giovedì 3 settembre 2015

Psicologia generale I (13/27): La motivazione

Motivazione significa mettere in moto, e in psicologia, il termine motivazione rappresenta l'insieme dei fattori che causano il comportamento dell'individuo in un determinato momento.

Lo stato motivazionale o pulsione è una condizione interiore che cambia nel tempo in maniera reversibile e che indirizza l'individuo verso la realizzazione di scopi specifici.
Il comportamento motivato è diretto verso incentivi detti anche rinforzi, ricompense o scopi.
Le pulsioni e gli incentivi si complementano e si rafforzano a vicenda nel controllo del comportamento.

Il fisiologo Walter B. Cannon sostiene che, perchè la vita continui, certe sostanze devono mantenersi all'interno di uno stretto intervallo di valori.
L'omeostasi è la costanza delle condizioni interne, che il corpo deve mantenere attivamente.
Canon ipotizzò che alcune pulsioni alterino l'equilibrio omeostatico, e che questo faccia partire dei comportamenti che cercano di ristabilirlo.
Gli individui si comportano coerentemente con i propri bisogni metabolici, come nel caso di un bambino, che a causa di un problema del suo organismo, aveva una grossa perdita di sale, perdita che sentiva il bisogno di reintegrare mangiando sale.

Le pulsioni si dividono in due gruppi: pulsione regolativa è quella pulsione che contribuisce al mantenimento dell'omeostasi (ad esempio la fame), pulsione non regolativa quella pulsione che è funzionale a qualche altro scopo (ad esempio il sesso).

Secondo l'approccio fisiologico dello studio delle pulsioni, queste sono considerate stati del cervello: la teoria degli stati pulsionali centrali, pulsioni diverse dipendono dall'attività di gruppi diversi di neuroni cerebrali.
L'insieme dei neuroni che controllano una determinata pulsione viene detto sistema pulsionale centrale.
La fame e la sessualità si pensa siano controllate da cirtuiti neurali diversi, data la loro diversità, ma si pensa anche che condividano alcuni componenti.
I neuroni del sistema pulsionale centrale devono poter ricevere tutti gli input ed essere in grado di elabolarli in modo da intensificare o attenuare lo stato pulsionale.
Un sistema centrale di pulsione deve poter interagire con tutti i processi neurali coinvolti nell'attuazione del comportamento motivato.
Si ipotizza che l'ipotalamo sia il fulcro di molti sistemi pulsionali centrali.

I neuroni compresi in uno stesso nucleo, o in un ostesso tratto, tendono ad avere funzioni simili.
I ricercatori danneggiano o stimolano alcuni nuclei o tratti per identificare le funzioni dei neuroni in questione.
In un esperimento si creò una lesione bilaterale (ovvero nell'emisfero destro e sinistro dell'ipotalamo, perchè si presuppone che in generale le due metà assolvano funzioni identiche) di un ratto tramite scariche elettriche, emesse con un elettrodo impiantato da uno strumento stereotassico.
A seconda dell'entità della scossa, si possono attivare aree cereblari o distruggerle.
Un altro tipo di modificazione è quella del knockout genetico che consiste nel mettere fuori uso alcuni geni specifici.
Durante l'esperimento si scoprì che la lesione o la stimolazione di alcune aree dell'ipotalamo, alterano considerevolmente il meccanismo della fame.
Due aree in particolare controllano questo meccanismo: l'area laterale che promuove la fame e la ricerca del cibo, e l'area ventromediale che promuove la sazietà.
Con ad esempio la lesione dell'area laterale, il ratto perde la voglia di mangiare, ma anche quella di accoppiarsi e di fare altre cose. Questi ulteriori effetti collaterali, si è scoperto avvengano perchè la loro gestione non risiede nell'ipotalamo, ma probabilmente condividano però alcune tratte dell'ipotalamo danneggiato, come delle specie di ponti.

Il più grande stimolatore dell'appetito fino ad ora scoperto è il neurotrasmettitore ad azione lenta chiamato neuropeptide Y.
Alcuni neuroni sembrano funzionare in relazione di alcuni cibi, se ad esempio si mangia in sazietà patatine, si può avere cmq ancora fame di noccioline (scoperto da Rolls).

