lunedì 30 maggio 2016

Psicologia sociale di comunità (1/5): Psicologia di comunità

La psicologia di comunità nasce nel 1965 a Swampscott, New England, USA, ed è definita come l'area di ricerca ed intervento che si rivolge in modo particolare all’interfaccia tra la sfera personale e la sfera collettiva (Amerio).
Secondo Orford l'unità d'analisi della psicologia di comunità è la persona nel contesto.

Nel congresso di Swampscott:

  • Si sostiene la necessità di interventi preventivi a livello di comunità.
  • Si sostiene la necessità di promuovere una demedicalizzazione dei servizi psichiatrici.
  • Si sostiene la necessità di promuovere l’adozione di un approccio interdisciplinare.
Secondo la teoria eccezionalista, il disagio e la patologia sono determinati da fattori personali occasionali e casuali, mentre secondo la teoria universalista, il disagio è in funzione dei rapporti sociali presenti in una comunità caratterizzati da una non equa distribuzione delle risorse.
La psicologia di comunità abbraccia la teoria universalista, con le sue attività di prevenzione su larga scala.

Gli obiettivi della psicologia di comunità
Gli obiettivi della psicologia di comunità sono:
  1. Prevenzione del disagio: usando il modello transattivo, dove il disagio è dato da variabili individuali ed ambientali, come la mancanza di risorse (personali, sociali, economiche).
  2. Promozione del benessere e miglioramento della qualità della vita: tramite il modello sistemico ecologico, dove si ha l'integrazione di variabili hard (reddito, numero reati, ecc...) e soft (rappresentazioni sociali, percezione di autodeterminazione).
  3. Sviluppo della competenza della comunità: tramite la promozione dell’autoconsapevolezza e la partecipazione dei membri.
  4. Individuazione dei processi facilitanti/ostacolanti per il benessere psicologico dei membri.
Tipi di prevenzione secondo Caplan
  1. Prevenzione primaria: ridurre la possibilità di malattia in una popolazione esposta a rischio.
    Si agisce: nella società, nella comunità, nei piccoli gruppi e negli individui.
    Può essere di 2 tipi: proattiva (migliorare la qualità di vita dell'ambiente) e reattiva (incrementare le competenze degli individui).
  2. Prevenzione secondaria: mira a diminuire la durata, la diffusione ed il contagio in una popolazione già contagiata.
    Include l’individuazione ed il trattamento precoce del male.
  3. Prevenzione terziaria: attenua le conseguenze di una malattia in chi l'ha già avuta, con counseling terapeutico, formazione dell’individuo, cambiamento di mentalità.
Ostacoli per la prevenzione
Ci sono diversi ostacoli alla prevenzione:
  1. Predominio di una concezione eccezionalista (Fryer): La prevenzione primaria centrata solo a livello individuale favorisce il mantenimento dell’attuale equilibrio di potere.
  2. Minor consolidamento dell’orientamento preventivo rispetto a quello riparativo: visto che il primo richiede un’attività cognitiva più complessa ed una attribuzione di maggiore importanza verso gli interessi a lungo termine contro quelli a breve termine (come l'orientamento temporale verso il futuro, ad esempio la psicoterapeutizzazione dei servizi saturazione dei servizi).
  3. Scarsa domanda sociale degli eventi di prevenzione, considerando la prevenzione del disagio compito unicamente tecnico e specialistico: la necessità di mettere in discussione la delega sociale.
  4. Oscurità dell’eziologia dei disturbi: origine multifattoriale del disturbo.
  5. La poco sviluppata competenza degli operatori nell’individuare contenuti ed indicatori del cambiamento da pianificare.
I riferimenti teorici della disciplina
I principali autori sono Lewin, Bronfenbrenner e Von Bertalanffy.
Le principali teorie e concetti di Lewin sono:
  • Teoria di campo: l'interazione dinamica genera fenomeni sociali e comportamenti individuali, c'è il concetto di campo psicologico come totalità di fattori in relazione di interdipendenza in un dato momento.
    Nell'ottica fenomenologica i diversi fattori hanno peso variabile a seconda della percezione soggettiva.
    La formula della legge di campo è: C=f(P,A)
  • Concetto di gruppo minoritario: c'è una visione sistemica del gruppo, il quale è caratterizzato da interdipendenza e da reciproco influenzamento, quindi il cambiamento di una delle parti trasforma la struttura, e viceversa.
    Potenzialità trasformative del gruppo, tramite l'uso del meccanismo del feedback.
  • Metodologia di ricerca: usa un approccio ecologico basato sull'osservazione della dinamica delle forze che sono presenti ed agiscono in un determinato contesto.
