venerdì 22 aprile 2016

Linguistica generale (7/7): La ricetta linguistica

Sotto un certo punto di vista, le parole possono essere considerate gli atomi del linguaggio, mentre sotto un altro punto di vista, lo sono i parametri, che in linguistica svolgono lo stesso ruolo degli atomi in chimica.

Si può pensare all'italiano come ad una ricetta o pensare all'italiano come esempi, e in un certo senso l'italiano è una procedura per creare frasi.
Quando diciamo che qualcuno sa l'italiano, non si intende che uno sa a memoria tutte le possibili frasi italiane, ma che sa usare la ricetta che gli consente di produrre tutte le frasi dell'italiano.
La Lingua-I è la lingua interna alla mente del parlante, dove I indica che si ha a che fare con una caratterizzazione intensionale del linguaggio.
La lingua-E è la lingua intesa come collezione di frasi, dove E indica che si ha a che fare con una caratterizzazione estensionale del linguaggio, che considera le lingue così come esistono all'esterno della mente del parlante.

Le ricette per parlare l'italiano ed il navajo sono molto simili, ma le piccole diversità di queste ricette portano a grosse differenze a livello parlato, quindi si può dire che l'italiano-I è molto simile al navajo-I, ma che l'italiano-E e il navajo-E sono diversissimi.
Quindi il problema dei traduttori giapponesi che tentavano di decifrare il navajo, è che essi cercavano di applicare le proprie regole, senza contare che i parametri della lingua giapponese sono combinati diversamente nel navajo, e quindi non è possibile avere traduzioni corrette, mentre nel caso dei bambini che crescono allevati dai navajo, questi invece conoscono le leggi di base e possono quindi applicarle.
Il parametro è quindi un punto di scelta nella ricetta generale di una lingua naturale, è un ingrediente che può essere aggiunto per produrre un certo tipo di lingua e tralasciato per produrne un altro tipo.
Le lingue-I sono dunque le ricette, mentre i parametri sono i pochi passaggi fondamentali con i quali si possono creare le differenze tra le lingue.
Quindi, le parole sono gli atomi delle lingue-E, mentre i parametri sono gli atomi delle lingue-I.

Ricapitolando il parametro del soggetto nullo: in alcune lingue ogni frase di modo finito deve avere un sintagma nominale soggetto esplicito, in altre no.
Questo tipo di parametro è dunque una parte elementare della ricetta per ottenere lingue particolari.
C'è poi il parametro che determina l'ordine fondamentale delle parole in ogni lingua, che è un chiaro esempio come le lingue possano apparire molto diverse in termini di lingua-E, ma molto simili come lingua-I.
L'ordine delle parole delle lingue naturali non è nè fissato rigidamente, nè varia in maniera del tutto libera, e questo tipo di variazione all'interno di vincoli strettamente definiti è il segno che c'è un parametro all'opera.

Le differenze tra italiano-I e giapponese-I sono poche (a differenza della lingua-E), si possono ridurre a non più di 7 diverse generalizzazioni, che possono tutte essere intese come istruzioni per costruire i sintagmi della lingua.
I sintagmi sono dei gruppi di parole adiacenti collegate semanticamente tra loro, e questo indica che la vera differenza tra il giapponese e l'italiano sta nel modo in cui le parole sono messe assieme quando formano i sintagmi.
I linguisti chiamano testa la parola che si combina ad un sintagma preesistente per andare a formare un sintagma più grande, ed il sintagma che si viene a formare riceve il suo nome dalla testa, cioè se si aggiunge un nome, si avrà un sintagma nominale, se si aggiunge un verbo, si avrà un sintagma verbale, ecc...
Da queste informazioni si può ricavare la nozione di parametro del posizionamento della testa, dove: la testa segue il sintagma quando si forma un sintagma più grande (nel giapponese, basco, ecc...), oppure la testa precede il sintagma quando si forma un sintagma più grande (in italiano, inglese, ecc...).
Le categorie come gli aggettivi, i nomi e i verbi, sono numericamente maggiori perchè contengono ognuna migliaia di parole, e vengono dette di classe aperta, mentre le categorie più piccole, vengono dette di classe chiusa, e sono semanticamente collegate alle corrispondenti categorie maggiori e si dice che le modificano.
Visto che le categorie minori sono singole parole e non sintagmi, esse sono come la testa del sintagma più grande che contribuiscono a formare.
In generale, gli ausiliari vengono prima (o dopo) del sintagma verbale a cui sono semanticamente collegati, inoltre, il verbo, il nome e l'aggettivo, possono formare sintagmi anche da soli, senza unirsi ad altre parole (es. cane, studiare).
Gli aggettivi possono inoltre combinarsi con i sintagmi preposizionali e con i sintagmi del complementatore per formare sintagmi aggettivali, mentre l'articolo invece, si compone con un gruppo nominale e ne definisce le caratteristiche di determinatezza, ed il parametro predice che l'articolo deve venire all'inizio del sintagma nominale (in italiano, inglese e edo).
Quindi, il parametro di posizionamento della testa esprime una regolarità nell'ordine delle parole, che viene ritrovata in modo sistematico nelle lingue.

