lunedì 9 maggio 2016

Psicologia fisiologica (4/13): Le funzioni percettive superiori

Il termine agnosia fù coniato da Freud, ed avere l'agnosia significa avere un'alterazione della conoscenza o del riconoscimento.
Mishkin e Ungerleider han proposto l'ipotesi che la via ventrale (o occipito-temporale) sia specializzata nella percezione e nel riconoscimento degli oggetti, determinando "cosa" si guarda (via what), mentre la via dorsale (o occipito-parietale) è specializzata nella percezione spaziale, determinando "dove" è localizzato l'oggetto (via where).
Ricerce su effetti di lesioni hanno poi confermato la dissociazione "cosa-dove" tra la via ventrale e dorsale, facendo però scoprire che gli effetti dei deficit si evidenziano solo con lesioni bilaterali, probabilmente perchè l'informazione è segregata in ciascun emisfero e quindi gli stimoli ricadono nel campo visivo destro o sinistro.
Inoltre, le fibre del corpo calloso sono essenziali per discriminare gli oggetti nelle lesioni al lobo temporale e alla corteccia striata in emisferi opposti, ma sono poco importanti nella trasmissione dei segnali relativi alla posizione provenienti dall'emisfero controlaterale.

I neuroni del lobo parietale possono rispondere in modo non selettivo, possono essere attivati da stimoli diversi, e molti di essi sono sensibili agli stimoli presentati nelle porzioni più eccentriche del campo visivo.
I neuroni del lobo temporale invece si attivano soprattutto se gli stimoli ricadono nel campo visivo destro o sinistro, e la visione centrale sembra essere la modalità ottimale per il riconoscimento degli oggetti, inoltre le cellule del lobo temporale presentano pattern di selettività diversi.
La distinzione tra via ventrale e dorsale è stata confermata anche da molti studi di neuroimaging.
La percezione multistabile si ha quando la percezione passa di continuo da un'immagine ad un'altra, come nel caso delle immagini che possono mostrare 2 contenuti diversi a seconda di come si guardano (es: vaso bianco o 2 volti neri).

La corteccia parietale ha un ruolo critico nell'attenzione spaziale, mentre lesioni localizzate lungo la via ventrale possono portare a deficit nella percezione dei volti (prosopoagnosia), anche se ciò in alcuni casi può accadere anche con lesioni estese alle strutture parietali.
Gravi deficit di riconoscimento degli oggetti si possono avere con lesioni unilaterali all'emisfero destro o sinistro, mentre l'anomia, un problema nel dire il nome degli oggetti, si può avere con lesioni bilaterali nel lobo occipitale.
Il sistema visivo dorsale fornisce input importanti ai sistemi motori per la programmazione del movimento, e i pazienti che soffrono di atassia ottica sono in grado di riconoscere gli oggetti ma non di usare l'informazione visiva per guidare le proprie azioni, hanno movimenti saccadici impropri e questo deficit può essere dovuto alla lesione della corteccia parietale.


Problemi nel riconoscimento degli oggetti


La percezione degli oggetti dipende principalmente dall'analisi della forma, nonostante esistano anche altri indizi che ne facilitino la percezione, come il colore, la tessitura e il movimento.
La costanza d'oggetto è la capacità di riconoscere un oggetto in un'infinità di situazioni diverse, ed è una caratteristica essenziale perchè ci sia la percezione.
L'informazione sensoriale dipende molto dal punto di osservazione, dai mutamenti nelle condizioni di illuminazione (anche se i processi di riconoscimento di solito sono insensibili alle variazioni di illuminazioni), inoltre il nostro sistema percettivo è in grado di suddividere rapidamente la scena dalle sue componenti.


Le teorie vista-dipendenti affermano che la percezione è legata al riconoscimento dell'oggetto da una determinata prospettiva, la percezione scaturisce quindi dall'analisi delle informazioni raccolte da un certo punto di osservazione.
Queste teorie presuppongono che la memoria contenga moltissime rappresentazioni di oggetti in diverse prospettive, e ciò è un po' impensabile, quindi si pensa che il riconoscimento di un oggetto visto da una nuova prospettiva implichi il confronto tra le informazioni relative allo stimolo e le rappresentazioni immagazzinate in memoria, e infine la scelta della rappresentazione che meglio corrisponde.

