sabato 11 giugno 2016

Psicologia generale 2 (5/12): Lo studio dei problemi

I problemi


Secondo Simon il labirinto è un ottimo modello astratto per quasi tutti i tipi di attività di problem solving.
Tra i problemi famosi analizzati c'è quello dei 3 missionari e dei 3 cannibali, dove bisogna trasportare da una riva ad un'altra di un fiume i 3 missionari con una barca da 2 posti, evitando però di lasciare soli un numero inferiore di missionari rispetto ai cannibali.
Un altro problema famoso è quello delle 4 palline di Petter, dove 4 palline sono uguali ma hanno peso diverso e dove bisogna individuare una specifica pallina avendo a disposizione una bilancia e solo 2 pesate disponibili.
Il problema della compravendita del cavallo di Maier, dove un mercante compra un cavallo per 70 sterline, lo vende per 80, lo ricompra per 90 e lo rivende per 100, e dove bisogna capire quanto il mercante ha guadagnato.
In queste situazioni, la difficoltà può dipendere dalla complessità del calcolo, dalla lunghezza della serie di operazioni da svolgere, dalla numerosità dei dati, mentre in altre situazioni possono esserci uno o più punti critici dove avviene un qui pro quo, una lettura incompatibile con la soluzione, dove il soggetto collabora involontariamente alla produzione della difficoltà del problema.
Ogni volta che un soggetto accetta un discorso-problema, lo riproduce nella sua mente come se lo avesse prodotto lui stesso (doppio codice), e ciò avviene solo se è stato prodotto secondo le stesse regole con cui funziona la sua mente, altrimenti non verrebbe accettato.
Se avviene un fallimento di tipo qui pro quo (problemi con punti critici), il soggetto avverte di non aver visto giusto e lo manifesta, mentre se si tratta di problemi di calcolo, il soggetto ha sentimenti negativi e si sente stupido, fa autocritiche e ha la famosa esclamazione "Aha-Erlebnis".
Non si trovano invece queste differenze nei problemi dove la difficoltà è percepita dai soggetti e dove invece non lo è, dove essi sbagliano senza sospetto, in quanto la reazione dei soggetti è legata alla percezione dell'incongruenza nella propria mente.
Si fa inoltre distinzione tra problemi e compiti, tra problemi di tipo A (propriamente detti) e problemi di tipo B.
Nei problemi di tipo A, la difficoltà dipende da uno o più punti critici del messaggio, nei quali avviene un qui quo pro, mentre nei compiti il soggetto si trova davanti ad una difficoltà esterna-oggettiva, nei problemi è invece il soggetto a costruirsi il problema.
Nei problemi di tipo B, la difficoltà è correlata alla macchinosità del processo di soluzione o alla difficoltà di calcolo.


La ricerca step by step è il metodo principale del solutore dei compiti, però non può essere considerata un metodo adatto per la soluzione dei problemi, dato che quando si manifesta la difficoltà o la contraddizione, essa è inefficace.
Il problem solving consiste nei tentativi del soggetto nell'eseguire correttamente il compito, ma il problem solving non è che una parte dei processi da effettuare per i problemi propriamente detti, perchè il problema prima deve essere accettato, e devono essere individuati i punti critici, senza i quali il problema non si forma.
L'attività di problem solving è dunque necessaria ed antagonista all'attività di formazione del problema, ed una buona teoria sul problem solving dovrebbe spiegare come avviene la soluzione del problema, quali processi vengono usati e quali meccanismi regolano questi processi, o anche cosa succede quando si risolve un problema, quando improvvisamente si vede la soluzione.
Inoltre, il problem solving dovrebbe studiare non solo la riuscita del problema, ma anche cosa avviene quando si fallisce, dovrebbe spiegare l'errore e l'insuccesso.

Nella teoria del doppio codice, il codice legale è il codice che da luogo alla lettura corretta ed appropriata, mentre il codice naturale è il codice che viene interpretato male dal ricevente e da luogo ad una scorretta lettura ed interpretazione del problema.
In generale, la soluzione del problema avviene con l'eliminazione dell'asimmetria tra codificazione e decodificazione, ad esempio, nel problema dei 9 punti, la percezione della figura ha un ruolo fondamentale per la non riuscita del compito (i soggetti percepiscono la figura e non solo i 9 punti, e si creano così regole che complicano e rendono impossibile il compito).
Il problema della discrepanza tra codici può essere generato per diversi motivi, come per esempio le conoscenze enciclopediche, i presupposti culturali, le regole del funzionamento cognitivo, ecc..., ed il problema rimane insoluto fino a che non si elimina questa asimmetria.
Esistono anche altri problemi nella risoluzione dei compiti, come la difficoltà di calcolo, e quindi diversi problemi possono essere problemi composti, come il problema dei 9 punti dove bisogna superare il problema del doppio codice e poi quello dovuto alla difficoltà del compito (residuo del problema).
Spesso invece certi soggetti si complicano la vita perchè cercano di risolvere semplici compiti in modo intelligente (come nel caso del piccolo Gauss), dato che il problema non è un dato preesistente all'attività del soggetto, ma è un prodotto del soggetto.

