sabato 26 marzo 2016

Psicologia dello sviluppo (9/12): Lo sviluppo del linguaggio e della comunicazione

Imparare a parlare è un processo complesso che però si verifica con rapidità, di solito nei primi 3 anni di vita.
Successivamente il sistema linguistico si espande e si specializza fino all'inizio dell'età scolare, quando si acquisisce la lingua scritta.


Teorie sull'acquisizione del linguaggio


Noam Chomsky nel 1965 ha ipotizzato l'esistenza di un dispositivo innato per l'acquisizione del linguaggio (LAD).
Secondo Chomsky il linguaggio è un insieme di regole che il bambino deve progressivamente scoprire ed elaborare, e la sua acquisizione è un processo di verifica di ipotesi, con tappe uguali per tutte le culture e classi sociali.
Invece secondo Skinner l'apprendimento del linguaggio deve essere considerato come un processo di condizionamento operante.
Chomsky non vede il linguaggio infantile come una rozza imitazione di quello degli adulti, ma lo vede come un processo attivo e creativo, guidato da regole.
Le critiche al modello di Chomsky: considera il linguaggio indipendente dall'intelligenza e la capacità comunicativa, la conoscenza e la competenza linguistica precede l'esecuzione puttosto che il contrario come dovrebbe essere (prima si usa e poi si affina), inoltre non tiene conto delle influenze che può dare il linguaggio ascoltato.


All'inizio degli anni 70 il pensiero comune era che, il linguaggio nasce e si sviluppa indipendentemente dalle capacità non linguistiche dell'individuo, e che le capacità cognitive sono essenziali per poter parlare.
L'ipotesi cognitiva inserisce lo sviluppo del linguaggio all'interno dello sviluppo dei processi cognitivi del bambino, e secondo Piaget l'esperienza sensomotoria è un prerequisito cognitivo per la comparsa del linguaggio.
La pragmatica si occupa degli usi e le funzioni del linguaggio.
Il linguaggio che usano gli adulti verso i bambini che stanno imparando a parlare è diverso dal normale, ha frasi brevi e semplici, c'è un'intonazione chiara e squillante, ed è pieno di ripetizioni per facilitarne l'apprendimento (motherese o baby talk).
Il gioco sociale tra adulto e bambino, è un importante mezzo per orientare l'attenzione del bambino sulla comunicazione.
Vygotskij aveva una visione funzionale del linguaggio, Piaget una visione strutturalista, mentre una terza teoria afferma che esiste il LAD (dispositivo innato per l'acquisizione del linguaggio) e il LASS (sistema di supporto per l'acquisizione del linguaggio), che corrisponde al ruolo svolto dall'adulto e dall'ambiente nel favorire l'acquisizione del linguaggio da parte del bambino.

Un altro errore commesso da Chomsky è stato quello di trascurare il possibile contributo dell'ambiente sociale.
Secondo Nelson esiste lo stile di acquisizione referenziale ed espressivo.
Il vocabolario dei bambini referenziali è di più rapida acquisizione, mentre i bambini espressivi hanno un ritmo di acquisizione sintattica più rapido.
Inoltre i bambini referenziati sembrano più interessati al mondo degli oggetti ed all'importanza di nominarli, mentre quelli espressivi sono più orientati al mondo sociale, e all'espressione dei propri sentimenti.
Sembra ci siano diversità nell'acquisizione del linguaggio a seconda della lingua, nell'inglese c'è prevalenza di nomi e acquisizione tardiva di verbi, mentre chi acquisisce il coreano impara i verbi più precocemente.
Esiste anche una grande variabilità individuale riguardante il ritmo, l'età di comparsa delle prime parole, come per il ritmo di espansione del vocabolario e lo sviluppo grammaticale.
Queste diversità possono derivare da fattori endogeni, temperamentali, dal rapporto con i genitori (ad esempio l'uso eccessivo di ordini diretti e poche decisione condivise possono essere un fattore negativo per lo sviluppo del linguaggio), e anche le aspettative della madre possono influenzare il modo in cui essa usa il motherese (magari troppo difficile per le reali capacità del bambino).
Secondo alcuni studiosi, il periodo tra i 2 anni e la pubertà è molto sensibile per l'acquisizione della lingua, tuttavia anche dopo la pubertà è possibile imparare il linguaggio, ma risulta più difficile e potrebbe rimanere incompleto.
Sono state inoltre trovate molte analogie tra l'apprendimento del linguaggio dei segni degli scimpanzè e lo sviluppo linguistico dei bambini, e la lingua usata dagli scimpanzè è simile a quella usata dai bambini di 4-5 anni.

