domenica 5 giugno 2016

Psicologia generale 2 (4/12): Psicologia e logica

Il problema dell'errore


Per valutare il risultato del processo psicologico è necessario disporre di un criterio o riferimento extrapsicologico, la logica serve da modello o da schema per tutto il pensiero, per il pensiero tout court.
Secondo Mosconi, i principi di Piaget non sono corretti perché quando un processo di pensiero si svolge senza deviazioni e giunge ad una meta corretta, le regole di Piaget sembrano soddisfatte, in caso contrario no, inoltre è errato limitare la ricerca allo studio del pensiero erroneo e deviante, cosa che molti ricercatori hanno fatto e che spesso li ha portati a conclusioni sbagliate (molti errori sono dovuti proprio alla stessa situazione sperimentale).
La logica non può essere assunta come modello generale del pensiero, perchè il discorso logico ha regole sue proprie che non coincidono con quelle del discorso comune, che è lo strumento principale del pensiero.
Ad esempio, in logica è ammesso solo l'uso non esclusivo della parola "o", e con essa si connettono 2 proposizioni: quando c'è tra esse un legame significativo (si in logica, no in pensiero: "2+3=6 o Bologna"), quando si ritiene che una delle 2 proposizioni sia vera, senza però sapere quale (si in logica, no in pensiero: "sono andato a Roma o Milano"), quando si interpretano le parole di un altro (si in logica, no in pensiero: "esco oggi o domani").
In logica quindi c'è una disgiunzione di 2 enunciati qualsiasi come un complesso pienamente significante anche se non esiste nessuna connessione tra di loro, e nel pensiero ciò non ha senso.
La logica usa implicazioni in senso materiale che si oppongono a quelle in senso formale del pensiero, in logica non sono ammessi presupposti inespressi, nel pensiero comune invece si, inoltre ha dei limiti d'ambito d'utilizzo che il pensiero non ha: è stata costruita per porre una base profonda ai fondamenti della matematica.
Nel pensiero, quando si vuole far capire qualcosa a volte si usa drammatizzare le situazioni, mettendo ciò che è dato come ovvio e certo, a paragone con ciò che si vuole dimostrare.
La logica quindi, può essere assunta come modello di riferimento per ricerche con obiettivi delimitati (es studio del comportamento dei soggetti che svolgono compiti logici), ma non in generale per lo studio del pensiero.
La psicologia dello sviluppo intellettuale (genetica) ha analizzato il problema dell'errore, dimostrando la peculiarità del pensiero del bambino, che si diversifica da quello dell'adulto per una sua propria struttura caratterizzata da particolari principi e regole operative.
Lo psicologo genetico analizza quindi il pensiero del bambino mettendolo a confronto con quello dell'adulto, eliminando però il concetto di errore, perchè anche quando il comportamento del bambino appare sbagliato se paragonato a quello dell'adulto, può essere corretto in relazione alla struttura di pensiero propria del bambino.
Ricapitolando: non esiste un pensiero errato per la psicologia del pensiero, l'uso di sistemi extrapsicologici (come la logica) non è mai condizione necessaria per la comprensione del pensiero.


