mercoledì 27 aprile 2016

Metodologia della ricerca in psicologia dello sviluppo (1/4): Introduzione

La psicologia dello sviluppo studia i cambiamenti che gli esseri umani subiscono nel corso della loro vita, dal concepimento fino all'adolescenza, mentre la psicologia dello sviluppo umano compie studi che coprono l'intero arco della vita.
La psicologia dello sviluppo vuole identificare, descrivere e spiegare la natura dei cambiamenti, ed ogni ricerca scientifica parte da una domanda che si pone il ricercatore, ed il primo livello a cui può essere giudicata una ricerca riguarda la rilevanza che può avere la domanda che l'ha originata, dove il giudizio di rilevanza è il risultato di un'analisi del rapporto tra costi e benefici.
Le domande a cui una ricerca scientifica deve rispondere devono servire a verificare una teoria o a fornire informazioni utili, ed ad esempio ci si chiede se i bambini sono attivi o passivi nel loro processo di sviluppo, se esso è dovuto a cambiamenti di tipo quantitativo o qualitativo, se è determinato da fattori ambientali o genetici.
I progetti di ricerca finalizzati alla raccolta di informazioni di tipo pratico cercano di individuare i fattori responsabili del benessere dell'individuo, ed esistono anche domande di tipo teorico che spesso si intrecciano con le ricerche di tipo pratico, infatti è quasi impossibile condurre una ricerca totalmente svincolata da un quadro di riferimento teorico.


L'identificazione di un fenomeno di sviluppo


Nessuna ricerca riesce a identificare, descrivere e spiegare il cambiamento, ma di solito ci si prefigge uno solo di questi obiettivi alla volta, ma queste tappe hanno cmq uguale importanza e possono essere considerate passi successivi del percorso che porta alla comprensione del fenomeno.
Le ricerche sulle competenze precoci hanno lo scopo di determinare quali sono le capacità che il bambino possiede, senza che si siano ancora manifestate le interazioni tra le capacità di base possedute e gli stimoli ambientali, e queste ricerche offrono quindi importanti contributi al problema svolto nello sviluppo dai fattori genetici e ambientali.
Fischer e Bidell sostengono che si può arrivare a conclusioni fuorvianti se si ignorano nella progettazione della ricerca il principio della variabilità dello sviluppo e il principio della formazione graduale e sequenziale di nuove abilità.
Il primo principio si riferisce al fatto che le abilità non compaiono in tutti i bambini alla stessa età, ma esiste una gamma di variazione dovuta a molti fattori.
Il secondo principio afferma che dal momento che nessuna capacità emerge improvvisamente, ma viene costruita progressivamente, non è possibile valutare la sua comparsa una volta per tutte in un unico compito.
Bisogna quindi effettuare una sistematica variazione delle diverse condizioni ambientali ed una variazione della complessità del compito, in modo che si possa distinguere tra livello ottimale di prestazione in un compito (il massimo livello raggiungibile quando le condizioni sono favorevoli) e il livello funzionale (il livello raggiunto senza facilitazioni), e sono i livelli intermedi a questi 2 estremi a definire una certa capacità a una data età.
Questi 2 insiemi costituiscono una definizione di competenza in un dato dominio, in una data età, in modo molto più completo e dinamico della valutazione basata su un unico compito in un unico tipo di condizione.
La psicologia dello sviluppo prende anche in considerazione la teoria della mente, l'ambito di studio focalizzato sulla capacità di predire e spiegare le azioni e le emozioni degli individui in termini di stati mentali.