Psicologia ecologica
Comprende i seguenti concetti:
  • Il comportamento umano come risultante di un processo di adattamento, dove il disagio è conseguenza di un adattamento mal riuscito.
  • Modello di ricerca più accentrato sul campo che in laboratorio.
  • Approccio ecologico di Kelly con i sui 4 principi: interdipendenza, distribuzione delle risorse, adattamento (fit), successione.
  • Modificazione della disponibilità di risorse per migliorare un adattamento inadeguato.
  • Behavior setting (Barker): è l'unità ambientale minima in cui si attuano comportamenti intenzionali significativi.
    In questo modello, conoscere il contesto in cui le persone agiscono permette di prevederne il comportamento più accuratamente di quanto non lo permettano le caratteristiche dei singoli individui.
    Si ha il setting sovradimensionato dove c'è un minor numero di ruoli in rapporto al numero di soggetti e quindi è maggiore la tendenza alla passività e al non coinvolgimento, ed il setting sottodimensionato (undermanning), dove sono stimolati il coinvolgimento, la spinta ad assumere responsabilità e la motivazione.
    C'è inoltre la pressione ambientale, concepita come un insieme di stimoli e processi che caratterizzano certi ambienti e che esercitano un’influenza sugli individui che vi accedono.
    Questo modello ha 2 indicatori: il grado di penetrazione (dipende dalla quantità di tempo trascorsa nel setting, dal livello di coinvolgimento, le capacità individuali, ed è diviso in 6 zone, dove quella più centrale equivale al maggior livello di responsabilità del soggetto), la ricchezza del setting (dipende dalla combinazione del numero dei sottogruppi come età, sesso, ecc..., in grado di penetrare il setting, dai tipi di attività, e dal tempo totale di apertura del setting).
    Le critiche a questo modello sono: il rapporto tra ambiente e comportamento è unidirezionale, il significato psicologico dell'ambiente da parte dell'individuo viene ignorato a favore della concezione pre-percettiva (a differenza della visione di Lewin), il metodo dell'osservazione non è un metodo neutrale, l'ambiente è visto solo nel contesto immediato e concreto.
  • Modello processo-persona-contesto-ambiente (Bronfenbrenner): è basato sull’analisi dei processi che regolano l’interazione tra l’individuo ed il contesto.
    In questo modello, il contesto non ha solo le proprietà oggettive, ma si tiene conto anche del modo in cui viene percepito dall'individuo.
    L'ambiente ecologico invece è un ambiente strutturato in un insieme di sistemi correlati, mentre la nicchia ecologica è il contesto ambientale in grado di facilitare o ostacolare lo sviluppo delle persone che lo frequentano, invece la comunità è vista come rete di sistemi sociali di tipo formale o informale.
    I 3 assunti di base di questo modello sono: la reciprocità dell’influenza tra individuo ed ambiente, anche i contesti più remoti possono produrre delle modificazioni nell’individuo, ogni persona è un’entità dinamica, ovvero un soggetto attivo che risponde alle pressioni ambientali ristrutturando il proprio spazio di vita.
    I 4 livelli dei sistemi concepiti in questo modello sono: microlivello, sistema di cui l’individuo ha esperienza diretta, mesolivello, due o più microlivelli con legami tra di loro, esolivello, sistema con cui l'individuo non interagisce ma che cmq lo influenza, macrolivello: sovrastrutture che hanno il potere di influenzare tutti i livelli precedenti (unione di tutti i livelli).
  • Teoria della crisi (Dohrenwend 1978): In questo modello i mediatori situazionali e psicologici interagiscono producendo 3 possibili esiti: cambiamento positivo, nessun cambiamento, psicopatologia.
Murrell
La psicologia di comunità secondo Murrell è quell'area di intervento all'interno della psicologia che:
  • Studia le transazioni tra reti di sistemi sociali, popolazioni ed individuali.
  • Sviluppa e valuta metodi di intervento che migliorino gli adattamenti.
  • Pianifica e valuta nuovi sistemi sociali.
  • Da questa conoscenza di base, cerca di aumentare le opportunità psicosociali dell’individuo.
Si cerca quindi di individuare le aree problema, ovvero le aree dove il soggetto cerca di raggiungere i propri scopi.
Il benessere psicologico deriva da: accordo psicosociale (coerenza tra vincoli, richieste e
opportunità del sistema e bisogni della persona), accomodamento intersistemico (grado di compatibilità tra i diversi sistemi sociali nell’interagire con l’individuo).

