sabato 26 settembre 2015

Psicologia generale I (23/27): La visione degli oggetti

Lo studio della nostra capacità di identificare gli oggetti attraverso la visione è affrontato dalla psicologia della percezione.
La maggior parte di questi psicologi ritiene che la percezione degli oggetti sia una particolare forma di soluzione inconscia di problemi (problem solving), in cui l'informazione sensoriale derivante da questi oggetti fornisce indizi che vengono analizzati tramite concetti preesistenti nella mente della persona.

Esistono due tipi di processi mentali coinvolti nella percezione:
Processi dal basso in alto (bottom-up)
Sono quei processi che registrano ed integrano l'informazione sensoriale.
Processi dall'alto in basso (top-down)
Sono quei processi che per interpretare l'informazione sensoriale utilizzano conoscenze preesistenti.

I processi dal basso in alto registrano un'insieme caratteristiche elementari della scena visiva: linee, angoli, colori, ecc...
I processi dall'alto in basso utilizzano sia conoscenze personali preesistenti relative agli oggetti, sia le aspettative dell'osservatore su quali oggetti hanno più probabilità di trovarsi sulla scena in quel momento in base ai dati preliminari raccolti con la bottom-up.
BU:Registrazione stimolo -> TD:Confronto con conoscenze ed aspettative -> BU:Organizzazioni caratteristiche per la verifica dell'ipotesi formulata -> TD: Confronto caratteristiche organizzate con conoscenze per verificare l'ipotesi.
Tutti questi processi avvengono in maniera quasi istantanea ed in maniera inconscia.

La teoria dell'integrazione delle caratteristiche fisiche di Anne Treisman dice che: qualunque stimolo, anche il più semplice, consiste di un certo numero di caratteristiche sensoriali primarie, e che per arrivare a percepire lo stimolo come entità integrata, il nostro sistema percettivo deve prima rilevare queste caratteristiche singolarmente e poi intregrarle in un insieme unico.
La prima fase, quella dell'identificazione è automatica ed implica un elaborazione in parallelo.
La seconda fase, quella dell'integrazione delle caratteristiche è meno automatica e sfocia nella percezione cosciente degli oggetti e pattern visivi come entità intere, ed è una elaborazione seriale.

Quando una caratteristica balza agli occhi si usa la terminologia pop out.
I distrattori sono degli stimoli non-bersaglio che allontanano l'attenzione dall'obbiettivo.

La teoria della Treisman è stata dimostrata anche ad esperimenti dove se il bersaglio differiva dai distrattori per una sola delle caratteristiche primarie dei distrattori, questo veniva subito individuato, viceversa, quando lo stimolo primario aveva 2 o + caratteristiche primarie presenti anche nei distrattori, il bersaglio veniva individuato più difficilmente (esempio di una linea verde inclinata da riconoscere in un insieme di linee rosse e verdi dritte, e della stessa riga da riconoscere quando alcune righe rosse distrattrici erano anchesse inclinate).

Il fenomeno dell'abbinamento illusorio consiste nell'effettuare errori di abbinamento di caratteristiche primarie, precedentemente riconosciute quando si vedono per pochi istanti degli stimoli.


I principi della Gestalt


I seguaci della Gestalt sostenevano che la percezione non è un processo di combinazione di elementi separati dalla coscienza, ma una risposta immediata a pattern complessi presi unitariamente.
Nella nostra esperienza conscia percepiamo gli interi prima delle loro parti, e la costruzione dell'intero dalle sue singole parti, avviene in automatico inconsciamente.
Per la Gestalt, l'intero non è la somma delle sue parti, ma è la risultanza delle specifiche relazioni tra le sue varie parti, infatti Gestalt significa "insieme organizzato".

