lunedì 9 maggio 2016

Psicologia fisiologica (1/13): Introduzione e storia alle neuroscienze cognitive

Il termine neuroscienze cognitive fù concepito da George A. Miller verso la fine degli anni 70, su un taxi diretto ad un simposio organizzato a New York, dove diversi scienziati provenienti da vari settori si stavano riunendo per cercare di dare un nome a questa nuova disciplina che studia come dal funzionamento del cervello possa scaturire la mente.


La storia del cervello


Lo studio del cervello iniziò nel XIX secolo con i frenologi, i cui capiscuola Franz Joseph Gall e J.G. Spurzheim, sostenevano che l'organizzazione del cervello era incentrata su circa 35 funzioni specifiche, e che tali funzioni dipendessero dall'attività di specifiche regioni cerebrali, inoltre credevano che la frequenza di esecuzione di una determinata funzione facesse variare la dimensione dell'area in questione, e così i frenologi ritenevano che l'analisi fisica del cranio potesse far capire la personalità delle persone (psicologia anatomica by Gall).
Il fisiologo Pierre Flourens mise in discussione l'ipotesi localizzazionista di Gall, con le sue scoperte su lesioni in particolari aree del cervello che non comportavano deficit di comportamento specifici, Flourens propose quindi la teoria del campo aggregato, la quale afferma che l'intero cervello partecipa al comportamento.
Il neurologo inglese John Hughlings Jackson fù il primo ad ipotizzare che la corteccia cerebrale avesse un'organizzazione topografica, dove ogni area rappresenta una mappa di una precisa regione corporea.
Nel 1861 Paul Broca divenne famoso perchè riuscì ad individuare l'area responsabile del linguaggio, nel lobo frontale sinistro, denominata poi area di Broca.
Anche gli studi di Wernicke furono importanti per far ipotizzare che una lesione focale causa un deficit specifico.
I fisiologi tedeschi Gustav Fritsch e Eduard Hitzig scoprirono che stimolando elettricamente specifiche aree del cervello di un cane, riuscivano a produrre specifici movimenti.
Korbinian Brodmann divenne famoso perchè analizzò l'organizzazione cellulare della corteccia individuando 52 regioni distinte, usando il colorante di Nissl per evidenziare l'esistenza di tipi cellulari differenti in diverse regioni del cervello (citoarchitettura), inoltre Brodmann distinse le 2 aree visive 17 e 18.
L'italiano Camillo Golgi inventò un colorante d'argento per i neuroni (metodo della reazione nera), che gli permise di visualizzarli al microscopio, mentre lo spagnolo Cajal, arrivò a sostenere che contrariamente a quello che affermava Golgi (l'intero cervello era un sincizio, una massa di tessuto i cui elementi costitutivi avevano in comune il citoplasma), i neuroni erano unità discrete (teoria del neurone), e che la trasmissione delle informazioni nervose di natura elettrica avviene in una sola direzione, dai dendriti verso l'apice dell'assone.
Cajal ricevette il premio Nobel nel 1906 insieme a Golgi.
In questa fase, detta dottrina del neurone, ci furono anche le scoperte di Purkinje che descrisse per primo la struttura di una cellula nervosa ed inventò lo stroboscopio, ma anche gli studi di Freud sull'anatomia microscopica, di Ernst Brucke sugli astici, e del celebre Hermann von Helmholtz che fece le prime ricerche sul sistema nervoso e diede un contributo importante in molti campi, come la fisica, la medicina e la psicologia.
Nel XX secolo arrivarono le teorie degli olistici che si contrapponevano ai localizzazionistici, affermando che non c'era un controllo delle funzioni dettato da aree precise, ma che il tutto era controllato da un'insieme di sistemi/aree, e importante fù il fisiologo inglese Sir Charles Sherrington che coniò il termine sinapsi.
Atri esempi sono quelli di Marie, che sosteneva e dimostrava la variabilità della localizzazione corticale, mentre Broca sosteneva l'importanza della localizzazione delle funzioni.
Secondo Hughlings Jackson, una lesione può influire su più strutture cerebrali, perchè può danneggiare le connessioni tra regioni vicine, e secondo lui, i comportamenti non sono entità unitarie, ma costellazioni di attività indipendenti.
Monakow coniò il concetto di diaschisi, l'idea che un danno in una parte del cervello possa causare problemi anche da un'altra parte, mentre Head vedeva il cervello danneggiato come un nuovo sistema.
Secondo Karl Lashley, singole lesioni prodotte in varie parti del cervello non creano problemi all'apprendimento o all'esecuzione di un compito, ma questa sua convinzione gli fù contestata con il fatto che i vari compiti potevano essere svolti usando talmente tante funzioni del cervello che una singola lesione poteva non essere necessaria ad impedirne lo svolgimento.
Woolsey e Bard scoprirono le prime mappe sensoriali e motorie, e negli anni 70/80 si scoprì che per ogni modalità sensoriale esistono molteplici mappe.
Ci furono diverse dispute tra gli olisti e i localizzazionisti, ma alla fine si può affermare che gli olisti avevano ragione sostenendo che ogni capacità complessa non è il prodotto di una singola area del cervello, mentre i localizzazionisti avevano ragione sostenendo che i processi semplici sono localizzati.