Secondo Piaget il linguaggio non è che un aspetto di un'ampia capacità simbolica che segna il passaggio dall'intelligenza sensomotoria all'intelligenza rappresentativa del sesto stadio.
Quindi lo sviluppo cognitivo precede sia logicamente che ontogeneticamente il linguaggio, ed è autonomo da esso.
Secondo Bloom una particolare capacità cognitiva, come la permanenza dell'oggetto, costituisce un prerequisito per il linguaggio e per la capacità di nominare qualcosa.
Lo sviluppo del linguaggio è legato ad alcune abilità cognitive, come ad esempio il gioco simbolico, che se malsviluppato, potrà influire negativamente sul linguaggio.
Secondo Vygotskij ll pensiero non è autonomo dal linguaggio nè lo precede, e l'uso del linguaggio è indispensabile per lo sviluppo delle funzioni mentali superiori.
Il principio della mediazione semiotica afferma che l'uso e le caratteristiche distintive dei sistemi di segni, in particolare del linguaggio, portano a nuove forme di organizzazione cognitiva, le quali portano a loro volta ad altri aspetti dello sviluppo.
Secondo Vygotskij la partecipazione sociale è un fattore primario per lo sviluppo cognitivo.



Suoni e gesti


I primi suoni che il neonato emette sono di natura vegetativa (sbadigli, ruttini...), mentre il pianto svolge un ruolo importante per regolare l'interazione con l'adulto, ed è attivato da cause fisiologiche (fame, sete...).
Secondo Wolff esistono diversi tipi di pianto: di fame, di dolore, di irritazione.
E' stato cmq dimostrato che è possibile inibire il pianto di tipo fisiologico, presentando al bambino uno spettacolo interessante che lo distragga.
Tra i 2 e i 6 mesi compaiono i suoni vocalici (come se il bambino rispondesse all'adulto con vocalici), mentre verso i 6-7 mesi compare la lallazione (babbling) canonica (la produzione di sequenze consonanti-vocali es da, dada).
Verso i 10-12 mesi arrivano strutture sillabiche complesse e lunghe (lallazione variata), e sempre a questa età compaiono i primi suoni simili a parole (proto-parole), e da questo momento in poi lo sviluppo fonologico interagisce con quello lessicale e grammaticale risultandone reciprocamente influenzato.
La teoria fonologica di Jakobson (1968) ipotizza che esiste un ordine universale di acquisizione fonologica ed una discontinuità tra lallazione e prime parole.
I bambini inibiscono e perdono la percezione dei suoni non appartenenti alla propria lingua introno ai 10-12 mesi, quando cominciano a riconoscere i contorni intonazionali e a comprendere e produrre i suoni della lingua materna.


Sono state individuate 2 fai nello sviluppo comunicativo prelinguistico:
  1. Fase preintenzionale: primi 7-8 mesi, il bambino produce comportamenti che possono assumere il valore di segnali per l'interlocutore, ma che non hanno ancora questo valore per il bambino.
    Il bambino difficilmente è in grado di coordinare l'attenzione per una persona con l'attenzione verso l'oggetto (capacità che appare dopo i 6 mesi).
  2. Fase intenzionale: coscienza dei segnali prodotti, si può avere solo quando il bambino è in grado di rappresentare  se stesso e gli altri come dotati di stati psicologici interni.
    La comunicazione intenzionale prelinguistica si affida ai gesti per comunicare.
Sono state inoltre descritte 3 forme di strumenti per ottenere qualcosa: uso di oggetto per ottenere altro oggetto, uso di adulto per ottenere oggetto, uso di oggetto per ottenere attenzione adulto.
Quando il linguaggio verbale comincia a consolidarsi e supera le 50 parole, il linguaggio dei gesti viene abbandonato gradualmente.
Ad un anno la comunicazione più usata è quella gestuale, con gesti referenziali per esprimere significati di cui ancora non si possiedono le parole, verso i 16 mesi il numero di gesti e di parole è circa lo stesso, mentre successivamente si ha il calo dei gesti e l'aumento delle parole.
La lingua dei segni dei sordi è simile a quella degli udenti nelle primissime fasi dello sviluppo, successivamente, verso i 2 anni, il bambino udente combina più parole, quello non udente più gesti, e questo dipende appunto dal tipo di ambiente in cui si è (l'udente sente parlare, il non udente guarda i gesti che vengono prodotti di più perchè non ci sente).