In natura non esistono contraddizioni, queste possono esistere solo nella nostra mente, come anche per i problemi, non esistono in natura, ma sono frutto della nostra mente.
Non esiste nessuna situazione che in sè per sè è un problema, ma ogni situazione può cmq essere trasformata in problema.
Nonostante tutti questi studi cmq, non si sa ancora come la gente risolva i problemi, è cmq erroneo impostare lo studio del problem solving senza integrarlo con la formazione del problema.


Doppia codificazione


Studiare psicologicamente un problema, e il comportamento di colui che cerca di risolverlo, significa studiare la soluzione e la formazione del problema.
Un noto problema è il problema del ristorante, dove 3 amici ricevono un conto di 6000 lire, ciascuno dà 2000 lire, e grazie allo sconto ricevono indietro 1000 lire, delle quali 400 lire vengono lasciate come mancia al cameriere e quindi alla fine prendono 600 lire.
Tirando le somme ciascuno di loro ha pagato 1800 lire, che moltiplicate per 3 fanno 5400, 400 lire sono andate al cameriere, risultano quindi 5800 lire. Si chiede ai soggetti di dire che fine hanno fatto le 200 lire che mancano.
Per molti soggetti questo rimane un problema insoluto, e la causa di ciò può essere l'esplicito suggerimento erroneo proposto nel testo, ma anche modificando un po' il testo rendendolo meno ingannevole, cmq molti soggetti non riescono a risolvere l'arcano.
Questo perchè ci sono lo stesso all'interno del testo alcune parole, come "lasciare", che disorientano il solutore, e nello specifico fanno credere ai soggetti che le 400 lire lasciate al cameriere si aggiungano a ciò che è stato pagato.
Per studiare questo problema i ricercatori hanno usato la tecnica delle versioni pseudo-parallele, dove viene cambiato tra una versione ed un'altra un vocabolo che può fare la differenza nella comprensione del codice, e in questo caso specifico viene cambiato "lasciare" con "pagare", e questa modifica ha consentito a quasi tutti i soggetti di risolvere il problema senza troppe difficoltà.
Quando si studiano questi problemi bisogna per prima cosa capire cosa il soggetto percepisce, in secondo luogo occorre capire come mai i soggetti sbagliano, e quindi analizzare il messaggio originale anche grazie alle versioni pseudo-parallele che consentono di identificare come diverse parole hanno un peso nella soluzione del problema.
Studiare come si forma un problema nella nostra mente significa dunque studiare come pensiamo.



Gli effetti della struttura retorica


L'enunciato dei problemi semplici è di solito psicoretoricamente ben strutturato, mentre nell'enunciato dei problemi semplici invertiti, ci sono dei residui narrativi che interferiscono con la struttura retorica propria, creando la difficoltà del problema.
Il problema può essere considerato come un discorso diviso in due parti: l'enunciato e la domanda.
Nei problemi semplici le proposizioni dell'enunciato forniscono ciascuna un dato, essendo il complesso dei dati forniti necessario e sufficiente per rispondere alla domanda, mentre nei problemi semplici invertiti, non tutte le proposizioni portano un dato necessario per la soluzione.
Tutti i discorsi seguono delle regole, che non sono solo quelle grammaticali e sintattiche, ma anche regole retoriche, che possono essere divise in regole generali e regole specifiche.
Il soggetto ha quindi in mente le regole con cui si aspetta che l'enunciato gli venga esposto (inconsciamente), e se queste non corrispondono, avviene la regolarizzazione dell'enunciato.


Diversi studi hanno dimostrato la tendenza alla regolarizzazione dell'enunciato dei soggetti, con la conseguente trasformazione della struttura del problema in maniera stabile e definitiva, resistente alla domanda di controllo, e sono stati anche trovati casi in cui l'irregolarità dell'enunciato crea disturbi, ad esempio per la presenza di una proposizione puramente narrativa nel corpo dell'enunciato.
Tra i vari studi sul fenomeno del difetto retorico c'è quello famoso di Lurija sul malato BOUB (embolia grave emisfero sinistro), dove questo soggetto quando trova un buco narrativo lo colma normalizzando e finisce per cambiare la struttura del problema.