Lo studio del cambiamento
Un fenomeno è studiato dalla psicologia dello sviluppo se è soggetto a trasformazioni e secondo McCall, un cambiamento nel corso dello sviluppo significa che un comportamento con l'età può aumentare o diminuire nella frequenza di comparsa o nella quantità, o può sostituire, integrare o emergere da un altro comportamento nel corso dello sviluppo.
Il cambiamento quantitativo ha una funzione continua legata all'età, il cambiamento qualitativo si realizza invece attraverso una serie di tappe discontinue (stadi).
Il cambiamento di un singolo comportamento o di una singola competenza è detto discontinuità di primo grado, mentre la relazione tra le competenze presenti in 2 domini differenti o in 2 differenti condizioni è detto discontinuità di secondo grado.
Lo studio dello sviluppo si effettua sia sui cambiamenti condivisi dalla maggior parte delle persone che nei singoli individui.
Sono diversi i fattori che contribuiscono alle differenze individuali, come ad esempio gli eventi significativi che possono avere conseguenze diverse in individui diversi in età diverse, o possono anche esistere sostanziali differenze individuali nel ritmo di crescita, dove può capitare che l'individuo raggiunga un livello non sufficiente per la sua età.
Le differenze individuali vengono anche studiate per quanto riguarda la loro stabilità, che è una stabilità relativa, ovvero quando un individuo può essere stabile verso certi aspetti del funzionamento individuale se mantiene la sua posizione di ordine all'interno del campione a cui appartiene al variare delle situazioni nel corso del tempo.
Lo studio delle differenze individuali consente di capire meglio la natura dei cambiamenti osservati e il ruolo svolto dai diversi fattori nei diversi individui, molto più che se si studiassero le medie dei gruppi.


Descrizione e spiegazione di un fenomeno di sviluppo


Lo studio del cambiamento può essere fatto tramite un'analisi di tipo descrittivo (che cosa) o un'analisi di tipo esplicativo (come) di un determinato fenomeno.
Una descrizione dello sviluppo è possibile solo all'interno di una teoria esplicativa, se no si hanno solo tanti dati non collegati tra di loro.
Si distingue inoltre in processo di transizione (un cambiamento in un sistema ben definito), principi di transizione (le leggi che governano tale cambiamento), meccanismi di transizione (una sottoclasse di principi usata per spiegare la transizione).
Fischer ha inoltre proposto 5 regole per spiegare le trasformazioni da un'abilità a una più evoluta: intercoordinazione, combinazione, focalizzazione, sostituzione, differenziazione.
In generale, una descrizione delle fasi attraverso cui procede lo sviluppo di una determinata competenza può contribuire a svelare i meccanismi di cambiamento.


Analisi delle sequenze e delle sincronie dello sviluppo
Una tecnica che consente di individuare e descrivere le transizioni nello sviluppo di una competenza è quella basata sulla costruzione degli scalogrammi, dove una serie di compiti viene organizzata in una sequenza particolare in modo che se un individuo supera un compito, allora deve aver superato anche i precedenti, e non può superare i successivi senza aver superato il compito presente.
Se si vuole verificare una determinata sequenza di sviluppo, si può quindi creare uno scalogramma a priori, e lo scalogramma può anche essere usato per riscontrare la presenza di discontinuità nello sviluppo di una determinata competenza.
Una critica a questo modello è che le relazioni individuate riguardano esclusivamente i prerequisiti, mentre esistono anche altre competenze che il bambino sviluppa durante la crescita, e che non ci sia sempre l'ordine prestabilito dal prerequisito (B può essere appreso prima di A), e quindi si deve parlare di precursore, che rappresenta l'ordine empirico di acquisizione di diverse competenze all'interno di uno specifico dominio.
Un'altra relazione non studiata dallo scalogramma è quella sincronica, che rappresenta aggregati di attributi o competenze possedute in un determinato momento, e lo studio delle sincronie è importante perchè può dare importanti informazioni sui meccanismi che le governano.
Schoroder ha proposto un modello che combina due strategie.
Nella prima gli individui sono confrontati in relazione a diverse variabili in una singola occasione (prospettiva sincronica) e si analizzano le differenze individuali nell'ordine di acquisizione di abilità diverse.
Nella seconda gli individui sono confrontati in diverse occasioni rispetto a una sola variabile (prospettiva diacronica), e si analizzano le differenze individuali nell'ordine di acquisizione di una stessa abilità.