La teoria schema di riferimento vista-indipendente invece, afferma che il riconoscimento non dipende dalla semplice analisi delle informazioni relative allo stimolo, ma che piuttosto l'input sensoriale definisce solo le proprietà fondamentali dell'oggetto, e le altre proprietà risultano individuate in relazione a queste.

In entrambe le teorie, il riconoscimento implica la scomposizione di una scena o di un oggetto nelle parti che lo compongono, dove i vari elementi singoli sono ai livelli bassi della gerarchia dei processi percettivi, mentre ai livelli superiori c'è la combinazione di queste caratteristiche.
Il nostro sistema visivo usa fonti di informazioni che restano costanti da tutti i vari punti di osservazione, inoltre per ogni oggetto vengono individuate delle caratteristiche salienti.
Esistono poi caratteristiche invarianti come il parallelismo e la simmetria, che il nostro sistema visivo è portato a riconoscere facilmente.
Marr, con la sua teoria del riconoscimento basata su rappresentazioni vista-invarianti, afferma che si possono riconoscere gli oggetti identificando gli assi maggiore e minore (esempio dell'asse della bici), e che quindi il riconoscimento può dipendere da un processo d'inferenza, basato sulle caratteristiche salienti dell'oggetto.
Ivr Biederman ha sviluppato una sua teoria del riconoscimento degli oggetti incentrata su un processo analitico che dalle parti risale al tutto.
Secondo Biederman qualunque oggetto può essere descritto come una particolare configurazione di un numero limitato di parti, egli ha individuato i geoni, forme elementari che consentono il riconoscimento degli oggetti, e 24 di questi geoni rappresentano l'intero insieme dei volumi vista-invarianti.
Un oggetto risulta quindi definito dalla particolare combinazione dei geoni che lo costituiscono, e dalle loro relazioni spaziali.
La teoria dei geoni può essere utile per fare una prima grossolana distinzione tra diverse categorie degli oggetti, ma ha dei limiti a livello concettuale che non la rendono una ipotesi valida.

Le cellule del lobo temporale inferiore rispondono selettivamente agli stimoli complessi, confermando le teorie gerarchiche della percezione, le quali affermano che le cellule nelle prime stazioni della corteccia visiva codificano le caratteristiche elementari, come l'orientamento delle linee e il colore, i segnali in uscita da queste cellule si combinano poi a formare rivelatori sensibili a caratteristiche superiori, e il processo continua con altre fasi, ognuna delle quali comporta la codifica di combinazioni sempre più complesse, e al vertice di questa gerarchia ci sono i neuroni del lobo temporale inferiore che rispondono selettivamente a forme specifiche (mani, facce, ecc...), e questo tipo di neurone è definito un'unità gnostica (per indicare che queste cellule segnalano la presenza di uno stimolo già noto.
Nel giro temporale inferiore e nel pavimento del solco temporale superiore ci sono cellule selettivamente attivate dai volti, dette cellule della nonna.
L'ipotesi delle cellule della nonna è un po' azzardata perchè una singola cellula non potrebbe codificare tutto da sola, inoltre non si spiegherebbero gli oggetti che non conosciamo.
Un'ipotesi alternativa è invece quella che il riconoscimento degli oggetti sia il risultato dell'attività di elementi rivelatori di caratteristiche complesse, quindi la figura viene percepita quando sono attivati neuroni d'ordine superiore, alcuni corrispondenti alla figura osservata, altri al suo colore, ecc...
Quindi si chiamerebbe in causa una popolazione di neuroni (teorie dell'isieme).
Queste teorie sarebbero in grado di spiegare come mai ci si possa confondere quando ci sono oggetti simili: entrambi potrebbero attivare molti degli stessi neuroni.
Inoltre così la perdita di unità potrebbe cmq consentire alle altre di riconoscere lo stesso gli oggetti.
Le teorie dell'insieme spiegano anche la nostra capacità di riconoscere oggetti nuovi: si riconoscono perchè sono simili a oggetti che già si conoscono.
Nelle teorie della codifica d'insieme, la selettività di questi neuroni è quasi sempre relativa e non assoluta.


