sabato 2 gennaio 2016

Psicologia sociale (13/28): I gruppi minoritari

In un'analisi sociale, il giudizio, la percezzione e la comprensione non sono possibili senza l'analisi del background, perchè fa parte della vita psicologica della persona, che si sente coinvolta quando il terreno su cui poggia diventa instabile.
Il gruppo sociale è una delle componenti principali del terreno su cui poggia la stabilità della persona.
Un background infantile instabile può generare instabilità nell'età adulta.
Nella vita quotidiana, capita spesso che la stessa persona sia membro di più gruppi: gruppo della famiglia, gruppo della scuola, ecc..., e durante la sua intera esistenza l'individuo non agisce da semplice individuo, ma da membro di un qualche gruppo.
L'individuo di solito sa a che gruppi appartiene, e la mancanza di chiarezza e l'incertezza riguardo al terreno su cui esso agisce, producono di solito un comportamento insicuro, impacciato, inibito o incline a strafare.

Se un individuo opera sempre come membro di un gruppo specifico, ciò di solito è segno di squilibrio, se la sua appartenenza ad un singolo gruppo è sentita troppo fortemente, il suo rapporto con quel gruppo non è giusto ed equilibrato.

La tendenza all'assimilazione si ha quando un membro di un gruppo desidera ardentemente di varcare la soglia tra il suo gruppo e gli altri.

Uno dei fattori più importanti della vita sociale è lo spazio di movimento, dove gli individui agiscono.
Nel ghetto dove erano confinati gli ebrei, le barriere ponevano dei limiti alla loro locomozione sociale e fisica.

Nel periodo del ghetto il gruppo minoritario degli ebrei era compatto sia dal punto di vista spaziale che sociale, l'appartenenza al gruppo era chiaramente definita, i marchi rendevano l'ebreo facilmente riconoscibile, la barriera eretta per dividere gli ebrei dagli altri era mantenuta salda sia dal gruppo di maggioranza che dagli ebrei (forse per paura, per una sorta di protezione), la limitazione dello spazio di movimento creava nel gruppo e nel singolo uno stato di forte tensione, a causa della pressione esterna il loro sviluppo si era bloccato.

I gruppi isolati e compressi sono di solito molto conservatori.

Prima della guerra il gruppo ebraico non era molto compatto, era slegato e disperso, si mescolava con gli altri gruppi ed era emancipato, poco conservatore e molto sviluppato culturalmente.
L'indebolimento delle frontiere comporta sempre un aumento dei punti di contatto con gli altri gruppi, ed una diminuzione delle differenze tra gruppi.
Le poche barriere di quel periodo avevano indebolito la tensione generale del gruppo, che aveva un maggiore spazio di movimento.
Quando un gruppo si disperde, la pressione esterna viene esercita di più sul singolo individuo.

Nei tempi moderni, dopo la guerra, le barriere sono praticamente crollate, non ci sono più le pressioni contro gli ebrei (e quindi i singoli ebrei non sono in tensione) e non c'è distanza tra i gruppi.

Tutti i conflitti generano tensione e il tipo più produttivo di irrequietezza è lo sforzo esagerato nel lavoro.

Passaggio da un gruppo ad un altro
Gli individui che devono oltreppassare la frontiera tra il loro ed un gruppo sociale più elevato provano quasi sempre un conflitto interiore.
Chi cambia gruppo deve cmq stare attento a non portarsi dietro le idee del gruppo di provenienza e deve sottostare alle regole e gli standard del nuovo gruppo.


Minoranza non privilegiata vs maggioranza privilegiata


La maggioranza privilegiata tende a mantenere la moniranza nel suo status.
Uno dei maggiori fattori che generarono l'antisemitismo fu' la necessità da parte della maggioranza privilegiata di trovare un capro espiatorio per i propri problemi.
Qualsiasi cosa avesse fatto l'ebreo, l'antisemitismo non sarebbe cessato, e anzi, maggiormente si comportava bene e maggiori erano i dissapori, dato che l'invidia verso i successi economici degli ebrei fu una delle cause scatenanti dell'odio di massa.
L'antisemitismo è un problema di ordine sociale, non individuale.

Il bisogno di un capro espiatorio nasce nelle situazioni di tensioni, soprattutto se a capo di un gruppo c'è un leader autocratico.

Per uscire da una situazione di discriminazione è necessaria sia la solidarietà degli altri gruppi, sia uno sforzo da parte del gruppo minoritario.