Trattamento delle variabili nello studio dello sviluppo


La principale variabile che interessa la psicologia dello sviluppo è l'età cronologica, che non è una variabile manipolabile, perchè è una proprietà intrinseca degli individui.
Altre variabili invece non sono manipolabili per motivi di etica (ad esempio non si può denutrire un bambino per vedere se gli si rallenta lo sviluppo di una determinata caratteristica).
In questi casi, l'unica cosa che un ricercatore può fare è selezionare dalla popolazione individui che posseggono quella caratteristica nei valori desiderati.
Diversi studi hanno dimostrato che la ricerca osservativa non può essere un sostituto del disegno quasi-sperimentale, tuttavia integrando questi 2 metodi si possono ottenere risultati complementari, riducendo così i limiti dei 2 metodi usati singolarmente.



L'uso della variabile "età cronologica"


L'età cronologica può essere usata confrontando 2 diversi gruppi di soggetti con diversa età (metodo trasversale), o esaminando più volte gli stessi soggetti in età diverse (metodo longitudinale).
Queste 2 metodologie di ricerca rappresentano le 2 grandi famiglie a cui sono riconducibili la maggior parte degli studi sul comportamento in ambito di sviluppo.


I vantaggi della ricerca longitudinale
Nella ricerca trasversale si suppone che il cambiamento sia di tipo continuo, ed è quindi necessario l'uso di molti gruppi di soggetti di età poco differente tra loro.
La critica a questo metodo è che siccome il cambiamento è un processo inerente ai singoli individui, l'uso di questo tipo di metodologia può essere usato solo sull'assunzione di un'equivalenza assoluta di soggetti, cosa difficilmente ottenibile.
Inoltre in questo metodo si ipotizza la presenza di una sequenza, ma non la si può esaminare nei singoli individui.
La ricerca longitudinale invece, ha una distanza temporale di applicazione che varia a seconda del fenomeno indagato e dell'età dei soggetti, dove ad esempio nei periodi di rapido sviluppo ci vogliono osservazioni ravvicinate, in altri casi le osservazioni possono anche essere distanziate di anni.
Il criterio perchè si abbia la ricerca longitudinale è che ci siano almeno 2 diverse rilevazioni e che il tempo causi il cambiamento della caratteristica osservata, mentre nel tipo di ricerca a misure ripetute si assume l'opposto.
Uno dei punti forza della ricerca longitudinale è che fornisce valutazioni indipendenti delle capacità dell'individuo in differenti momenti dello sviluppo, inoltre permette l'identificazione di cambiamenti sequenziali e sistematici in comportamenti distinti, identificati come antecedenti o precursori di altri comportamenti, sia come cambiamento intradividuale che come differenze interindividuali nel cambiamento intraindividuale.

Strategie di ricerca di tipo longitudinale
Possono essere distinte in prospettiche e retrospettive.
Le prospettiche misurano in un'età precoce il valore assunto da alcuni fattori che si presume che siano importanti per la successiva comparsa di un comportamento.
Le retrospettive invece confrontano i fattori in soggetti che compiono un determinato comportamento e in soggetti che non lo compiono, con i valori assunti dagli stessi fattori in età precedenti.
E' un errore ritenere che sia il momento della raccolta a determinare la natura prospettica o retrospettiva dei dati, mentre ciò che conta è invece la relazione tra il tempo di riferimento e il tempo di codifica, dove solo se questi non coincidono il dato può essere considerato retrospettico.
La validità può essere compromessa anche dal troppo tempo intercorso tra il momento di riferimento e il momento di raccolta, e come sempre cmq, la scelta del tipo di ricerca (pro o retro) è legata al tipo di problema che si vuole studiare.