I principi dell'organizzazione percettiva:
  1. Vicinanza: Tendiamo a vedere gli elementi di uno stimolo visivo tra di loro vicini, come parti dello stesso oggetto, e questo ci permette di separare un vasto insieme di elementi in un insieme meno numeroso.
  2. Somiglianza: Tendiamo a vedere gli elementi di uno stimolo fisicamente simili come parti dello stesso oggetto, e siamo in grado di distinguere 2 oggetti adiacenti o sovrapposti in base alle differenza di grana (le caratteristiche che si ripetono sulla superficie dell'oggetto).
  3. Chiusura: Tendiamo a vedere le forme come delimitate da un contorno continuo e a ignorare le eventuali interruzioni di tale continuità, e questo ci aiuta a percepire le forme come complete anche quando sono parzialmente nascoste.
  4. Continuità: Quando varie linee si intersecano, tendiamo a riunire i segmenti in modo da formare linee il più possibile continue, con il minimo cambiamento di direzione, e questo ci permette di attribuire una certa linea a un particolare oggetto quando 2 o più oggetti si sovrappongono.
  5. Movimento comune: Tendiamo a vedere gli elementi che si muovono nella stessa direzione e alla stessa velocità come parti di un unico oggetto, e questo ci aiuta a distinguere un oggetto in movimento dallo sfondo.
  6. Simmetria: Il sistema percettivo cerca di produrre percezioni il più possibile eleganti, semplici, ordinate, simmetriche, regolari e prevedibili.
    Ad esempio 2 linee che si intersecano perpendicolarmente possono essere interpretate come un unico oggetto (una croce) mentre 2 righe intersecate con un'angolazione differente possono apparire come 2 oggetti separati.
Gli psicologi della Gestalt affermano che abbiamo una tendenza automatica a distinguere qualsiasi scena visiva in figura e sfondo.
La distinzione tra figura e sfondo dipende da certe caratteristiche dello stimolo visivo.
Quando gli indizi sulla scena sono scarsi o ambigui, la nostra mente può trovare grandi difficoltà nel decidere a quale forma attribuire il significato di sfondo o figura, in questo caso ci si trova nel fenomeno della figura reversibile (esempio dei 2 volti che sembrano un vaso).
In ogni modo, la stessa scena non può essere percepita contemporaneamente come sfondo e come figura.

Il contorno illusorio si ha quando il sistema percettivo aggiunge elementi mancanti a degli oggetti, per crearne la completezza, creando un'illusione ottica (esempio del triangolo bianco su sfere nere).

Riconoscere un oggetto significa classificarlo, attribuirlo ad una determinata categoria.
Parte del processo con cui arriviamo a decidere che cosa sia l'oggetto che stiamo osservando, consiste nel ridurre gli infiniti stimoli che questo oggetto produce, in un insieme limitato di stimoli.

Irving Biederman ha formulato la teoria del riconoscimento degli oggetti in base alle componenti:
Nel riconoscere un oggetto tridimensionale, il nostro sistema visivo per prima cosa organizza l'informazione derivante dallo stimolo in modo da riconoscere un insieme di forme tridimensionali fondamentali, quindi fa le opportune relazioni tra queste forme per riconoscere l'oggetto.
Secondo Biederman è necessario riconoscere un numero sufficiente di caratteristiche elementari dell'oggeto per poterlo riconoscere.
Queste caratteristiche tridimensionali sono dette Geoni e sono 36 forme geometriche tridimensionali di base (tipo la sfera, il cilindro, ecc...).
Quindi secondo Biederman qualunque oggetto può essere considerato un insieme di geoni organizzati in maniera specifica.
E stato dimostrato che la velocità e la precisione nel riconoscere gli oggetti incompleti dipende dal fatto che i singoli geoni che compongono l'oggetto mantengano la propria integrità e posizione.

Eleanor Gibson ha sviluppato la teoria delle caratteristiche distintive che afferma che noi apprendiamo a rilevare le caratteristiche distintive degli oggetti, ovvero quelle caratteristiche che più chiaramente differenziano un certo oggetto da un altro, e a trascurare le altre.
Secondo la Gibson il tipo di caratteristiche che apprendiamo dipende dal tipo di distinzione che dobbiamo operare, e che spesso le persone non sono neanche consapevoli delle caratteristiche a cui prestano attenzione per effettuare questa distinzione.

E' stato anche dimostrato che riconosciamo gli oggetti anche in base al contesto in cui si trovano, per via dell'aspettattiva che il contesto crea.
Ne consegue che gli oggetti vengono identificati più rapidamente e facilmente se presenti nel loro contesto (esempio dei parti di viso messe fuori contesto e poco riconoscibili, e messe nel contesto e subito riconoscibili).

In altri casi è stato dimostrato che riconosciamo gli oggetti anche in base al movimento.
Ad esempio, se si mostra un gruppo di luci che in teoria formano la figura di un uomo incompleta, se queste sono ferme difficilmente saranno riconoscibili, mentre se inizieranno a simulare un uomo che cammina, saranno facilmente riconducibili alla figura dell'uomo che cammina, tramite il loro movimento e che simula una specifica azione.


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