Sviluppo lessicale e semantico


L'età in cui compaiono le prime parole può variare molto, ma in generale va dagli 11/13 mesi.
Le prime parole usate sono di tipo non-referenziale, contestualizzate, si parla solo di ciò che si fa al momento, successivamente si parla anche in modo referenziale, nominando o chiamando esclusivamente la madre o il padre.
Inizialmente il bambino capisce solo frasi semplici in contesti specifici, e lo sviluppo lessicale iniziale va dalle 50-70 parole, mentre il passo successivo è molto rapido e il numero di parole cresce notevolmente, e questo passaggio dal primo al secondo stadio si ha quando il bambino abbandona l'uso non-referenziale per uno più simbolico.


Le prime parole sono olofrasi, ovvero parole-frasi, parole che il bambino usa come se fossero frasi intere.
Secondo Greenfield e Smith (1976), esiste un significato referenziale (ciò che la parola denota da sola) ed un significato combinatorio (ciò che può denotare in combinazione con gli elementi non linguistici del contesto).
Secondo alcuni studiosi i bambini attribuiscono il significato delle parole soprattutto sulla base di somiglianze percettive, mentre secondo altri, tramite somiglianze funzionali, ma in realtà sembra che i bambini possano usare entrambe le modalità.
Sono stati rilevati 3 tipi di errori commettibili nell'uso referenziale dei nomi: sovraestensione (chiamare cane qualsiasi animale a 4 zampe), sottoestensione (chiamare bambola solo la propria bambola), sovrapposizione (usare la parola aprire per riferirsi all'azione di aprire la porta, ma anche di accendere la luce ed altre).
Anche quando si imparano i nomi, si imparano di solito i nomi generali degli oggetti e non quelli specifici (es auto e non fiat), questo in parte è dovuto al fatto che sono i genitori a proporre queste facilitazioni.
La presenza di definizioni di tempo nel linguaggio dei bambini rappresenta il passaggio ad un livello avanzato di sviluppo dove c'è una conoscenza più astratta della realtà.


Le parole prodotte più frequentemente fino ai 12 mesi sono "mamma, papà, nonna", e alla stessa età circà metà dei bambini si riferiscono a se stessi col proprio nome, ed è proprio l'uso dei nomi che fa capire che il bambino inizia a percepire se stesso e gli altri come persone specifiche.
Le sensazioni e i pensieri possono essere espresse già intorno ai 20 mesi, caratteristiche proprie ed altrui, e verso i 5 anni riescono a parlare degli stati cognitivi con la stessa frequenza di quelli volitivi.
Secondo Wellman (1990) i bambini inizialmente padroneggiano una psicologia del desiderio semplice ed immediato e successivamente acquisiscono anche una psicologia del desiderio e delle credenze più complessa.
E' stato dimostrato che in famiglia le madri parlano più frequentemente di emozioni con le figlie piuttosto che con i figli, e ciò si riflette sul linguaggio dei bambini, dove le figlie parlan più frequentemente di emozioni, inoltre con le figlie le madri parlan soprattutto di emozioni positive, con i maschi anche di negative.
Intorno ai 5 anni i bambini riescono ad esprimersi in maniera esplicita alle reazioni psicologiche di personaggi immaginari, e a parità di età, le ragazze sembrano più brave a caratterizzare psicologicamente i personaggi delle storie.
Tra la terza e la quinta elementare aumentano significativamente i riferimenti ad emozioni positive, mentre rimane stabile quella delle negative, e rimangono stabili i riferimenti ad atti di volizione (desiderare) e a giudizi morali.
Pare che le bambine usino più esprimere emozioni positive dei bambini e con termini più vari.



