lunedì 9 maggio 2016

Psicologia fisiologica (5/13): Selezione e orientamento spaziale dell'attenzione

L'attenzione è un meccanismo cerebrale cognitivo che permette di elaborare gli input, i pensieri o le azioni rilevanti, e allo stesso tempo consente di ignorare quelli irrilevanti (attenzione selettiva).
E' possibile dividere l'attenzione in 2 categorie: l'attenzione volontaria (endogena) e l'attenzione automatica (esogena).

Uno dei primi studi sull'attenzione fù fatto dallo psicologo William James, che colse il carattere introspettivo dell'attenzione, fù il primo a mettere in evidenza gli aspetti volontari dell'attenzione, e a segnalare i limiti dell'attenzione (non troppe cose per volta).
Anche Helmholz studiò l'attenzione, prendendo in esame l'attenzione nascosta (covert), il fenomeno per cui il punto del campo visivo su cui si fissa lo sguardo può essere diverso dal punto su cui si scegli di focalizzare l'attenzione.

La sindrome di Balint è quel deficit in cui il paziente può vedere solo un oggetto per volta, deficit che coinvolge l'attenzione.
L'attenzione comprende processi volontari (top-down) e processi automatici (bottom-up).
L'arousal è lo stato globale di attivazione, e l'EEG è un chiaro indicatore di vigilanza o di sonno, inoltre i componenti attentivi hanno un'organizzazione gerarchica, dove al livello più generale ci sono stati globali come la veglia e il sonno, poi ci sono diversi stadi intermedi come la sonnolenza, l'allerta, l'iperallerta.

Cherry studiò l'effetto cocktail party, dove in un ambiente rumoroso si riesce a prestare ascolto ad uno stimolo sonoro preciso (attenzione selettiva uditiva).
Cherry usò l'ascolto dicotico (2 suoni diversi, uno per cuffia) e la tecnica di shadowing (la ripetizione di ogni parola appena questa viene udita), dimostrando che la focalizzazione di attenzione su un solo orecchio può portare ad una maggiore prestazione nell'ascolto con quell'orecchio, e a far non ascoltare le parole udite dall'altro orecchio.

Lo psicologo inglese Broadbent ha introdotto il concetto di sistema per l'elaborazione delle informazioni, descritto come un canale dalla capacità limitata, dove avviene una selezione delle informazioni che vengono elaborate fino in fondo, in modo che solo gli eventi più importanti riescono a passare dal filtro.
L'intrusione degli stimoli ignorati, si ha quando stimoli particolarmente importanti richiamano l'attenzione nonostante si stia prestando attenzione altrove, come nel caso dell'ascolto dicotico, dove parole rilevanti come il nome di chi ascolta, anche se sono presentate nell'orecchio ignorato, riescono ad attirare l'attenzione del soggetto, e per questo motivo diversi studiosi hanno iniziato a credere che l'elaborazione dell'informazione avvenga cmq fino ad un certo punto (e che quindi lo stimolo non venga scartato senza essere elaborato almeno in parte).

Secondo l'ipotesi dell'attenzione precoce, lo stimolo recepito non riceve un'analisi percettiva completa, non si arriva alla codifica semantica (del significato) e categoriale, prima che esso venga selezionato o respinto.
La selezione avverrebbe addirittura prima dell'analisi del colore, della forma..., e questo tipo di attenzione sarebbe in grado di alterare le nostre percezioni.
L'ipotesi dell'attenzione tardiva invece, afferma che tutti gli input sono elaborati fino allo stadio di codifica ed analisi semantica, e che quindi i processi dell'attenzione non influenzano le nostre percezioni degli stimoli.

La Treisman ipotizzò che l'informazione del canale ignorato non venisse completamente esclusa da successive elaborazioni, ma solo attenuata o degradata, e anche Broadbent era d'accordo nel dire che questa informazione passasse il filtro in forma ridotta.
La capacità limitata dell'attenzione è dimostrata dal fatto che un sovraccarico di stimoli influenza negativamente le prestazioni, e quando tutte le informazioni non riescono ad essere elaborate, si crea un collo di bottiglia, dove non tutti gli input riescono a passare.