Esistono 6 livelli di intervento:
  1. ricollocamento individuale (spostamento ad un altro sistema).
  2. interventi sull’individuo (sviluppo di risorse o strategie).
  3. interventi sulla popolazione (incremento delle risorse).
  4. interventi sul sistema sociale (mutamenti strutturali o funzionali nei sistemi).
  5. interventi intersistemici (coordinamento e connessione più funzionale tra i sistemi).
  6. interventi sull’intera rete sociale (programmi rivolti alla comunità nel suo insieme).
Empowerment
Concetto che compare negli anni 60/70, ma che si sviluppa solo nella seconda metà degli anni 80.
Deriva dal verbo To empower, che vuol dire: favorire l'acquisizione di potere, rendere in grado di.
Permette di superare le divergenza tra l’area moderata e l'area radicale della psicologia di comunità, acquisendo un’ottica politico-emancipatoria e non terapeutico-riparativa.
E' allo stesso tempo un processo ed un risultato.
Il concetto di potere viene visto in diversi modi: concezione oppressiva del potere, potere su, concezione costruttiva del potere, potere di.
Le diverse forme di potere individuate sono:
  • Potere coercitivo (con minacce e sanzioni).
  • Potere di ricompensa.
  • Potere d'esempio (identificazione con chi ha il potere).
  • Potere legittimo (es. elezioni).
  • Potere di competenza (esperto).
Il processo di empowerment ha 3 fasi:
  1. Processo di attribuzione: condizione di helpness, quando le persone ritengono che le cause della loro impotenza siano interne, globali e stabili.
  2. Processo di valutazione: Bandura elabora la self-efficacy, che si riferisce alle credenze riferite alla capacità individuale di mobilitare le proprie risorse e le proprie azioni, per soddisfare le richieste situazionali.
  3. Processo di prefigurazione del futuro (Garfield): le immagini mentali di individui di successo sono positive, costellate di opportunità, possibilità e risorse.
Secondo Claudia Piccardo, è un costrutto utilizzato soprattutto in quattro ambiti:
  1. linguaggio politico.
  2. settori medico e psicoterapeutico (processi riabilitativi brevi ed efficaci).
  3. pedagogia degli adulti (promuovere la crescita delle persone lungo tutto l’arco di vita).
  4. manageriale ed organizzativo.
Modalità secondo Julian Rappaport (che è stato il primo a introdurre il concetto di Empowerment nella psicologia di comunità, nel 1981): impegno nell’esercizio del controllo (capacità di influenzare i processi decisionali), della consapevolezza critica, dell’azione collettiva (processi di partecipazione che mobilitano risorse per il raggiungimento di obiettivi condivisi) e della mobilitazione di risorse.

Secondo Kiefer: acquisizioni individuali che riguardano il raggiungimento di competenze, di abilità politiche e di informazioni.

Le 3 tipologie principali sono: psicologico-individuale, organizzativo, di comunità.
Presupposti teorici:
  • si articola su più livelli.
  • non ha una costruzione evolutiva necessariamente lineare.
  • si colloca in relazione al contesto ed alla popolazione.
  • va oltre ai costrutti a cui viene normalmente paragonato.
La teoria della tecnica secondo vari autori:
  • Orford: costrutti per la definizione ed il cambiamento dei campi della persona (identità, status e sentimento di autostima), del sociale (valorizzazione del ruolo, possedere o sviluppare un senso di controllo, usufruire del sostegno sociale ed avere opportunità di vita future).
    Inoltre, le risorse del sociale possono intervenire a tre livelli diversi del sistema sociale: microlivello (sistemi di appartenenza), comunità locale (definita in senso geografico), cultura (norme e le strutture politiche, legali, socioculturali e religiose).
  • Rappaport: lo psicologo deve analizzare criticamente le narrative culturali dominanti, trasformando le storie di oppressione in gioia, dando un nuovo senso di comunità e di gioia per il futuro.
    Secondo questo autore, le narrative condivise caratterizzano una comunità.
  • Amerio: integrazione tra aspetti della psicologia clinica tradizionale e la dimensione politica e storica nel contesto sociale.
  • Martini e Sequi: modello di analisi della comunità locale che tiene conto sia delle variabili hard sia di quelle soft.
  • Francescano e Tomai: integrazione del modello paradigmatico, basato sulle teorie positiviste (utile per individuare gli elementi ripetitivi, le regolarità nelle transazioni) ed il modello narrativo, utilizzato da storici e biografi, raccontando la storia di un fenomeno nel suo contesto, nel quale i criteri di accettazione o no si basano sulla coerenza della storia (utile per produrre interpretazioni diverse della storia).
    Le strategie della psicologia di comunità dovrebbero quindi: incoraggiare interpretazioni pluralistiche di un problema, esaminare le sue origini storiche, promuovere progetti di empowerment, dar voce ad altre narrative minoritarie esistenti, identificare i punti forza, identificare quali problemi possono essere risolti a livello del gruppo coinvolto e quali devono essere risolti a livelli superiori.

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