soltanto congiuntamente a particolari circostanze sociali, mentre di solito con ambiente stabile e buoni genitori, anche i bambini difficili non hanno problemi comportamentali futuri.

Le differenze sessuali
Il sesso, insieme all'età e alla provenienza etnica è uno dei principali elementi di classificazione delle persone.
Anche nel caso del sesso, ogni cultura differisce nel ruolo attribuito ad entrambi i sessi.
Il dimorfismo sessuale indica le differenze fisiche tra maschi e femmine e si basa sulle differenze cromosomiche tra uomini e donne.
Le influenze biologiche e culturali si combinano per produrre i distinti ruoli sessuali.
Maccoby e Jacklin (1974) individuarono 4 funzioni psicologiche (+ una quinta non loro):
  1. Aggressività: ad ogni età e in ogni cultura, tende ad essere maggiore nei maschi (biologicamente potrebbe essere dovuto al testosterone).
  2. Abilità verbali: maggiori nelle femmine, che solitamente imparano a parlare e leggere prima dei maschi.
  3. Abilità spaziali: migliore nei maschi per i compiti che richiedono abilità visuo spaziali.
  4. Abilità matematiche: maggiori nei maschi, anche se è una differenza stabilita con minor certezza e potrebbe essere dovuta alle aspettattive sociali e alle pratiche educative.
  5. Vulnerabilità fisica e psicologica: i maschi sono più vulnerabili delle femmine, a partire dalla gravidanza dove i feti maschili sono quelli maggiormente abortiti, hanno poi più rischio a malattie (ereditarie e non) e minor difesa mentale ai problemi psicologici dovuti all'ambiente (come la povertà, problemi familiari ecc...).
    Di questa vulnerabilità non c'è spiegazione e inoltre dalla pubertà sembra invece invertirsi e passare alle femmine.
Queste caratteristiche possono anche essere mescolate e non c'è sempre una divisione netta di comportamento e di aspetto tra maschi e femmine (androginia), inoltre le pressioni sociali su come si dovrebbero comportare il maschio e la femmina hanno una forte influenza sul comportamento e la formazione dei vari sessi.

Money e Ehrhardt (1972) studiarono il caso di 2 gemelli maschi dove uno dei quali a causa di un'incidente perse il pene all'età di 17 mesi e da allora fù vestito e trattato come una femmina.
Dal punto di vista psicologico il gemello crebbe come una femmina, grazie all'influenza dei genitori, tuttavia veniva anche descritto come un maschiaccio e la sua forza fisica era quella di un maschio, tendendo anche a dominare gli altri.
Gli studiosi conclusero che l'attribuzione sessuale operata socialmente è quella che determina l'identità e il comportamento sessuale, a patto che avvenga entro i primi 3 o 4 anni di vita, e che inoltre i geni sessuali cmq si riescono ad affermare nonostante il condizionamento sociale.

Concludendo si può dire che il risultato finale dello sviluppo è determinato da molti fattori, anche se l'avvio è fornito da fattori biologici.

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