Sillogismo e pensiero comune


Secondo la teoria del sillogismo, in larga misura i soggetti non ragionano in maniera corretta, dato che non è la conclusione valida quella che viene considerata tale da loro.
Approvare il contenuto di una conclusione induce più facilmente a giudicarla corretta anche in contrasto con le regole logiche, mentre la disapprovazione induce a rifiutarla anche se logicamente valida.
Quando i soggetti si trovano davanti a sillogismi non validi (ovvero con coppie di premesse dalle quali non si può far derivare alcuna conclusione necessaria), la maggior parte di loro considera corretta una conclusione non valida.
Secondo Sells, il logico considera esclusivamente la validità del risultato di un ragionamento, lo psicologo studia invece i processi di pensiero che conducono a quel risultato.
Gli studi dei Chapman hanno dimostrato che i soggetti sottoposti a prove di ragionamento sillogistico ragionano piuttosto male o cmq in disaccordo con la logica (lo testimonia il fatto che molti soggetti giungono a conclusioni non valide).
In un sillogismo valido, la conclusione deve discendere necessariamente dalle premesse e qualsiasi altra conclusione è errata, anche se empiricamente vera (regola non percepita dai soggetti usati dai Chapman).
Alcuni vocaboli, come "qualche", possono essere fonte di ambiguità e far percepire i sillogismi come prove di apprendimento piuttosto che di ragionamento, e per questo motivo nei vari studi occorre formulare i sillogismi scegliendo i giusti vocaboli.
Nel loro studio, i Chapman giustificarono così tanti errori anche in base al fatto che i soggetti non si aspettavano un questionario con problemi che non ammettono nessuna soluzione.
L'horror negativi è la tendenza psicologica che si manifesta ad esempio nella positivizzazione di espressioni negative, o nella difficoltà della falsificazione, o nella riluttanza ad usare procedure di carattere negativo.
Nei compiti negativi rappresentati da sillogismi non validi, la soluzione corretta ha cmq un carattere negativo (e ciò giustificherebbe il perchè del fatto che molti non la scelgano).
Diverse ricerche hanno portato dati che non consentono di confermare la relazione tra il funzionamento della logica classica e il pensiero, cmq, il pensiero comune procede non in contrasto con la logica classica.
In generale: quando esigenze logiche e psicologiche coincidono, il pensiero comune e la logica tendono alla concordanza, quando non coincidono invece, il pensiero comune tende ad usare una logica più ampia e permissiva della classica.
La logica discende sempre dalle premesse, è sempre certa, e quando la conclusione logica ha un carattere positivo, esigenze logiche e psicologiche coincidono (massimo della concordanza), mentre se la conclusione logica è corretta ma negativa (nessuna conclusione possibile), questa coincidenza non avviene.
Alcune ipotesi sui sillogismi:

  1. Con i sillogismi validi (concordanza tra esigenze logiche e psicologiche) si prevede una netta prevalenza delle conclusioni corrette dei soggetti.
  2. Con i sillogismi non validi si prevedono meno conclusioni corrette.
  3. Con i sillogismi non validi si prevedono molte conclusioni corrette solo secondo la logica del pensiero comune (errate come logica classica).
  4. Si prevede che la differenza tra la percentuale di risposte corrette con sillogismi validi e quella dei non validi si riduca molto se le conclusioni vengono valutate dal punto di vista della logica del pensiero comune.
E' stato fatto uno studio per verificare queste ipotesi, usano uno stesso numero di sillogismi validi e non validi e analizzando le varie casistiche, dimostrando la validità di queste ipotesi.
Quindi è valida anche l'ipotesi iniziale che afferma che: il pensiero comune procede nel ragionamento deduttivo non in contrasto con la logica classica.
Quindi, dato che a seconda di come vengono presentati i sillogismi si possono ottenere più o meno risposte corrette, è giusto affermare che il piano logico è una delle impostazioni possibili del pensiero.


Sillogismi lineari e psicoretorica


I sillogismi lineari hanno 2 premesse ed una conclusione, e spesso vengono detti problemi seriali a 3 termini.
Studi su questi sillogismi han dimostrato che la gente ha una innata predilezione per gli ordinamenti lineari, ed esistono 2 principi parologici per questi principi: secondo il primo principio si ordina meglio in una direzione che nell'altra, si tende ad ordinare dall'alto verso il basso, dal superiore all'inferiore, mentre il secondo principio (end-anchor ordering) sostiene che si ha facilitazione se il primo elemento dato nella premessa è un elemento estremo nell'ordinamento (es. il migliore o il peggiore) e non il termine medio.
Secondo Huttenlocher, la difficoltà della seconda premessa dipende dallo stato grammaticale del terzo termine, mentre De Soto afferma che è più facile capire una premessa che descrivere un termine estremo come soggetto grammaticale piuttosto che come oggetto.
Secondo Clark invece, la gente spesso è indotta a ragionare erroneamente solo dal modo in cui i problemi sono espressi.
La teoria linguistica di Clark ha 3 principi:

  1. Il principio della prevalenza delle relazioni funzionali: a comprensione avvenuta le relazioni funzionali sottostanti ad una frase (come il soggetto logico, il verbo) sono più accessibili dopo la comprensione di altri tipi meno fondamentali di informazione.
  2. Il principio della marcatura lessicale: i significati di certi aggettivi positivi (es. buono, lungo) sono messi in memoria in una forma meno complessa dei significati dei loro opposti, e quindi potrebbero essere ritrovati ed usati più facilmente degli altri.
  3. Il principio della congruenza: l'informazione può essere recuperata solo quando è congruente con l'informazione richiesta, e questa ricerca non richiede la congruenza dell'informazione superficiale, come parole o frasi, ma delle sottostanti relazioni funzionali.
Questi principi influenzano il processo di soluzione singolarmente o congiuntamente, nella comprensione delle proposizioni, nella comprensione della domanda, nella ricerca dell'informazione richiesta dalla domanda, nella costruzione della risposta.
Quindi nei problemi seriali a 3 termini, la struttura profonda prevale sull'ordine della struttura superficiale.
In generale, è probabile che all'inizio potrebbe prevalere un approccio del tipo spiegato nella teoria dell'immagine di De Soto, mentre successivamente, quando si diventa più esperti, potrebbe prevalere il modo di operare descritto nella teoria linguistica di Clark.

Ipotesi psicoretorica
Secondo Hunter, i vari tipi di enunciato sono variazioni di una stessa formula, come diverse possibilità di fornire la stessa informazione.
Le diverse organizzazioni del discorso che si producono variando l'enunciato del sillogismo lineare comportano cambiamenti rispetto all'oggetto del discorso o all'effettivo referente e al ruolo o funzione delle parti e dei singoli elementi.
La struttura discorsiva dove le singole informazioni sono organizzate costituisce una parte importante dell'informazione trasmessa, perchè non si riceve un elenco di dati o informazioni, ma un discorso.
Ad esempio, inserire la parola ma è incompatibile con una lettura che focalizza gli estremi.
Secondo l'ipotesi psicoretorica, i diversi tipi di enunciati, corrispondenti a diverse strutture discorsive, trasmettono messaggi effettivi diversi (parlano di cose diverse), pur essendo da ciascuno di essi infieribili certe informazioni comuni relative alla relazione tra i termini del sillogismo.
Il principio generale dell'ipotesi psicoretorica afferma che la domanda è appropriata o congruente e il discorso ben ordinato, quando la conclusione naturale dell'enunciato (l'informazione trasmessa) fornisce direttamente la risposta alla domanda, e anzi, corrisponde essa stessa alla risposta.
In certi enunciati (di tipo 1), l'informazione utile per rispondere è parte di un tutto e per essere disponibile deve essere liberata o ricavata tramite inferenza.
Il principio di congruenza di Clark afferma che un'informazione non può essere recuperata da una proposizione se non è congruente nelle sue relazioni funzionali con l'informazione che viene richiesta.
L'ipotesi psicoretorica assume il discorso come unità di analisi, e rispetto alla teoria linguistica di Clark, è capace di previsioni più numerose e più ampie, ma appare più semplice e parsimoniosa.
Secondo il principio di ancoraggio ad un estremo di De Soto, è utile al soggetto se il primo elemento dato nella premessa è un elemento estremo nella serie,  (es. il più forte o il più debole) così che la premessa proceda un estremo verso il centro piuttosto che viceversa.
Secondo alcuni studi cmq, l'ipotesi psicoretorica risulta più accurata del modello di De Soto.
Huttenlocher ha riformulato il principio di ancoramento ad un estremo, affermando che una premessa è più facile da capire se descrive un termine estremo come soggetto grammaticale piuttosto che come oggetto, e diversi studi han dimostrato che seguendo queste premesse si commettono meno errori, anche se a volte nelle ricerche, la difficoltà dipende dalla tecnica adottata, e anche il numero di sillogismi usati può influenzare i soggetti nell'usare un approccio naturale o uno più strategico nel cercare la soluzione.