Storia della psicologia


La psicologia ha proposto ipotesi sul funzionamento della mente fin dai tempi antichi, con i razionalisti ed il loro concetto di ragionamento, gli empiristi, con il loro concetto di idee semplici ed idee complesse, gli associazionisti, con Hermann Ebbinghaus che affermò che i processi complessi come la memoria erano analizzabili e misurabili.
Ci furono poi gli studiosi della psicofisica, Gustav Fechner e Weber.
Thorndike con la sua legge dell'effetto, la scuola della Gestalt, che affermava che il modo migliore per capire le percezioni stava nel metterle in relazioni con le proprietà emergenti degli stimoli.
La nascita del comportamentismo con Watson, e il passaggio di George Miller, dalla fede comportamentista stimolo-risposta alle neuroscienze cognitive.
Gli esperimenti di Tanner e Swets che applicarono le tecniche di rilevazione di segnali (servomeccanismi) e le tecniche informatiche, allo studio della percezione.
La scoperta di Miller sul limite della quantità delle informazioni che possono essere apprese in breve periodo.
Le mappe mentali di Bruner, Noam Chomsky con la psicolinguistica e le sue regole sulla sintassi (il lessico è appreso, la grammatica è innata) che gli fecero far polemica col comportamentista Skinner.
Un altro studioso importante fù Hebb, che sostenne che  un qualsiasi gruppo di neuroni è in grado di apprendere qualsiasi cosa.
Anche le donne ebbero un ruolo importante nello studio della mente, anche se spesso vennero messe da parte, ad esempio nel 1902 Ida Hyde fù la prima donna ad essere ammessa alla American Physicological Society, e fù la prima ad inventare un microelettrodo per misurazioni intracellulari.



Neuroscienze cognitive


Nate verso la fine degli anni 70, tramite la fusione di diverse discipline (come la citata psicolinguistica di Chomsky), nei primi anni si occuparono dello studio dell'organizzazione della corteccia cerebrale e del suo funzionamento in risposta a stimoli semplici.
Contributi innovativi sono stati dati dallo scienziato David Marr, che suddivise il livello funzionale in 2 livelli, uno relativo al "che cosa" viene computato dal cervello, ed uno relativo al "come" viene eseguita la computazione, dimostrando che questi livelli sono correlati al livello più basso, quello dell'implementazione.
Le neuroscienze cognitive devono il loro successo alla tecnologia che ha permesso la nascita delle tecniche di neuroimmagine.
Queste tecniche consentono di monitorare l'attività del cervello dal vivo, in tempo reale, senza dover per forza attendere la morte del paziente.
Il fisiologo italiano Angelo Mosso scoprì una correlazione tra flusso sanguigno e attività neurale, aprendo la strada alle neuroimmagini, e grazie a questa e ad altre scoperte fù creata la tecnica della tomografia a emissione di positroni (PET), la quale permette la misurazione del flusso sanguigno e del metabolismo.
Prendendo spunto dagli studi di Donders, si utilizzò il metodo della sottrazione, che consiste nella sottrazione di una immagine tomografica del cervello nello stato di comportamento da studiare, a quella di un'immagine del cervello in un altro stato comportamentale.
Successivamente, scoprendo il funzionamento dei protoni di idrogeno in un campo magnetico (la quantità di ossigeno trasportata dall'emoglobina influisce sul grado di perturbazione del campo magnetico causato dall'emoglobina stessa) fù realizzata la potente ed efficace tecnica di neuroimmagine detta MRI.


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