Sviluppo della grammatica


La morfologia consiste nell'acquisizione dei suffissi e dei prefissi che servono per formare il singolare/plurale, il maschile/femminile dei nomi, o a derivare un nome da un altro nome o da un verbo.
La sintassi consente di costruire combinazioni di parole che rispettano le regole tipiche della propria lingua.
Lo sviluppo grammaticale in generale ha inizio alla fine del secondo anno.
Le prime combinazioni di parole arrivano intorno ai 20 mesi, prima si trovano enunciati di 2 o 3 parole del tipo "chi è, no grazie...", che sono unità lunghe non analizzate.
Il paradigma chomskiano consiste in una serie di regole universali valide per tutte le lingue, dedotte da una conoscenza innata del linguaggio.
Secondo Brown e Fraser esistono 2 classi: la classe perno e la classe aperta.
La classe perno consiste in un piccolo numero di parole ripetute frequentemente e collocate di solito all'inizio della frase, la classe aperta comprende tutte le altre parole che non hanno una posizione fissa.
Le parole della classe perno non si trovano mai da sole, nè in combinazione con un'altra perno, e questa classe si divide in 3 sottoclassi (articoli, aggettivi...) e successivamente in 5.
Tuttavia recenti ricerche han trovato scarse conferme della presenza di queste 2 classi, inoltre tali grammatiche trascurano la semantica, il significato che i bambini voglio dare alle loro parole.
Antinucci e Parisi hanno individuato 2 stadi: nel primo stadio i bambini producono espressioni di 2-3-4 parole costituite allo stesso modo, con struttura nucleare minima, nel secondo stadio questa struttura si amplia con l'arrivo di strutture facoltative (es avverbi e frasi implicite) che forniscono un'informazione aggiunta e facoltativa.
Sempre alla stessa età compaiono i modificatori del nome (aggettivi, es signorina Franca), e tra i 3 e i 4 anni, i bambini arrivano ad avere tutte le strutture semantiche  fondamentali, quelle necessarie e quelle facoltative.


Tra i 2 e i 3 anni compaiono velocemente diversi meccanismi morfosintattici, i bambini acquisiscono l'accordo soggetto/verbo, appaiono prima le forme singolari e poi le prurali (che a 3 anni non sono ancora ben padroneggiate), e solo verso i 7 anni si padroneggia con l'accordo soggetto/verbo come informazione rilevante, e sempre verso questa età i bambini iniziano ad interpretare il soggetto come il primo nome che appare nella frase, oppure il nome subito dopo il verbo, e risultano difficili da acquisire gli accordi morfologici tra oggetti distanti nella frase.
Gli articoli il e gli compaiono più tardi, e soprattutto quest'ultimo risulta difficile da apprendere perchè poco frequente e difficile, mentre i primi a comparire sono i pronomi soggetto e oggetto (io/tu, me/te), i bambini in età prescolare usano i pronomi e li accodano correttamente in genere e in numero con il loro referente, quando questo è presente nel contesto fisico del discorso attuale, mentre han difficoltà fino a 9-10 anni ad usare quelli presenti nel discorso precedente.
Secondo alcuni autori, i bambini di 4-6 anni imparano ad usare le stesse regole grammaticali precedentemente applicate all'interno della frase, per esprimere relazioni tra frasi diverse, assicurando coesine nel discorso.



Usi del linguaggio


Le madri solitamente si rivolgono ai propri bambini con richieste implicite ed indirette, piuttosto che con ordini espliciti, per attenuare il la percezione del loro potere ed autorità, ma anche i bambini, già da 4 anni sanno adattare il proprio modo di comunicare a seconda dell'interlocutore.
Camaioni con i suoi studi ha affermato che i grandi utilizzano verso i piccoli forme di disconferme (dire che una azione è sbagliata) e di dimostrazioni, mentre tra coetanei si usano di più conferme e chiarificazioni.
Tra non coetanei c'è più un rapporto asimmetrico, c'è un atteggiamento di controllo e di poca disponibilità verso il più piccolo.
Nei bambini del nido, tra coetanei, c'è più una forma di comando ("dammelo") e di possesso ("è mio"), e ci sono molte ripetizioni, mentre in età scolare i bambini usano forme più indirette e cortesi.
Per i bambini di 3 anni è quasi impossibile dialogare di cose non inerenti all'azione in corso, i discorsi sul passato ed il futuro iniziano ad apparire verso i 5 anni.
L'interazione di tipo pedagogico è fatta da una domanda dell'adulto, una risposta del piccolo ed un commento valutativo dell'adulto.