In un testo, se la funzione puramente narrativa della proposizione che da problemi, viene segnalata tramite la sua subordinazione sintattica ad un'altra proposizione che contiene dati rilevanti, si riducono i suoi effetti distorcenti e si riduce la possibilità di modificare la struttura dell'enunciato, si riduce quindi la possibilità che alla proposizione puramente narrativa venga attribuita una funzione logica nella stesura dell'enunciato.

Lo schema abituale o stereotipo acquisito, può essere usato inconsciamente nella interpretazione dei problemi, spesso si interpreta il codice secondo le proprie aspettative, anche da parte del ricercatore, che corre il rischio di guardare le cose solo dal suo punto di vista.
Lo stereotipo può risultare fuorviante, e può impedire di vedere l'esistenza delle regole retoriche.
I problemi composti sono quei problemi che non possono essere risolti con un solo atto, e in questi problemi Lurija ha evidenziato la tendenza dei suoi malati a semplificarne l'enunciato.
Secondo gli psicologi genetici, i bambini di una certa età non capiscono (o capiscono diversamente) certe espressioni degli adulti (come di più, di meno, a destra di, ecc... espressioni con valore semantico del tipo "un tot di più"), e quindi anche questi fattori possono essere causa di insuccesso nella risoluzione del problema.

La semplificazione indebita del testo può dunque portare al fallimento nella soluzione, e Mosconi e D'urso hanno dimostrato che in un testo, gli elementi essenziali per la soluzione vengono facilmente trascurati e dimenticati, se sono formulati come termini puramente verbali, mentre è improbabile che essi vengano dimenticati se sono esposti in forma numerica.
In definitiva cmq, le regole retoriche della costruzione del discorso, dipendono e riproducono le regole di funzionamento del pensiero.


Discorso e processo solutorio


Le ragioni del discorso e le ragioni del processo solutorio non sempre coincidono, ad esempio, nel problema delle 3 scatole, sono le etichette e le informazioni ad avere un ruolo centrale per la soluzione, ed esiste una discrepanza tra struttura del discorso-problema (enunciato e domanda) e la struttura del discorso-soluzione che il soggetto deve produrre.
In generale, il discorso tende ad assumere un'organizzazione naturale che però può anche essere causa di difficoltà nella situazione problemica.



Ordine ed errore


Secondo Koffka, l'ordine è una conseguenza dell'organizzazione.
Nelle situazioni problemiche invece, l'ordine caratterizza la soluzione e il raggiungimento di una soluzione ordinata conclude il processo di pensiero.
A volte però l'ordine innato porta ad una conclusione prematura, quando ancora non si è giunti alla soluzione del problema, questo perchè l'ordine opera autonomamente dalla soluzione.
Il compito dello psicologo è capire come si pensa, indipendentemente dal fatto che l'esito di tale pensiero possa essere percepito da altri come giusto o sbagliato.
Un esperimento usato per valutare l'effetto dell'ordine è quello della foglia che copre la superficie di un lago entro tot giorni, che dimostra che l'ordine può essere fuorviante e che anche quando i dati non sono presentati in un preciso ordine, si può cmq raggiungere la soluzione corretta del problema.
In generale, il sistema di pensiero funziona in base ad una presunzione a favore dell'ordine, e c'è la tendenza a ristabilire l'ordine naturale delle cose, inoltre, quando un risultato si presenta nel giusto ordine, spesso si tende a tenere per buona la soluzione, quando magari in realtà non lo è.



Il discorso del non solutore


Secondo alcuni studiosi, il soggetto riorganizza il problema generale in obiettivi o problemi intermedi più semplici, passando da uno stato di conoscenza (caratteristico di ogni livello) ad un altro, e dove in caso di successo le nuove informazioni acquisite passano al livello successivo.
I soggetti indecisi invece procederebbero per prove ed errori, tornando indietro in caso di raggiungimento di punti morti.
Ci sarebbe quindi una sequenza ordinata, anche nel caso in cui non si sappia la strada da subito, procedendo con l'accumulo di informazioni utili per la soluzione del problema, che una volta raggiunta si presenta come un atto repentino.
Una buona teoria psicologica deve spiegare sia il successo che l'insuccesso, e deve farlo usando gli stessi strumenti, e si deve avere sempre la possibilità di riproducibilità dello studio fatto, e quindi una situazione di controllo.

Nel problema delle 3 scatole, si deve scoprire il contenuto di tutte le scatole (palline di colori diversi) conoscendo delle regole prestabilite, un compito che richiederebbe una sola estrazione per essere risolto, ma che a seconda di come sono scritte le etichette può risultare un compito facilitato o viceversa.
Il pensiero sembra essere limitato, si può fare una cosa per volta, e sembra che il pensiero serva a far risparmiare le azioni, e questo ne riduce la sua potenza ed autonomia, come dimostra questo esperimento delle scatole, dove i soggetti effettuano spesso estrazioni inutili.