Anche quando si compongono tra di loro 2 sintagmi, lingue che si comportano nello stesso modo per il posizionamento, possono lo stesso differire.
Quando si combinano 2 sintagmi e uno di essi è un sintagma nominale, il sintagma nominale viene per primo (in inglese, giapponese e italiano).
Si pensa quindi che esista il parametro che spieghi la posizione del soggetto, detto parametro del posizionamento del soggetto.

L'unica differenza nella ricetta dell'italiano e del giapponese, sta nel lato in cui viene posizionata la parola che si combina col sintagma, una piccola differenza che però ha un enorme impatto sulla lingua-E, perchè in ciascuna delle 2 lingue la versione della regola che le differenzia, viene applicata ripetutamente nella costruzione delle frasi.
Quindi, l'ordine delle parole tra l'italiano ed il giapponese è molto diverso, ma il disegno di fondo della frase è lo stesso.

Un parametro sintattico è una regola per la formazione della frase che vale in una lingua ma non in un'altra, oppure si può pensare che esso sia una regola che esiste in 2 versioni differenti, ed ogni lingua sceglie la versione che preferisce.
Secondo Prince e Smolensky, le stesse regole sono operative in tutte le lingue, e se fosse così le lingue non si differenzierebbero per le regole possedute, ma per le proprietà assegnate alle regole stesse.
La differenza tra l'italiano e il giapponese sta nella scelta della regola alla quale obbedire, nell'edo però ad esempio, una frase può non obbedire ciecamente alla regola, e c'è piuttosto un barcamenamento della lingua per soddisfare i requisiti della regola che creano conflitto (teoria dell'ottimalità).
La teoria dell'ottimalità predice ad esempio che, in una situazione dove la regola dice che la testa dovrebbe venire prima ma non può essere seguita, allora si attiva la regola che dice che la testa viene dopo, mentre la teoria parametrica classica non da spazio a queste varianti.
Dato che ci sono alcune lingue con queste eccezioni alla regola, la teoria dell'ottimalità è diventata per molti linguisti un punto di riferimento.
Un'altra variante della teoria parametrica sostiene che le chiavi d'accesso dei parametri sono nelle proprietà di base di certe parole, quindi in base a questa teoria, la proprietà posizionale dei parametri viene acquisita contemporaneamente all'acquisizione del modo in cui i due complementatori si pronunciano.

La divisione principale tra linguisti è quella tra formalisti e funzionalisti.
I formalisti cercano le spiegazioni interne, ovvero le spiegazioni che riconducono una caratteristica di una lingua ad un'altra lingua, come ad esempio la spiegazione delle differenze tra ordine delle parole in giapponese e in italiano.
I funzionalisti invece prediligono spiegazioni esterne, dove le caratteristiche di una lingua sono spiegate in termini di altri aspetti della cognizione umana che non hanno necessariamente a che fare con il linguaggio.
I funzionalisti non amano parlare di regole astratte e generali, ma piuttosto tendono a spiegare il funzionamento del linguaggio sulla base del sistema cognitivo umano ("questa regola funziona così perchè il sistema cognitivo è fatto così"), e tendono inoltre a spiegare i parametri in termini storici ("in molte lingue dell'Africa, le preposizioni si sono evolute a partire dai verbi"), e a ragionare in termini evolutivi ("l'ordine delle parole generale è stato trasportato da un ambito ad un altro nell'evoluzione della lingua").
I funzionalisti tendono a pensare che le differenze tra le lingue siano su una linea continua, mentre i formalisti pensano che le lingue siano raggruppabili in gruppi discreti.

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