sabato 18 marzo 2017

Psicopatologia (20/25): La doppia deprivazione

Frank, un bambino di 14 anni, viene mandato alla Tavistock Clinic perchè aveva gravi difficoltà d'apprendimento, era aggressivo e rubava, e 2 anni prima di entrare in cura aveva anche tentato il suicidio.

Anamnesi
La madre di Frank era morta quando lui aveva 7 anni, ma cmq lui non la aveva mai vista (come il padre), dato che lo aveva mandato in orfanotrofio a pochi mesi.
Dopo aver cambiato 3 orfanotrofi, viene adottato da una famiglia che lo abbandona dopo 10 anni (interrompendo ogni contatto) perchè troppo ribelle, condizione peggiorata dopo che questi aveva scoperto che la sua vera madre era morta.
Si ha quindi una doppia deprivazione, la deprivazione inflittagli dalle circostanze esterne, che sfuggivano al suo controllo, e la deprivazione che derivava da fonti interne, dalle sue difese distruttive e dalla qualità dei suoi oggetti interni che gli fornivano uno scarso appoggio da fare di lui una persona sola ed inavvicinabile.

Identificazione con un oggetto interno idealizzato
A scuola Frank era diventato molto pericoloso per i compagni, che spesso minacciava con coltelli, era indifferente a qualsiasi punizione o rimprovero, provocava negli altri molta paura mentre lui sembrava privo di sentimenti.
In terapia era sempre puntuale, anzi in anticipo, ma sembrava distaccato, scindeva i propri sentimenti e parti del sé e li proiettava su altri, e l'unica cosa a cui sembrava tenere era il proprio aspetto fisico.
Sembrava assente e distaccato e per questo era difficile prendere contatto con lui, prendeva ogni approccio come una cosa fastidiosa, e l'identificazione con un oggetto interno idealizzato sembrava l'unica cosa che fosse in grado di tenerlo insieme.
Lui si identificava in sua madre, si comportava come credeva si fosse comportata lei, troppo vanitoso per occuparsi degli altri, e lo scopo del suo comportamento era quello di scindere e proiettare in un'altra persona i sentimenti che non poteva sopportare, e allo stesso tempo si identificava con l'oggetto irraggiungibile idealizzato, con cui si sentiva tutt'uno e che controllava.
Alcune frasi di Frank sembravano voler dire che l'unico modo per non rimanere ferito da un oggetto brutto che si ha dentro di sé, è identificarsi con esso, diventare un muro e lasciare la sofferenza a qualcun altro, quindi ogni nuova deprivazione, ogni nuova esperienza di un oggetto esterno duro, veniva introiettata da Frank e cementava ulteriormente la durezza del suo oggetto interno.

Il pakistano
Frank metteva alla prova il terapeuta per capire se tollerasse i suoi attacchi o se diventasse duro come un muro, inoltre, nonostante fosse un ragazzo di colore, se la prendeva con i ragazzi pakistani, affermando che se li colpisci loro tornano a prenderne ancora, il tutto probabilmente pensando ad un bambino piccolo e debole che continua a sbattere la testa contro il muro della madre dura ed insensibile, comportamento che non avrebbe fatto sopravvivere a lungo il piccolo.
Disse inoltre che non ce l'aveva con tutti i pakistani, ma solo con uno, probabilmente ce l'aveva contro se stesso.

Rimproveri
Frank cominciò ad accusare di freddezza, indifferenza e durezza il terapeuta, perchè non soddisfava subito i suoi bisogni, e si comportava da freddo e distaccato identificandosi nella madre insensibile, ed i sentimenti che lei suscitava dovevano essere sofferti dai pakistani.
Frank faceva di tutto per accusare il terapeuta di negligenza, arrivando prestissimo, usando questi rimproveri come difesa, perchè Frank si sentiva molto più a suo agio in una situazione nota, davanti ad una persona di cui non aveva fiducia, qualcuno che non poteva essergli di nessun aiuto (dato che in vita sua non aveva mai avuto fiducia di nessuno).
Il terapeuta era rimproverato di essere una figura parziale non sempre disponibile (come dovrebbe esserlo una buona madre), quando però questi aumentò il numero di sedute, il cambiamento del setting scosse il senso di sicurezza che Frank aveva acquisito.
Frank con tutti questi rimproveri chiedeva aiuto, ma in modo velato.