Deficit nel riconoscimento degli oggetti


L'agnosia visiva si ha quando il deficit cognitivo è collegato direttamente alla percezione visiva (e l'informazione visiva continua ad essere registrata a livello corticale), oppure si ha quando i prodotti della percezione visiva non riescono ad accedere a conoscenze memorizzate che non dipendono da una specifica modalità sensoriale.
In generale, per essere agnosici, il deficit nel riconoscimento non deve essere secondario a un problema di percezione, inoltre il deficit nel riconoscimento deve essere limitato ad un'unica modalità sensoriale.
L'amusia è l'incapacità di riconoscere le note e i suoni musicali, invece i soggetti affetti da sordità verbale pura non riconoscono il linguaggio parlato, e questa specificità di deficit differenti suggerisce che il riconoscimento uditivo implichi più sistemi di processamento distinti.
Il neurologo tedesco Lissauer fù il primo a proporre due tipi diversi di agnosia visiva, e distinse tra deficit a base sensoriale e deficit dipendenti da un blocco all'accesso della memoria da parte del canale visivo.


L'agnosia appercettiva è un deficit nel riconoscimento degli oggetti collegato a problemi nei processi di elaborazione percettiva.
I pazienti con questo deficit possono fornire prestazioni normali nei compiti di discriminazione della forma, ma fan fatica a riconoscere oggetti riprodotti in fotografie e disegni.
I test per distinguere le agnosie appercettive sono il Golling picture task e l'Incomplete letter's task, si ritiene che i danni all'emisfero sinistro creino deficit del linguaggio, e l'agnosia appercettiva si manifesta con danni all'emisfero destro.
Questa agnosia pregiudica la capacità di realizzare la costanza d'oggetto, e un altro test famoso è quello della Warrington, l'unusual views object test, dove vengono mostrate fotografie di 20 persone, ciascuno da 2 diverse prospettive, test che dimostra che i deficit dei pazienti non dipendono dalla perdita di conoscenze visive.
Inoltre questi studi han confermato che danni all'emisfero destro possono causare l'agnosia appercettiva, perchè l'emisfero destro è importante per il riconoscimento degli oggetti.
Secondo la Warrington l'emisfero destro posteriore è importante per la categorizzazione degli oggetti, inoltre i pazienti con lesioni al lobo parietale destro riconoscono ancora gli oggetti, se le loro caratteristiche salienti sono ben in mostra, altrimenti hanno difficoltà.

L'agnosia associativa è un disturbo di chi è in grado di generare rappresentazioni visive normali, ma non di utilizzarle per riconoscere le cose.
L'alessia (o dislessia acquisita) è l'incapacità di leggere a causa di una lesione occipitale all'emisfero sinistro, chiamata così perchè fino a prima del danno il paziente riusciva a leggere bene.
Un test per riconoscere l'associativa è il test di abbinamento in base alla funzione, che richiede di categorizzare gli stimoli sulla base delle loro proprietà semantiche, in base al loro uso, i pazienti con lesioni all'emisfero sinistro riescono a riconoscere gli oggetti quando li vedono isolati, ma non sanno operare collegamenti funzionali tra percetti visivi.

Si pensa che le fasi iniziali dell'elaborazione visiva coinvolgano entrambe le cortecce occipitali, dopodichè dovrebbe avvenire la categorizzazione percettiva, grazie all'emisfero destro si riconosce, confrontando con i dati in memoria, se le due immagini si riferiscono allo stesso oggetto.
La categorizzazione semantica dipende dall'emisfero sinistro e coinvolge la memoria a lungo termine per riuscire a dare un nome agli oggetti.
Non c'è cmq una chiara associazione tra agnosia associativa e danni all'emisfero sinistro, però per gli agnosici generali, è cmq sempre possibile riconoscere gli oggetti col tatto.
L'agnosia integrativa è la difficoltà ad integrare le varie parti dell'oggetto, cosa che può venire fuori quando si sovrappongono 2 oggetti e non si riescono più a distinguerli (invece presentati da soli si), perchè questo deficit fa riconoscere gli oggetti solo grazie alle caratteristiche salienti.
Questa cosa si riscontra anche in compiti di riconoscimento tra più oggetti, quando il paziente ci mette tanto a riconoscere uno stimolo-bersaglio perchè analizza ogni oggetto come entità indipendente, non lo riconosce al volo.
La percezione degli oggetti dimostra che il tutto è più della somma delle parti.