L'attenzione viene studiata tramite compiti con stimoli-bersagli, distrattori, studio dei tempi di reazione.
Ad esempio è stato dimostrato che i tempi di reazione a lettere-bersaglio sono più lunghi quando i distrattori sono incongruenti, rispetto a quando sono congruenti o neutri (compiti di interferenza).
L'attenzione spaziale è l'atto di dirigere l'attenzione verso uno o più locazioni, ignorandone delle altre.
L'attenzione può essere manipolata tramite un segnale (cue) che appare prima di ogni presentazione del bersaglio (stimolo facilitatorio nei compiti di cuing).
Le prove valide sono quelle con stimoli facilitatori, che implicano l'orientamento volontario verso lo stimolo, le prove invalide invece sono quelle dove lo stimolo si presenta in una posizione diversa da dove poi effettivamente appare il target (dove il tempo che passa tra la presentazione del segnale e quella del bersaglio, in queste prove va da 200ms a 1 secondo).
Se il bersaglio appare dove il soggetto se lo aspetta, la prova è più veloce, e viceversa, e secondo Posner, quando il soggetto fa attenzione ad una determinata zona, possono aver luogo cambiamenti dell'elaborazione percettiva (ipotesi dell'attenzione precoce).
L'orientamento automatico, è quella che porta ad orientarsi verso lo stimolo sensoriale, e nelle prove di questo tipo di attenzione si usa il cuing esogeno, dove se il tempo intercorso tra la presentazione dello stimolo e l'apparizione del target è >300ms, si ha l'inibizione di ritorno, dove le risposte sono più lente perchè il punto dove si stava prestando attenzione perchè c'era lo stimolo, viene inibito.
Questa inibizione è cmq importante perchè se gli eventi che richiamano l'attenzione ci distraessero per troppo tempo, saremmo in pericolo, e cmq se vogliamo mantenere lo stesso l'attenzione, possiamo usare quella volontaria.

La Treisman ha studiato gli effetti dei pop-out, dove gli stimoli balzano agli occhi, e in queste condizioni i tempi di reazioni rimangono immutati anche aumentando il numero dei distrattori.
I pop-out dimostrano che c'è un meccanismo preattentivo, processo che dipende da analisi percettive che segnalano la diversità nella scena visiva, inoltre, se il bersaglio ha una combinazione di caratteristiche condivise con i distrattori, i tempi di reazione aumentano, e questo dimostra che gli item sono esaminati in serie, uno per volta, facendo una ricerca che si ferma solo quando il bersaglio viene localizzato, ed è stato dimostrato che questi tempi più lunghi non dipendono dai movimenti oculari da fare (dimostrato con compiti che non fan muovere gli occhi).
Wolfe ha dimostrato che la ricerca con attenzione volontaria è più lenta di quella automatica, quindi i processi automatici sono più veloci di quelli volontari riguardo l'orientamento dell'attenzione.
Wolfe ha coniato il termine ricerca guidata, ed ha affermato che l'attenzione rifiuta i distrattori con caratteristiche irrilevanti.


Sistemi neurali dell'attenzione e della percezione selettiva


Per descrivere i meccanismi neurali sottostanti alla selezione dell'attenzione, si usa la registrazione di attività elettrica e magnetica del cervello e le tecniche di neuroimmagine.
E' cmq difficile capire da quale regione cerebrale provengono i segnali, così si usano più metodi contemporaneamente (PET, fMRI,...), in modo da riuscire a localizzare i segnali nella posizione e nel tempo.
Hernandez-Peon cercò di determinare il fenomeno del cocktail party, studiando i gatti con esperimenti dove questi animali prestavano attenzione a dei suoni, trovando attivazioni del nucleo cocleare e del nervo acustico, che però poi si scoprì che erano stati attivati dal diverso orientamento (overt) delle orecchie.
I ricercatori sono riusciti cmq a dimostrare che le onde cerebrali (ERP) evocate dagli stimoli a cui il soggetto presta attenzione erano diverse (maggiore ampiezza) da quelle evocate dagli stessi stimoli che invece venivano ignorati (minore ampiezza).
Studi con la registrazione elettrica fatta con elettrodi hanno anche aiutato a capire che la rimozione del tessuto cerebrale nella zona dove avvengono le anomalie che portano all'epilessia, possono servire alleviare gli attacchi.
Woldorff e Hillard hanno scoperto l'effetto P20-50, la variazione delle forme d'onda degli ERP in funzione dell'attenzione uditiva, a partire da 20-50ms dopo l'insorgere dello stimolo, prima della comparsa del potenziale uditivo (N1), effetto che conferma le teorie dell'attenzione precoce.
Il MEG (l'equivalente magnetico dell'EEG), combinato con la registrazione degli ERP, consente di individuare dove hanno origine gli effetti dell'attenzione uditiva.
Abbinando ERP e ERF questi ricercatori hanno identificato un correlato magnetico dell'effetto P20-50, l'effetto dell'attenzione M20-50, localizzato nella corteccia uditiva, dimostrando così che l'attenzione è in grado di influenzare l'elaborazione degli stimoli nella corteccia uditiva, e i tempi di latenza nei compiti d'attenzione indicano che l'elaborazione attentiva non è ancora stata completata (ed ogni stazione lungo la via acustica funziona tramite feedback).
Studi con elettrodi sul cuoio capelluto han dimostrato l'esistenza della risposta uditiva del tronco encefalico (ABR), ma non che venga fatta invece la mudolazione anche al livello del nervo acustico.