Il discorso vacuo può essere considerato il prodotto della cessazione dell'abituale collaborazione tra 2 distinti cervelli, uno dei quali si occupa della forma del discorso, l'altro viene ridotto all'inattività.
Si ha vacuità scientifica quando si svia il pensiero e lo si complica tentando di applicare modelli inappropriati e poco noti.

Il fenomeno della non utilizzazione delle informazioni fornite avviene anche nel compito delle 3 scatole, dove non si utilizzano tutte le informazioni fornite dalle etichette.
Il rovesciamento delle ipotesi, può far ristabilire l'ordine naturale, e può rendere anche difficoltoso il compito, dovendo far fare ai soggetti un contorsionismo intellettuale, ed il processo usato per risolvere il problema delle 3 scatole potrebbe essere che: prima si conosce l'ignoto per ispezione, poi si determina ipoteticamente ciò che è già noto, ed infine ci si pone come obbiettivo la conoscenza di un dato già noto.

Nel corso dello stesso svolgimento del discorso possono esserci idee contrastanti, e questo suggerisce che la mente del solutore non può essere vista come un sistema organico e coerente ma come un complesso cognitivo che contiene ed usa informazioni anche incompatibili tra loro, seguendo anche regole non omogenee ed incompatibili, nonostante tra queste regole ci sia anche quella che prescrive la coerenza.
Quindi ancora una volta occorre sottolineare che le teorie che comprendono solo lo studio delle soluzioni e non quello degli errori, sono teorie incomplete.


Ristrutturazione e processo


Secondo Wertheimer, il problema è la ristrutturazione, mentre secondo Duncker è il processo, ovvero l'itinerario del pensiero, le tappe ed i passaggi per raggiungere l'obiettivo.
Wertheimer non si concentra quindi sul percorso solutore, ma sul momento critico solutorio, mentre Duncker studia l'itinerario completo che porta alla soluzione, dove secondo lui, l'insieme delle vie che portano alla soluzione costituiscono l'albero genealogico della soluzione, un'organizzazione gerarchica dei tentativi di soluzione a partire dal valore iniziale dell'enunciato.
Secondo Duncker, le proprietà generali (impostate dallo psicologo, ovvero sono l'enunciato) di una soluzione precedono geneticamente quelle specifiche (le vie percorse dai solutori), e queste ultime si organizzano sulla base delle prime.
L'albero genealogico del problema dell'irradiazione di Duncker rappresenta un processo di soluzione che l'autore estrae dal materiale del protocollo reale e ordina in direzione della soluzione, nelle dimensioni generale-specifico (dall'alto al basso) e adeguato-inadeguato (da sinistra a destra).
Quindi a differenza di Wertheimer, Duncker da molta importanza all'utilizzo dei protocolli.


Secondo Duncker il processo di soluzione è una ricerca selettiva, dove la linea genealogica varia ogni volta che si passa ad un'altra maniera di affrontare il problema, e non è quindi sempre unica.
La ricerca inoltre si svolge in un ambito circoscritto, definito in partenza, il solutore per affrontare il problema deve rappresentarlo in memoria (task environment), e questa rappresentazione è lo spazio del problema, che vincola il comportamento definendo le norme legali, l'obiettivo e la direzione verso esso.
Il solutore procederebbe dunque secondo strategie e metodi euristici, e diversi studi han dimostrato che l'information-processing system umano tollera poco la ricerca per tentativi ed errori.
Il processo solutorio non progredisce sempre in maniera rettilinea, in quanto diversi step che diventano sottoproblemi, se non portano a niente possono essere abbandonati e si può tornare indietro allo step precedente.
Non sempre si può studiare il pensiero con l'approccio dei processi e quello dei momenti critici, perchè questi metodi che spesso sono complementari, possono anche risultare incompatibili, tuttavia il quadro di Duncker è ristrutturalista e non solo procedurale, quindi questi 2 modelli teorici (ristrutturazione e processi) possono condividere, a differenza della prospettiva della human information-processing theory che è processista ed afferma che il soggetto accumula gradualmente nuove informazioni relative al problema, applicando regole e strategie.

Nello studio del problem solving, il contributo della Gestalt risulta cmq lacunoso e quindi inadeguato, perchè i gestaltisti sostenevano che la base del problem solving è la ristrutturazione, dove il solutore arriva a vedere le cose in un modo nuovo.
Invece l'approccio dell'information-processing è basato sull'idea della ricerca, dove risolvere un problema significa procedere step by step in uno spazio di alternative fino a che non si raggiunge la soluzione.
Il concetto di ristrutturazione va rivisitato, ma va tenuto, in quanto è cmq un'importante eredità lasciataci dalla Gestalt nello studio del problem solving.

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