Nell'agnosia associativa la conoscenza a lungo termine dell'informazione visiva va persa, e l'oggetto non viene più riconosciuto, ed è stato scoperto anche che alcuni soggetti hanno più difficoltà a riconoscere gli oggetti viventi piuttosto che quelli inanimati.
Si pensa quindi che ci siano oggetti che condividano caratteristiche comuni e che quindi ci siano dei sistemi di riconoscimento specifici per categorie, e che quindi possano essere danneggiati anche solo loro (deficit categoria-specifici).
Un'ipotesi della distinzione tra oggetti viventi o inanimati, è che gli inanimati evochino rappresentazioni cinestetiche e motorie, rappresentazioni di come si usano, quindi sono più facili da riconoscere perchè attivano più rappresentazioni, oppure un'altra ipotesi è che gli oggetti animati siano più difficili da riconoscere perchè sono meno unici e più vari degli inanimati.

Martha Farah e Jay McClelland hanno fatto diverse simulazioni al computer per verificare se la memoria semantica è organizzata a categorie, e che quindi gli oggetti viventi e i non viventi dovrebbero avere sistemi rappresentazionali distinti, mentre un'altra ipotesi è che la memoria semantica abbia un'organizzazione basata sulle proprietà degli oggetti.
Fecero quindi un modello di rete connessionista con l'informazione distribuita fra numerose unità di elaborazione, con il sistema di memoria semantico diviso in unità visive e funzionali, e dove i pesi delle connessioni andavano aggiustati secondo le esigenze.
Le due ipotesi del modello erano: la nostra conoscenza semantica è organizzata secondo le nostre categorie del mondo (es: oggetti viventi e non), oppure che essa è organizzata secondo le proprietà degli oggetti, che possono essere visive o funzionali.
I dati han mostrato che la nostra conoscenza degli oggetti viventi è molto più dipendente dall'informazione visiva di quanto non lo sia la conoscenza degli oggetti inanimati, inoltre lesioni selettive al sistema semantico visivo o funzionale diedero luogo a deficit di categoria-specifici (danni limitati alla semantica visiva = maggior difficoltà a riconoscere gli oggetti viventi, danni funzionali, errori oggetti non viventi).
Anche se ci sono deficit funzionali gli oggetti non-animati vengono cmq riconosciuti perchè hanno anche un sistema di tipo visivo.
E' cmq stato dimostrato con questo modello che siamo dotati di sistemi specializzati sensibili alle distinzioni di categoria.


Prosopoagnosia


La prosopoagnosia è un deficit che causa difficoltà nel riconoscimento dei volti, deficit non attribuibile direttamente ad un deterioramento della funzione intellettiva.
Il deficit deve essere specifico per la modalità sensoriale visiva, quindi se ne sentono la voce, i soggetti con questo deficit riescono a riconoscere il soggetto che stanno guardando.
Si pensa che esista un unico sistema universale per il riconoscimento di tutti gli input visivi, e i pazienti in esame di solito hanno prestazioni sotto la media anche in altri compitivi di riconoscimento degli oggetti.
La prosopoagnosia raramente è associata a lesioni singole e ben circoscritte, di solito sono coinvolte le cortecce occipitale e temporale, bilaterarmente o unilaterarmente.
Le ricerche hanno confermato cmq che le cellule di 2 distinte regioni del lobo temporale sono attivate in modo preferenziale dalle facce: una nel solco temporale superiore, l'altra nel giro temporale inferiore.
Mostrando delle fotografie di vario tipo a dei pazienti, è stato dimostrato che solo quelle rappresentanti facce evocano un incremento della risposta BOLD nel giro fusiforme nella superficie ventrale del lobo temporale.
Quindi, il giro fusiforme, soprattutto dell'emisfero destro, gioca un ruolo importante nel riconoscimento delle facce (detta area fusiforme delle facce FFA).
L'FFA non sembra cmq essere attivata solo dalle facce, è attivata anche da lettere, soprattutto nell'emisfero sinistro.