Piaget (1923) ha osservato che il bambino fino ai 7 anni non sa tener conto del punto di vista dell'interlocutore, si ha quindi una comunicazione egocentrica con la ripetizione, il monologo, il monologo collettivo (quando tanti bambini parlano ma non si ascoltano), secondo questa ipotesi egocentrica di Piaget, i bambini non sono consapevoli delle differenze tra la propria conoscenza del mondo e degli altri, tuttavia ricerche successive han dimostrato che i bambini possono essere consapevoli di questi aspetti, prima del periodo ipotizzato da Piaget.
Le prestazioni di ascolto nei bambini piccoli variano anche se il messaggio è ambiguo o meno, nel primo caso possono andare in confusione e tendono a prendere per buono ciò che gli viene detto, e quando i bambini piccoli non capiscono il messaggio, essi sanno di avere un problema ma non sanno che deriva dal messaggio, questo perchè gli adulti non spiegano mai che un messaggio può essere stato espresso male.
Alcuni risultati contraddicono il fatto che le capacità comunicative e linguistiche base sarebbero completamente padroneggiate intorno ai 4-5 anni e la scuola elementare serva solo a far sviluppare le capacità linguistiche secondarie.
Per valutare le abilità di comunicazione orale si usa la prova di comunicazione referenziale di Camaioni, che ha evidenziato che la produzione e la comprensione progrediscono in funzione dell'età e della scolarità non con lo stesso ritmo, i bambini imparano a parlare in maniera efficace prima di diventare ascoltatori efficaci e maturi, tuttavia, un opportuno addestramento inserito nel curriculum scolastico può migliorare le capacità di identificare, codificare, decodificare l'informazione rilevante.



Sviluppo della consapevolezza metalinguistica


La consapevolezza metalinguistica corrisponde alla capacità di rendere opache le forme del linguaggio e di considerarle per come sono, piuttosto che come veicolo di interazioni e significati.
Secondo Ruth Weir il bambino, in assenza di stimoli, usa lo stesso il linguaggio, perchè si diverte a giocare con i suoni (funzione poetica
secondo Jakobson) e perchè si esercita con la forma linguistica (funzione metalinguistica secondo Jakobson), e questo è stato dimostrando grazie a una telecamera nascosta.
Fino a 5-6 anni i bambini prediligono il 'cosa vuol dire' dal 'cosa si dice' , sottovalutano il significato letterale della frase rispetto a quello intenzionale, e ciò può anche portare ad incomprensioni (differenza tra il dire e il voler dire).
L'alfabetizzazione favorisce una capacità metalinguistica più elaborata perchè a scuola il bambino impara ad usare il linguaggio come un oggetto.


I bambini non arrivano completamente ignoranti a scuola, ma hanno alle spalle cmq una sorta di apprendimento primordiale della lettura e della scrittura, grazie alle sollecitazioni degli adulti o agli apprendimenti spontanei.
Secondo Emilia Ferreiro e Ana Teberosky (1979), imparare a leggere e a scrivere è un processo conoscitivo, in cui le ipotesi che il bambino formula sul materiale scritto, vengono di volta in volta validate, perfezionate o abbandonate, fino a che si creano regole che coincidono col sistema degli adulti.
Secondo queste autrici ci sono 4 fasi nel processo di conoscenza di lettura-scrittura: fase presillabica, fase sillabica, fase sillabico-alfabetica, fase alfabetica.
Nella fase presillabica il bambino non distingue la scrittura dal disegno e il testo dall'immagine, si aspetta che la scrittura conservi alcune proprietà dell'oggetto rappresentato (es lunghezza parola = lunghezza oggetto), in seguito c'è la fase sillabica dove il bambino capisce che la scrittura esprime una forma sonora e che la parola scritta presenta delle parti differenziabili che corrispondono alle sillabe (es pr=pera, ae=cane).
Ci sono però parole che violano le regole dell'ipotesi sillabica, quelle corte, perchè la regola della quantità minima di lettere afferma che ci devono essere almeno 3 lettere perchè una parola sia letta, e quando ci sono casi in cui questa regola non viene rispettata il bambino prova a superare il conflitto aggiungendo lettere ed entrando nella fase sillabico-alfabetica.
Qualsiasi individuo che parla una lingua ha una conoscenza impicita della sua struttura fonetica, riconoscendo così se un certo modello sonoro appartiene alla propria lingua indipendentemente dal suo significato.
La padronanza del leggere e dello scrivere rende accessibile al bambino il mondo della letteratura, modifcando le sue capacità cognitive, nel modo di accedere alle informazioni, nel capirle, nel memorizzarle, nel recuperarle.
 


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