Per studiare l'attenzione selettiva visiva si usano gli ERP, e ad esempio Eason scoprì che durante compiti di attenzione visuo-spaziali, gli ERP cambiano di ampiezza (70ms dopo la comparsa dello stimolo).
L'ampiezza degli ERP (P1), diventa maggiore quando il target appare dove il soggetto sta guardando (questi ERP sono un dato affidabile per l'attenzione spaziale, ma sono inaffidabili per le altre caratteristiche, come il colore e la forma), si è scoperto inoltre che l'attenzione selettiva spaziale è in parte mediata da processi sensoriali nella corteccia visiva, soprattutto nella corteccia extrastriata, ma anche nella striata.
Focalizzare volontariamente l'attenzione su un punto, segnalato da stimoli visivi (cue), fa aumentare l'ampiezza degli ERP visivi agli stimoli che compaiono in quel punto.
Nel cuing automatico, i tempi di reazione sono migliori se il target appare nella posizione suggerita, ma solo esso appare entro i <250ms, se il tempo si allunga c'è l'inibizione di ritorno, pare quindi che tra l'attenzione automatica e quella volontaria ci sia un meccanismo comune di funzionamento, anche se è probabile che le modulazioni attenzionali dell'analisi sensoriale siano prodotte da reti neurali differenti.
Diverse prove ed esperimenti confermano sia le teorie seriali dell'attenzione nella ricerca di target combinatori, sia la teoria dell'attenzione precoce.


L'attenzione viene studiata con le neuroimmagini (PET e fMRI), usando il metodo della sottrazione.
Tra le ricerche famose c'è quella di Corbetta, che ha dimostrato con la PET che l'attenzione per le caratteristiche primarie (colore, forma, movimento...) genera un aumento di flusso sanguigno nella corteccia visiva extrastriata, appoggiando ancora una volta l'ipotesi che l'attenzione selettiva alteri l'elaborazione percettiva prima che l'analisi delle caratteristiche giunga al completamento.
Hans-Jochen ha studiato l'attenzione selettiva spaziale usando la PET, dimostrando che l'attenzione spaziale attiva la corteccia extrastriata dell'emisfero controlaterale allo stimolo, in particolare nel giro fusiforme posteriore sulla superficie ventrale della corteccia.
Come in altri studi, PET ed ERP aiutano a localizzare luogo e tempo di attivazione, anche se è sempre meglio usare la fMRI per avere una maggiore risoluzione.
Tootell e Dale hanno usato il metodo del cortical unfolding e della mappatura retinotopica della corteccia visiva per dimostrare che l'attenzione spaziale è rappresentata da robuste modulazioni dell'attività in molteplici aree visive precoci della corteccia extrastriata, e piccole modulazioni anche nella V1, che poi i ricercatori hanno mappato.
Diverse prove hanno dimostrato anche l'esistenza di meccanismi attenzionali specifici per gli oggetti, ad esempio lo spostamento entro oggetto quando ci sono segnali attentivi è rapido, tra oggetti diversi invece è più lento.
Inoltre è stato dimostrato che i volti attivano una regione del giro fusiforme, detta area delle fusiforme delle facce FFA, e che le immagini di case invece attivano una regione della corteccia paraippocampale, detta area paraippocampale dei luoghi PPA.
Quando i soggetti si concentrano sul movimento, aumenta invece l'attività nelle vie MT/MST e quella della regione corrispondente all'oggetto stesso.