Nello studio dei sillogismi lineari l'ipotesi psicoretorica comporta l'analisi dell'enunciato in quanto struttura discorsiva, assumendo come unità d'analisi il discorso e non le singole proposizioni.
Questa ipotesi comporta l'analisi dei sillogismi lineari con riguardo alla congruenza tra enunciato e domanda, dove son considerati discorsi ben ordinati quei problemi o sillogismi lineari determinati nei quali la conclusione naturale dell'enunciato (cioè l'informazione trasmessa direttamente dall'enunciato) fornisce la risposta richiesta dalla domanda, mentre i discorsi non ben ordinati sono quei problemi dove l'informazione corrispondente alla risposta non è trasmessa direttamente dall'enunciato, ma deve essere inferita.
L'ipotesi psicoretorica non costituisce una teoria completa sulla comprensione e soluzione dei sillogismi lineari, ma permette alcune previsioni sulla facilità-difficoltà dei diversi problemi.


Codice logico e codice psicoretorico nel compito di selezione


Sono stati fatti diversi studi per verificare come le persone affrontano il compito di verificare un'ipotesi, come il compito di selezione di Wason, dove erano presenti 4 carte e ciascuna aveva un numero da una parte ed una lettera dall'altra (E,K,4,7), ed i soggetti dovevano attenersi alla regola che se una carta ha una vocale da una parte, allora dall'altra ha un numero pari, e dire guardando le carte, se la regola era vera o falsa (compito del tipo se p allora q).
Secondo Wason, il problema di controllare un'ipotesi consiste solo nella verifica di falsità (cioè che non ci siano casi di falsità), quindi la strategia corretta è quella di controllare le combinazioni nelle quali potrebbe esserci un caso di falsificazione della regola.
Nel suo compito Wason ha individuato 2 tipi di errori: errore di commissione (scelta carta sbagliata), e di omissione (non scelta carta giusta), e questi errori di scelta sono interpretati da Wason come la tendenza innata a cercare la verifica di un regola e a evitare la sua falsificazione, i soggetti quindi tenderebbero a non cercare solo i casi che potrebbero falsificare la regola, riconoscendola vera qualora la falsificazione non avvenisse.
Un altro limite del pensiero umano che secondo Wason da problemi in questi compiti è l'irreversibilità, che consiste nel non considerare i lati o le parti delle carte egualmente informative e rilevanti, indipendentemente dal lato o parte visibile.


La teoria del doppio codice afferma che il comportamento dei soggetti è di solito congruente con il messaggio effettivo che essi ricevono, alla cui determinazione concorrono sia la situazione nel complesso, sia le istruzioni e il compito che vengono proposti.
Nel compito di selezione di Wason, gli errori possono essere dovuti alla discrepanza tra il codice logico (quello usato dagli sperimentatori per organizzare l'esperimento) e codice naturale (quello usato dai soggetti per decodificare i messaggi).
Secondo la teoria del doppio codice, l'elemento decisivo dal quale dipende il comportamento dei soggetti è il messaggio effettivo ricevuto da essi (inteso nel suo insieme di informazioni contestuali e situazionali), che può essere diverso da quello che lo sperimentatore crede di aver trasmesso.
Secondo questa visione, solo quando una regola o una ipotesi è confermata da esempi positivi, può nascere l'esigenza psicologica di verificarla, ci sarebbe quindi prima un primo momento di verifica (ricerca casi positivi e plausibilità della regola) ed un secondo di falsificazione (ricerca casi che possono invalidare la regola).
Quindi anche in questo caso, proporre il compito con termini diversi può aiutare o rendere difficile la soluzione, quindi se si parla di "regola" ai soggetti, essi sono indotti a credere che si tratti di una regola vera e garantita, e non di una regola da controllare (dimostrato con l'esempio dei cartoncini, dove a sinistra c'è una lettera e a destra un numero che dipende dalla lettera).
A volte la fase di verifica della regola blocca il successivo compito di falsificazione (mancata scelta di non-q).
Un altro compito famoso con materiale realistico è quello di Johnson-Laird, Legrenzi e Sonino, il compito dove si chiede di immaginare di essere un impiegato delle poste che deve smistare le lettere e verificare se 4 buste rispettano la regola che se una di esse è chiusa, allora ha un francobollo da 50 lire.
Questo compito ha avuto una grossa percentuale di riuscita e ciò è stato attribuito al forte senso di realismo e familiarità col compito.
Nasce così l'ipotesi che la gente in situazioni reali si comporti secondo norme realistiche e che la lettura del comportamento in termini puramente logici può essere arbitraria.
In generale, dato che il codice trasmesso può essere diverso dal codice percepito, lo sperimentatore dovrebbe sempre cercare di capire come il soggetto si rappresenta la prova nella sua mente, e quindi l'analisi del messaggio è una fase indispensabile nello studio dei processi di pensiero.