I compiti di percezione delle facce implicano discriminazioni entro categoria, mentre quelli per la percezione degli oggetti implicano discriminazioni fra categorie, quindi forse i deficit della prosopoagnosia son dovuti ad una difficoltà di rilevare le differenze all'interno della stessa categoria (cosa però smentita dal caso di un allevatore di pecore che riconosceva in foto le sue pecore nonostente i problemi coi volti).
Anche secondo Farah l'ipotesi del deficit entro categoria non è valida, i suoi esperimenti han dimostrato che la percezione dei volti non implicano gli stessi processi e rappresentazioni coinvolte nella percezione degli oggetti.
L'effetto dell'inversione si ha quando uno stimolo presentato al contrario è difficilmente riconoscibile, questo perchè si pensa che così non si riesca ad usare il sistema dedicato alle facce nella situazione capovolta (se si tratta di visi), costringendo così l'individuo ad usare la modalità analitica, con la scomposizione delle parti, in questo caso i prosopoagnosici riescono a riconoscere i volti capovolti perchè usano la modalità analitica.
Quindi la rappresentazione dei volti non consiste nella semplice concatenazione delle parti.

Martha Farah ha studiato l'alessia, un tipo di agnosia visiva che crea disturbi nella lettura che possono sopravvenire dopo ictus o trauma cranico, dove i soggetti però comprendono cmq il linguaggio parlato e san parlare, e molti sanno anche scrivere (alessia senza agrafia).
L'alessia implica un deficit entro categoria, non si distinguono bene le lettere, ed è collegata a lesioni all'emisfero sinistro, nell'area extrastriata occipitale, detta area della forma della parola (a differenza della prosopoagnosia che è associata a danni bilaterali o unilaterali dell'emisfero destro).
La prosopoagnosia e l'alessia raramente si presentano da sole, di solito sono accoppiate con altri problemi di riconoscimento degli oggetti, quindi: alessia e prosopoagnosia non si manifestano mai assieme, mentre l'agnosia per gli oggetti è sempre associata con un deficit nella percezione delle parole o delle facce, o di entrambe.
Secondo Farah, riconosciamo i volti dalla configurazione di tutti i suoi tratti facciali, le singole parti non sono sufficienti per riconoscere il volto, conta l'analisi complessiva delle caratteristiche (rappresentazione olistica).
In generale, l'elaborazione analitica è associata all'emisfero sinistro, l'elaborazione olistica al destro e sembra aumentare con la pratica e l'esperienza (expertise).
Per leggere occorre scomporre ogni lettera e distinguerla dalle altre, viceversa per riconoscere i volti dobbiamo percepirli nel loro insieme di caratteristiche, il riconoscimento degli oggetti invece è una via di mezzo tra questi 2 sistemi.
In seguito ad un danno al sistema analitico, o a quello olistico, il riconoscimento di un oggetto rimane ancora possibile con il sistema rimasto, ma ci saranno più difficoltà e si avrà un risultato non ottimale.


Relazioni tra percezione, immaginazione e memoria visiva


Martha Farah ha svolto diversi studi evidenziando diversi casi in cui lesioni cerebrali che avevano causato deficit percettivi, avevano provocato anche deficit dell'immaginazione corrispondenti, ad esempio i pazienti con deficit percettivi di ordine superiore hanno anche deficit corrispondenti anche nell'immaginazione.
Studi con la PET han dimostrato che quando si generano le immagini mentali durante l'immaginazione, si attivano le aree visive associative ed aumenta il flusso di sangue anche nella corteccia visiva primaria.
Usando invece la TMS per inibire la corteccia visiva, i soggetti impiegano più tempo a svolgere compiti su immagini mentali, e tutti questi risultati confermano che l'immaginazione visiva attiva le aree della percezione visiva, quella uditiva, le aree uditive, e via dicendo, e che quindi la memoria per le informazioni percettive non è indipendente dai processi percettivi.
Tuttavia ci sono casi in cui deficit visivi non implicano deficit di immaginazione visiva, e quindi si pensa che l'immaginazione richieda, per il giusto funzionamento, che le parti che compongono l'oggetto immaginato siano generate ed organizzate in modo appropriato, mentre nella percezione le parti non sono generate, ma estratte dalla rappresentazione dello stimolo.
Un caso famoso è quello di una persona che aveva perso la possibilità di vedere i colori, e che vedeva solo grigio, dopo qualche tempo anche i ricordi divennero grigi, perchè la memoria dei colori era svanita.


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