Violenza fisica e psicologica
Frank accusava il terapeuta di volerlo fare piangere allo scopo di farlo passare per tiranno e lui per vittima, in modo che poi potesse giustificare la sua violenza a scopo difensivo.
Il comportamento aggressivo fuori dal setting diminuì, ma aumentò il rischio di violenza in terapia (con minacce velate del piccolo), e cmq comprendere le ostilità non è sufficiente, secondo la visione di Mary Boston, il nuovo oggetto della violenza (il terapeuta) deve dimostrare di saper contenere tale violenza e ridurre l'onnipotenza, dimostrandosi migliore del paziente e quindi una persona da prendere d'esempio e da cui imparare come comportarsi.
Secondo le fantasie di onnipotenza del piccolo, sua madre era morta perchè si era sottratta al suo controllo, e quando dopo un po' di terapia diminuì la violenza fisica, apparve quella mentale.
Una volta il terapeuta parlò gesticolando, ed il paziente prese il suo posto dicendo che si poteva discutere anche senza venire alle mani.
Per Frank, qualsiasi sentimento di calore e vicinanza era tanto doloroso che doveva liberarsene immediatamente, quindi svuotava tutto di significato e quindi di emozioni, e a volte usava come metodo di difesa, quello di togliere una parola da una frase per poi giustiziarla (facendo perdere la frase di ogni impatto emotivo).
Quindi a causa delle carenze affettive del passato ora uccideva subito i sentimenti come l'essere capito e l'essere in contatto con gli altri, cercando anche di spezzare i legami all'interno della mente del terapeuta, interrompendolo quando stava per giungere a qualche conclusione, disturbando, lottava con il suo pensare.
Probabilmente sono stati traumatici per Frank anche i diversi legami interrotti più volte da piccolo, con ad esempio i vari cambi di orfanotrofio, e forse per questo, per non soffrire più, non voleva più legare con nessuno.
Dopo 1 anno e mezzo di terapia le sue difficoltà di apprendimento erano molto diminuite.

Il desiderio di essere salvato
Diversi elementi portano a pensare che Frank fa affidamento sul lavoro del terapeuta per ristabilire i legami spezzati, in modo di evitare di perdersi nella confusione o andare alla deriva.
Dopo un po' di terapia ci sono stati segni di una maggiore capacità di provare sentimenti di fiducia nei confronti del terapeuta e segni d'accettazione di un rapporto di maggior dipendenza.
Frank sembrava interessato a voler entrare nell'esercito, all'inizio sembrava gli interessasse uccidere, poi invece si è capito che forse gli interessava essere ucciso.
Frank era cmq migliorato e non dava più preoccupazioni, né a scuola né in orfanotrofio, tuttavia aveva ancora bisogno di aiuto, anche se non aveva coraggio di ammetterlo apertamente e faceva solo allusioni.
Frank a 16 anni doveva lasciare l'orfanotrofio e questo poteva creare un problema per il proseguimento della terapia, inoltre non si sapeva dove sarebbe andato a stare, così il terapeuta si occupò della faccenda, però senza farglielo sapere, perchè se no lui avrebbe rinfacciato che poteva ospitarlo a casa sua, inoltre questa cosa avrebbe mutato il loro rapporto e messo in confusione Frank, oltre al fatto che il terapeuta volle chiarire quali fossero i limiti del loro rapporto e che aspettative potesse avere il piccolo nei suoi confronti.
Frank migliorò ulteriormente quando riuscì a chiedere aiuto più apertamente, dimostrando di capire meglio le proprie reali esigenze.

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