Il membro di un gruppo minoritario è portato a voler passare a quello maggioritario tramite il passaggio (passing nel caso dei neri) e l'assimilazione (assimilation nel caso degli ebrei), ma non si ottiene l'emancipazione di un gruppo con il passaggio di un solo membro.
Questa voglia di cambiare gruppo non potendolo fare, crea nell'individuo un grosso stato di tensione, di conflitto, che lo rende infelice, e lo porta ad odiare se stesso.
Una minoranza che sta insieme solo perchè costretta, risulta caotica, disorganizzata e debole.
Non è la somiglianza o la dissomiglianza degli individui a presiedere alla formazione di un gruppo, bensì l'interdipendenza creata da un destino comune.
Qualsiasi gruppo, per poter crescere bene, dovrebbe essere costituito da indvidui con personalità molto diverse.
Se un individuo capisce che il suo destino individuale dipende da quello del gruppo nella sua totalità, sarà disposto ad assumersi una parte di responsabilità per il suo benessere.

Forze di appartenenza ad un gruppo
All'interno di un gruppo si possono distinguere 2 tipi di forze, una che cerca di attrarre l'individuo, una che cerca di allontanarlo.
Queste forze possono provenire dagli altri membri del gruppo, dall'ideologia del gruppo ecc... se la forza negativa risulterà maggiore, l'individuo, a meno che non intervenga un altro fattore, abbandonerà il gruppo.
Qualora un gruppo non attragga un numero sufficiente di individui, non potrà esistere e scomparirà.

Forze all'interno di un gruppo non privilegiato
L'equilibrio delle forze all'interno di un gruppo sarà positivo o negativo a seconda che il perseuimento degli scopi del singolo saranno appoggiati o rallentati dal gruppo.
Il miglioramento del proprio status condiziona il comportamento dell'individuo, e di solito nei gruppi privilegiati questo miglioramento viene concesso e favorito agli individui, in quelli minoritari no, o di meno.
Quindi nell'appartenza ad un gruppo minoritario, la forza che spinge a migliorare il proprio status, spinge ad allontanarsi dal gruppo.
Di solito nei gruppi non privilegiati i membri sono costretti a stare nel gruppo e vivono di forze negative, non sentendosi soddisfatti a causa del fatto di non avere i propri bisogni accontentati.

Fedeltà al gruppo
In tutti i gruppi ci sono degli strati culturali centrali, e degli strati più periferici.
Lo strato centrale è costituito dalle abitudini, le idee, le tradizioni considerate essenziali e rappresentative del gruppo.
Gli individui che sono favorevoli al gruppo hanno un'alta opinione dei suoi strati centrali.
Lo sciovinismo si ha quando si tende a sopravvalutare lo strato centrale del gruppo, e ciò è sinonimo di fedeltà al gruppo, un fattore essenziale per il mantenimento di un gruppo.
Senza questa fedeltà il gruppo non può esistere, o cmq non può progredire.
Gli individui che desiderano abbandonare il gruppo non sentono questa fedeltà e in alcuni casi si vergognano della propria appartenza, in questo caso si parla di sciovinismo negativo.

Nel caso degli ebrei ci fu' sciovinismo negativo, ma l'ebreo poteva allontanarsi dal suo gruppo solo nella misura in cui il gruppo maggioritario glielo consentiva, e ciò portava a frustazione maggiore rispetto agli altri membri minoritari in accordo con i valori centrali del gruppo.
Questo porta all'aggressività del singolo, rivolta però verso se stesso o il proprio gruppo, dato che l'altro gruppo era inattaccabile.

I membri dei gruppi minoritari hanno la tendenza ad accettare e prendere come buoni i valori degli strati più elevati, inoltre la poca stima che la maggioranza ha verso il membro della minoranza porta questo individuo a sottostimarsi.

Tutti i gruppi sono organizzati in diversi strati sociali.
Le forze che agiscono individualmente sul membro di un gruppo privilegiato lo orientano verso gli strati centrali, mentre quelle del gruppo minoritario lo spingono verso gli strati periferici.
Maggiori saranno i membri con forze negative, maggiore sarà la difficoltà nell'organizzare il gruppo.
Queste disparità impediscono al gruppo non privilegiato di unirsi per ottenere l'uguaglianza dei diritti.

Leader marginali
Per i gruppi non privilegiati la figura del leader è dannosa, perchè esso tende a voler fuggire dal gruppo e quindi non lavora per esso, ma per allontanarsi da lui, è un leader marginale.
Un leader marginale può diventare una pedina del gruppo privilegiato (come nel caso degli ebrei), e solo un leader che proviene spontaneamente dal gruppo privilegiato può diventare un buon capo che lavorerà a favore del gruppo minoritario.

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