Validità interna delle ricerche trasversali e longitudinali
Un problema delle ricerche con l'età è che diversi comportamenti osservabili ad età diverse possono essere legati alla stessa capacità e quindi gli stessi comportamenti assumono significato diverso a seconda dell'età in cui si manifestano.
E' possibile che la relazione tra variabile concettuale e variabile operativa cambi con il passare del tempo e che quindi per studiare lo sviluppo di una certa variabile concettuale sia necessario usare diverse variabili operative a seconda dell'età del bambino.
Le ricerche longitudinali inoltre, devono affrontare le minacce relative alla ripetizione delle prove e agli eventi esterni al laboratorio.
Siccome le ricerche longitudinali richiedono particolari requisiti da parte del tecnico e dei soggetti, è probabile che già la selezione di questi venga fatta in base a prerequisiti particolari, che magari possono influire anche sull'esito della ricerca.
Bisogna inoltre tenere conto non solo delle cambiamento individuale, ma anche del cambiamento culturale, che può influenzare i soggetti.
Tra le varie strategie per superare alcuni di questi problemi c'è quella della time-lang, che consiste nell'osservare soggetti appartenenti a coorti diverse nel momento in cui raggiungono la stessa età.
Per riuscire ad avere una valutazione separata degli effetti dovuti al cambiamento individuale e quello storico, occorre usare dei metodi combinati, come quello di Achenbach che descrive 3 disegni: longitudinale-sequenziale, trasversale-sequenziale, time-lang sequenziale.
Nel primo vengono effettuati più studi longitudinali seguendo per alcuni anni soggetti di diverse coorti, negli altri 2 invece vengono confrontati più campioni di soggetti differenziabili sulla base dell'età o della coorte di appartenenza.


Rilevazione e misurazione delle variabili


La rilevazione strumentale dovrebbe essere di tipo non intrusivo, cosa difficilmente realizzabile nella misurazione di tipo fisiologico, mentre in altri casi questo tipo di misurazione è inapplicabile perchè richiede la comprensione di istruzioni complesse.
Quindi la maggior parte delle ricerche sui bambini viene fatta tramite compiti che richiedono al bambino una risposta di tipo verbale o non verbale, oppure tramite l'osservazione diretta del comportamento in circostanze speciali, dove però lo sperimentatore non interferisce col normale comportamento del bambino.


Istruzioni e situazione sperimentale
Nella formulazione di domande a bambini, il maggior rischio si ha nella suggestionabilità di essi, o anche nel rischio di fraintendimento.
Ad esempio, nello sforzo di farsi comprendere lo sperimentatore può eccedere nelle informazioni fornite ed influenzare così la risposta, ma d'altra parte, la formulazione della domanda troppo asettica può risultare di difficile comprensione (spesso infatti le risposte dei bambini non riflettono un problema di ragionamento, ma di comprensione).
Ogni volta che si sottopongono delle domande a dei bambini piccoli, bisogna assicurarsi che questi abbiano realmente capito, e l'età critica dopo la quale si può ridurre questo controllo è dopo gli 8 anni.
Bisogna anche evitare di fornire indizi su quali siano le aspettative dello sperimentatore, stando attenti al tono della voce usato, all'espressione facciale, e stando attenti anche al pericolo del desiderio di compiacere lo sperimentatore da parte del bambino.
Non sempre al bambino è chiara la distinzione tra situazione sperimentale e mondo reale quindi le richieste fatte durante l'esperimento vengono riportate all'esperienza nel mondo reale, quindi in caso di richieste assurde, il bambino tende a riformularle per renderle più congruenti alla sua esperienza.

La classificazione delle risposte
Nel caso di bambini molto piccoli che non possiedono piena padronanza del linguaggio, si usano di solito risposte di tipo non verbale.
In molte ricerche si chiede al bambino di compiere un'azione sulla base di un comando verbale, o indicare quale disegno rappresenti una situazione citata dallo sperimentatore, e con questi metodi di solito non si hanno problemi ad individuare le risposte corrette, ma si ha qualche problema nell'individuare le risposte scorrette.
Quando al bambino è richiesto un comportamento verbale, può esserci il problema delle risposte irrilevanti.
Se la domanda è chiusa ("si o no") questo problema viene risolto, ma aumenta il rischio di risposte casuali o influenzate dallo sperimentatore, viceversa, con domande aperte c'è il rischio che il bambino produca risposte ambigue o difficilmente classificabili.
Per riuscire a ottenere misure oggettive a partire da protocolli verbali, le categorie devono essere stabilite e definite operativamente prima di iniziare la classificazione vera e propria, e l'affidabilità della classificazione del primo giudice dovrebbe essere controllata da un secondo giudice.