Presupposti e implicazioni


La sensatezza e l'accettabilità di quello che viene detto dipende da ciò che è presupposto.
Delle idee possono fungere da presupposto anche quando non sono universalmente accettate, ma sposano il caso specifico, e quando si vuole falsificare un discorso si può cercare di far crollare i presupposti.
Il nesso sintattico-formale (es. "dal momento che"), a livello di discorso esplicito, può essere messo al posto dei presupposti o rappresentarli.

In generale, i presupposti:

  1. Fanno parte integrante del discorso, ne costituiscono la parte sommersa, e supportano e/o connettono gli elementi della parte emergente.
  2. Mantengono una certa indeterminatezza e possono corrispondere ad un agglomerato di idee funzionalmente consonanti e corrispondenti in relazione al compito svolto nel discorso.
  3. Normalmente agiscono inavvertitamente e corrispondono ad idee comuni.
Diversi studi mostrano come i presupposti possono essere accettati consciamente ed inconsciamente, o come possono essere rifiutati e criticati, o anche che quando si stacca il contatto esplicito con i presupposti, il discorso esplicito può perdere la sua coerenza e la conclusione può diventare insostenibile, dato che il nesso sintattico-formale "dal momento che" assume un altro significato.
Un'idea comune dominante può essere usata generalmente senza problemi come presupposto, mentre un'idea comune di opposizione può essere si usata come presupposto, ma più nei casi specifici, perchè deve riaffiorare come idea esplicita e deve essere più elaborata (mentre la comune dominante può agire in maniera implicita).
Una stessa proposizione può fungere da antecedente ad una conclusione negativa e ad una positiva di senso contrario, e solo grazie al presupposto possono essere discorsi accettabili e significativi nel pensiero comune, sia "A implica B", sia "A implica non-B".
Quando i presupposti vengono meno, può esserci una denuncia di incoerenza nel testo, può esserci una contraddizione tra la prima e la seconda proposizione, i presupposti possono conferire un diverso significato al nesso sintattico-formale, in diversi discorsi, e l'accettazione o il rifiuto della conclusione dipende dai preesistenti convincimenti, si può smascherare un presupposto, e farlo contestare di proposito dal ricevente del discorso, oppure provare a farglielo accettare, spesso cmq l'azione dei presupposti esercita inavvertita.
Tarski afferma che quando nel linguaggio comune la proposizione antecedente (la prima) e quella conseguente (la seconda) sono vere, viene usata, al posto dell'implicazione, la forma "dal momento che".
Nella logica, l'implicazione viene considerata come una proposizione significativa anche se non esiste nessun genere di connessione tra i suoi membri, e la verità o la falsità di una implicazione dipende solo dalla verità o la falsità dell'antecedente e del conseguente (es. 3x2=6 allora Roma è una brutta città).
Nel discorso comune invece, si esige che tra i membri dell'implicazione vi sia una certa connessione formale, condizione indispensabile della significatività e della verità dell'implicazione.
Grazie all'attivazione di diversi presupposti uno stesso antecedente può essere connesso con conseguenti di senso opposto, e in questo caso l'elemento connettivo è il presupposto.

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