L'attenzione attiva anche il talamo, i gangli della base, la corteccia insulare, la corteccia prefrontale, il giro del cingolo anteriore, la corteccia parietale posteriore e il lobo temporale.
Corbetta ha dimostrato che la corteccia parietale superiore è attivata quando l'attenzione passa da una posizione ad un'altra per individuare un bersaglio.
Il nucleo del pulviran sembra invece adatto per fornire alle cortecce frontale e parietale una via per influenzare l'elaborazione visiva nella corteccia extrastriata.
La fMRI evento-correlata è stata usata per capire il controllo attenzionale, dimostrando che l'attività relativa ai bersagli riflette processi motori oltre all'analisi visiva, e che i processi top-down influenzano la corteccia visiva prima dell'apparizione dei bersagli.
Si pensa che quest'innesco (priming) della corteccia sensoriale ad opera dell'attenzione possa costituire la base per la successiva elaborazione selettiva dei bersagli, si pensa inoltre che l'attenzione agisca sincronizzando la scarica dei neuroni, consentendo un più efficace processo di elaborazione dello stimolo che appare successivamente.


Esistono 2 modelli che spiegano come potrebbe funzionare il filtro dell'attenzione: il modello input-gating, dove i neuroni intermedi inviano un segnale inibitorio alle regioni esterne alla localizzazione su cui è focalizzata l'attenzione, e il modello neuron-gating, dove sono gli stessi neuroni a mostrare attivamento od inibizione come causa dell'attenzione, con inibizione reciproca tra cellule che codificano caratteristiche differenti dello stimolo nella stessa regione dello spazio.

Studi su animali
Gli studi sull'attenzione sono stati fatti anche sugli animali, in particolar modo sulle scimmie, dimostrando ad esempio che nella corteccia temporale inferiore, l'attenzione può modulare l'attività neurale anche quando lo stimolo da ignorare è lontano da quello da focalizzare, e che le modulazioni attenzionali si verificano solo nelle aree corticali extrastriate.
Inoltre, i neuroni del nucleo reticolare del talamo, in particolar modo quelli del nucleo perigenicolato, sembrano filtrare il flusso di informazioni dal talamo alla corteccia.
Non ci sono inoltre modulazioni dell'eleaborazione retinica dovute all'attenzione spaziale.
Grazie a questi studi si è scoperto che le cellule del collicolo superiore non sono coinvolte direttamente nei processi dell'attenzione selettiva visiva volontaria, ma partecipano al controllo dei movimenti oculari, e cmq può avere un ruolo importante nella componente inibitoria dell'attenzione automatica (disattivando il collicolo superiore le prestazioni di discriminazione di target peggiorano).
Il nucleo talamico del pulviran sembra invece attivo durante i compiti di filtraggio attenzionale, inoltre, nei neuroni della regione dorsomediale del pulviran laterale (Pdm) i tempi di latenza di risposta sono più lunghi che in altre aree del nucleo, e le risposte in questi neuroni sono più forti quando lo stimolo è il target di un movimento saccadico, o quando è al centro dell'attenzione senza movimenti.
Il pulviran è cruciale nell'attenzione spaziale nascosta, e può filtrare le informazioni distraenti, la corteccia parietale è dunque una regione chiave per il controllo attenzionale e contribuisce alla rappresentazione delle relazioni spaziali.
Mountcastle scoprì che il fissare attentamente gli stimoli visivi porta all'aumento nel tasso di scarica dei neuroni parietali, essi aumentano la scarica quando gli stimoli sono il bersaglio di saccadi o quando sono focalizzati dall'attenzione nascosta.
La corteccia parietale è attivata quando l'attenzione nascosta passa da una posizione ad un'altra, o quando i soggetti devono analizzare le relazioni spaziali o spostare l'attenzione tra target.
Il lobo parietale sembra avere una funzione nel rappresentare locazioni spaziali e nel controllare l'orientamento volontario, anche se questi processi forse sono localizzati altrove.