L'uso di informazioni indirette
Le informazioni sui bambini si possono ottenere anche tramite i genitori o le maestre, soprattutto se si indagano il temperamento, lo sviluppo del linguaggio e vari aspetti legati al processo di socializzazione.
Questi resoconti però possono essere influenzati dalle aspettative, le caratteristiche e le rappresentazioni di chi li forniscono (soprattutto nel caso dei genitori).
Inoltre, le richieste di giudizio globale possono fornire maggiori distorsioni del riferimento a comportamenti precisi.

La rilevazione del comportamento tramite l'osservazione
Per tutto il periodo preverbale del bambino, le uniche informazioni sul suo comportamento possono essere raccolte solo tramite l'osservazione in situazioni più o meno strutturate.
Quando il comportamento del bambino è meno vincolato (nelle ricerche di tipo osservativo), occorre decidere quale comportamento osservare, dove la scelta e la precisa definizione di quali comportamenti osservare corrisponde alla definizione operazionale della variabile osservata ed è quindi soggetta agli stessi problemi di validità del costrutto.
Quindi è inutile rilevare un comportamento solo perchè facilmente osservabile, se non si sa stabilire che cosa significhi.
Esistono anche ricerche che fanno da repertorio comportamentale, allo scopo di catalogare i diversi comportamenti nelle specifiche situazioni, e questo metodo può essere considerato valido solo nella fase iniziale dello studio, poi il comportamento osservato deve essere considerato come una qualsiasi variabile di cui bisogna specificare il rapporto con la variabile concettuale.
In alcuni casi può essere giusto considerare la frequenza, dove a frequenza maggiore corrisponde una competenza maggiore, in altri casi invece, se il comportamento interessato è raro, la competenza sottostante potrebbe essere anche rilevata una sola volta.


Problemi etici


I principi guida dell'etica nella ricerca umana hanno origine nel Nuremberg Code (1946), sviluppato dopo le atrocità compiute dai medici nazisti.
Nella ricerca dello sviluppo si fa riferimento agli Ethical Standards for Research with Children (1993), che propongono le seguenti norme etiche da seguire:

  1. Utilizzazione di procedure dannose: solo nei rari casi in cui i benefici (magari di molti) superano di gran lunga i danni (di pochi), e in ogni modo si cerca sempre di ridurre al minimo i danni.
  2. Ottenimento del consenso: bisogna informare il diretto interessato di tutti gli aspetti che potrebbero influenzare la sua decisione di partecipare all'esperimento, ed ottenere il suo consenso.
  3. Ottenimento del consenso da parte dei genitori: per i minori.
  4. Consenso aggiuntivo: consenso di tutti quelli che interagiscono col bambino e che fanno parte della ricerca.
  5. Incentivi: gli incentivi offerti a chi partecipa alla ricerca devono essere adeguati e non superare eccessivamente il tipo di incentivi che riceve normalmente il bambino nella sua quotidianità.
  6. Inganni: se proprio indispensabili, vanno vagliati da altri colleghi.
  7. Anonimità: per ottenere l'accesso a pratiche riservate sul soggetto, ci vuole il consenso e bisogna garantire la riservatezza nel trattamento dei dati, al solo scopo della ricerca.
  8. Mutua responsabilità: ci deve essere fin dall'inizio un accordo tra tutti i partecipanti alla ricerca, ed il ricercatore deve onorare le promesse fatte.
  9. Rischio: in caso di rischio per il bambino, bisogna subito parlarne con esperti in modo da preservare la salute del piccolo.
  10. Conseguenze impreviste: mettere in atto procedure per rimediare ed evitare che si riverifichino.
  11. Riservatezza:  mantenere riservate tutte le informazioni sui partecipanti alla ricerca.
  12. Informazioni ai partecipanti: chiarire ogni travisamento che potrebbe essere sorto, riferire i risultati generali in termini adatti alla loro comprensione.
  13. Resoconto dei risultati: cautela nel riferire i dati
  14. Implicazioni dei risultati: prestare molta attenzione alle conseguenze che potrebbero generarsi dalla presentazione dei risultati.
La cosa più importante da valutare è cmq il rapporto tra costi e benefici, dove si possono avere benefici diretti e benefici indiretti.
In caso di costi, bisogna diminuire il più possibile il danno al gruppo di controllo.

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