sabato 5 novembre 2016

Psicologia dell'adolescenza (9/19): Tentato suicidio

In Italia, nel periodo dal 1987 al 2000 non sono state riscontrate variazioni significative del fenomeno del suicidio giovanile.
Mediamente si hanno 46 suicidi di minori all'anno, valore che ci porta tra i paesi europei con minor numero di suicidi giovanili (tra i 15 e i 24 anni).
Il suicidio non è un fenomeno tipico dell'età giovanile, i suicidi dei minori non superano il 2% dei suicidi, invece il tentato suicidio è un fenomeno più tipicamente giovanile.
I minorenni pensano al suicidio o arrivano ad inscenarlo più del resto della popolazione, ma per fortuna non riescono a metterlo in pratica come fanno gli adulti, inoltre, il suicidio è più frequente nei maschi che nelle femmine, mentre il tentato suicidio è più frequente nelle femmine.

Psicodinamica del tentato suicidio
Si ipotizza che a far inscenare il suicidio sia una problematica evolutiva, un dolorosissimo scacco nella realizzazione di uno o più compiti evolutivi adolescenziali.
Infatti, diversi studi hanno mostrato l'assenza totale di psicopatologia in chi è reduce da un tentato suicidio, inoltre questi ragazzi sembrano avere molti amici, un buon profitto scolastico ed una buona famiglia.
Secondo Ladame, il suicidio è tentato da un adolescente che non riesce a portare a compimento il processo di separazione ed individuazione della propria madre, e che quindi si sente costretto a replicare lo sforzo di farsi completamente accettare e capire da lei, senza riuscire ad investire i propri affetti e desideri su nuovi oggetti d'amore.
L'adolescente tenta il suicidio perchè non riesce ad ottenere l'amore della madre e quindi si offre in sacrificio con la speranza che possa realizzare l'antico bisogno di fondersi in una unità inscindibile.
Quindi basta un banale incidente relazionale nel percorso evolutivo dell'adolescente che non ha superato bene la separazione con la madre, per esporlo al rischio di sperimentare l'istinto suicida che gli propone di morire come soluzione dei problemi e come modo per ricongiungersi con la madre (la quale affranta si convincerà dell'estrema devozione del figlio).
Il corpo è attaccato perchè l'adolescente che tenta il suicidio non è ancora riuscito a mentalizzarlo e perciò non coincide con il sé, quindi l'atto suicida conserva un valore difensivo dell'integrità e della continuità del sé ed ha al proprio interno un progetto disperatamente evolutivo.
Secondo Jeammet, il tentato suicidio rappresenta un modo per riprendere controllo sul proprio destino, riappropriandosi della propria vita (riacquistando il controllo della realtà interna) proprio nell'attimo in cui si rischia di morire.
Il tentato suicidio rappresenta quindi una violenza contro il sé, ma attraverso il corpo sono i genitori ad essere presi di mira, dato che il corpo per gli adolescenti simbolizza il legame con le figure genitoriali.
Secondo Pommereau, l'atto suicida è sempre rivolto verso qualcuno, dove attraverso la morte si esce da una situazione insostenibile e si realizza uno stato di fusione eterna con l'altro, che libera dalle sofferenze narcisistiche e dalle angosce d'abbandono.
Secondo i Laufer, il gesto autolesivo documenta un crollo psicotico preparato da lungo tempo, e gli adolescenti che tentano il suicidio non sembrano consapevoli della realtà della morte, ipotizzando solo uno stato di quiete senza conflitti.
Cmq solo dopo la pubertà i ragazzi possono decidere coscientemente di morire, e la maturazione sessuale si accompagna alla capacità di fantasticare o realizzare il suicidio, inoltre i Laufer hanno dimostrato che i reduci dal tentato suicidio odiano il proprio corpo sessuato, e quindi il tentato suicidio sembra accompagnato e preceduto dal disgusto nei propri confronti.

Fattori di rischio
E' stato dimostrato che chi tenta il suicidio non soffre di una vera e propria depressione.
L'adolescente che tenta il suicidio sembra non percepire bene la realtà, non si rende conto bene delle conseguenze di quello che sta per fare.
Ad innescare la crisi non sembra essere il senso di colpa, la disperazione o alla perdita dell'oggetto d'amore, ma alla perdita della speranza di riuscire a farsi amare, uno scacco della propria capacità di avere fiducia nelle possibilità di recuperare l'amore e l'onore perduto.
Le rotture sentimentali provocano sentimenti di incapacità e quindi provocano la vergogna, ed è proprio la vergogna acuta che determina una veloce inibizione delle altre funzioni mentali e che porta ad un urgente bisogno di scomparire, di non dover affrontare la gogna, l'onta sociale, la perdita della bellezza narcisistica e dell'onore affettivo e sentimentale.

Il corpo disponibile
Quasi tutti gli adolescenti che tentano il suicidio hanno mostrato negli anni o nei mesi precedenti un conflitto col proprio corpo, alterando in modo significativo la condotta alimentare, sviluppando vissuti dismorfobici o esprimendo lamentazioni ipocondriache.
La tentazione di morte accompagna molti adolescenti, e tra gli studenti delle scuole superiori almeno il 20% fantastica ogni tanto il suicidio.

La famiglia dell'adolescente che tenta il suicidio
Il suicidio è un disperato tentativo di recuperare il controllo, di difendere la propria identità minacciata dal disonore o dalla cancellazione, ed è anche un gesto pieno di intenti comunicativi.
Ogni azione degli adolescenti che irrompe bruscamente nel quotidiano lascia intendere quanto sia forte il bisogno di comunicare qualcosa che non può essere detto altrimenti.
Il destinatario del messaggio finale è sempre un genitore, ed è quindi per il genitore che si tenta il suicidio, per dirgli qualcosa.
Gli psicoanalisti lavorano affinché i genitori comprendano il messaggio dell'adolescente, il prima possibile, prima che egli tenti nuovamente di recapitarglielo (tentando nuovamente il suicidio).
Il messaggio alla madre è di solito centrato sulla richiesta di perdono per la crescita sfuggita di mano, punita da diversi frustrazioni accumulate su vari campi, e la madre deve quindi rispondere trasmettendo disponibilità, dando più spazio ma garantendo una vicinanza estrema.
Il padre generalmente rimane spiazzato da questo gesto e non sa come rispondere, perchè non si aspetta di essere lui la causa di quel disperato gesto.
Il messaggio primario è quindi sempre rivolto ai genitori, mentre può anche esserci un messaggio secondario a docenti cattivi, amori traditi, ecc...
Il gesto del suicidio è un gesto per farsi ascoltare, ma dopo quel gesto, anche se i genitori sono pronti ad ascoltare, il ragazzo non ha più nulla da dire, perchè ha già detto tutto con quel gesto (che andrebbe interpretato) e ciò rende la comunicazione successiva molto difficile e complessa.

Suicidio di un compagno di scuola
I genitori sono le vittime della decisione del suicida, e per molti anni ne rimangono segnati.
Anche gli amici più intimi e i compagni di scuola possono però rimanere traumatizzati ed in alcuni casi il gesto corre il rischio di essere emulato.
Nel corso degli ultimi anni sono stati predisposti alcuni interventi di prevenzione al suicidio, dove la prevenzione primaria è molto difficile, quindi si cerca per lo meno di lavorare sulla prevenzione secondaria, perchè se il messaggio non viene accolto, il gesto può ripetersi.
Il principale fattore di rischio di morte per suicidio è infatti l'averlo già tentato prima, quindi bisogna lavorare bene e velocemente per cercare di capire cosa tormenta l'adolescente in crisi.

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