Neurologia e neuropsicologia dell'attenzione


La sindrome di negligenza spaziale (o sindrome di neglect) è spesso dovuta ad una lesione parietale unilaterale, e comporta il non riconoscimento di tutto ciò che si trova nell'emispazio opposto alla lesione.
Una caratteristica importante della neglect è l'estinzione, l'incapacità di percepire uno stimolo controlaterale alla lesione quando esso appare assieme ad uno stimolo ipsilaterale.
Questa sindrome si manifesta in assenza di danni al sistema visivo e può avere componenti non visive.
Sembra assodato che la ricerca dei target avvenga separatamente in ciascun emisfero, come dimostra il fatto che i pazienti col cervello diviso in 2 emisferi (taglio del corpo calloso) eseguono la ricerca dei target con velocità doppia, quando gli item son distribuiti nei 2 emicampi.
La neglect non ha al momento nessun trattamento, ma per fortuna sembra estinguersi col tempo.
  

Posner e Rafal hanno proposto un ipotetico modello dell'attenzione e del suo orientamento, che prevede 3 stadi: sganciamento o disancoraggio dell'attenzione dal focus corrente, spostamento dell'attenzione verso il nuovo target, agganciamento o ancoraggio.
Quando nei compiti di ricerca target i pazienti hanno tempi lunghi, il deficit è probabilmente legato all'operazione di sganciamento (funzione individuata nella regione della giunzione temporo-parietale destra).
L'agganciamento forse è gestito dal talamo (pulviran), mentre lo spostamento forse è gestito dal mesencefalo, e come detto sopra, lo sganciamento è mediato dalla corteccia parietale.

Una teoria alternativa, quella del modello computazionale con architettura connessionista è stata proposta da Cohen.
Secondo questo modello c'è un'interazione competitiva, in cui nello stato normale le interazioni eccitatorie e inibitorie tra i moduli del sistema dell'orientamento dell'attenzione sono in equilibrio, mentre quando il sistema è danneggiato possono manifestarsi vari sintomi comportamentali, tra cui lo sganciamento.
Secondo questo modello, l'attenzione all'emicampo visivo intatto è causa di prestazioni più scarse per gli item presentati all'emicampo danneggiato.
 


Le interferenze del campo intatto con quello danneggiato suggeriscono che le informazioni nel campo lesionato subiscano delle elaborazioni a livello inconscio.
E' stato dimostrato che inserendo distrattori ipsilateralmente alla lesione ,le prestazioni aumentano, questo perchè l'attenzione tende a deviare verso il lato della lesione, quindi trascurando l'altra parte.
Inoltre, l'estinzione risulta minore se al paziente vengono mostrati 2 oggetti diversi, rispetto a 2 uguali.
L'informazione che riguarda lo spazio negletto, non sempre raggiunge la coscienza, tuttavia l'informazione viene elaborata fino al livello semantico, come dimostra l'effetto di priming che si ha quando la parola scritta nel campo negletto è della stessa categoria di quella del campo sano, aiutando così il suo riconoscimento.

Pare che la neglect colpisca anche la memoria visiva, quando si cerca di rievocare la rappresentazione di una scena conosciuta.
Inoltre, cosa incredibile, se si chiede ad un paziente di descrivere una piazza immaginandola prima in un lato e poi nel lato opposto, le cose non descritte nel primo compito perchè presenti nel lato neglect, vengono descritte, mentre le cose che prima erano state descritte e che ora si trovano nel lato neglect, vengono ignorate.
La neglect può avere coordinate centrate sugli oggetti, anche quando essi non sono nel campo negletto (dimostrato dall'esperimento di rotazione del manubrio di Behrmann e Tipper), e può ripartirsi tra oggetti, seguirne i movimenti e ripresentarsi nel nuovo sistema di coordinate.

La sindrome di Balint comporta che i pazienti percepiscano solo 1 oggetto per volta, ed è dovuta a lesioni bilaterali a carico delle aree parietali posteriori e occipitali laterali.
I pazienti con questa sindrome riconoscono gli oggetti, ma hanno difficoltà a metterli in relazione tra di loro, e l'attenzione viene quindi attirata da un oggetto, escludendo gli altri.

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