Lesioni all'area ventromediale provocano l'iperattività dei neuroni parasimpatici, facendo aumentare la velocità della digestione e la fame, inibendo il senso della sazietà e portando ad un'inevitabile aumento di peso.

Il sistema nervoso centrale risponde ad una vasta gamma di segnali, che combinati controllano la fame.
Alcuni segnali di sazietà vengono inviati dallo stomaco e dall'intestino con la colecistochinina, una sostanza chimica che attiva i neuroni che fan cessare lo stimolo della fame.
Altri segnali indicano la quantità di sostanze nutritive circolanti nel sangue.

topi obesi
C'è un ormone che indica la quantità di grasso corporea, la leptina che serve ad inibire la l'attivazione di neuropeptide Y, ovvero la leptina si attiva quando c'è sufficiente grasso nel corpo.
Ci sono poi segnali che indicano la presenza di cibo nell'ambiente, come il profumo, o anche segnali visivi che indicano l'ora in cui si mangia (abitudina a mangiare ad una certa ora = attivazione automatica della fame).
Chi è abituato a mangiare ad una certa ora, inzia a sercernere gli ormoni e i neurotrasmettitori necessari alla regolazione dell'appetito.

La selezione naturale ci ha fornito i geni per difenderci dalla diminuizione di peso (come procurarci il cibo), ma nessun gene (almeno per ora) su come difenderci dall'eccessivo aumento di peso.
Ne consegue che l'eccessiva presenza di cibo e dolci fanno attivare i meccanismi della fame anche quando non servirebbe, e l'organismo tende più facilmente ad ingrassare anche in assenza di lesioni specifiche.
Tuttavia, si può affermare che le differenze di peso dipendono dal modo in cui i singoli individui rispondono a questi stimoli, e quindi che si può determinare se una persona diventerà obesa, analizzando i suoi geni.

Una volta che si è ingrassati, è molto difficile dimagrire con una dieta.
Quando si ingrassa le cellule adipose aumentano di dimensione e di numero, quando si fa la dieta, la dimensione delle cellule adipose torna normale, ma il loro numero non cambia, per questo il peso non cala del tutto.
Per una buona dieta occorre evitare i grassi e fare molto sport, in modo da bruciare subito le calorie e da sviluppare i muscoli al posto del grasso, che consumano molte più calorie.
Un altro consiglio è quello di non cercare di perdere peso in fretta, e di mangiare cibi diversi dal solito.



La pulsione sessuale


La pulsione sessuale è una pulsione non regolativa.
In diverse specie di mammiferi l'accopiamento è un atto stereotipato, dove entrambi i sessi assumono posture e movenze tipiche e diverse tra di loro.
Anche le ghiandole surrenali producono ormoni sessuali, il principale nella specie umana è il diidroepiandrosterone (abbreviato DHEA), un ormone androgeno (maschile).
Sembra che il DHEA sia l'ormone responsabile della comparsa dell'attrazione sessuale (verso i 10 anni di età).

Per il mantenimento della pulsione sessuale dei maschi è fondamentale l'ormone testosterone, che può ristabilire una pulsione anche ad un individuo castrato.
Anche impiantando un cristallo di testosterone nell'area preottica mediale dell'ipotalamo si riottiene la pulsione sessuale.
La carenza di testosterone provoca la carenza del desiderio/pulsione, ma meno sull'aspetto meccanico del comportamento sessuale.

Nelle donne il ciclo ormonale controlla l'ovulazione (estrogeni e progesterone), e l'esportazione degli ovari elimina la pulsione, mentre l'iniezione di ormoni la ristabilisce.
Nei ratti femmina è l'area ventromediale a svolgere un ruolo fondamentale nel comportamento sessuale.
E' cmq ancora in discussione se la pulsione sessuale della donna sia influenzata dal ciclo ormonale.
Il testosterone aumenta la pulsione sessuale anche per le donne.

Studiando il Suncus murinus (un roditore) si è infierito che probabilmente il sistema centrale che controllava la pulsione dei primi mammiferi era identico sia per i maschi che per le femmine.

A livello celebrale, le secrezioni di testosterone agiscono nei maschi (di norma) promuovendo lo sviluppo dei sistemi neurali coinvolti nella pulsione sessuale maschile e inibendo quelli per la femminile, e viceversa per le donne.
Alterando artificialmente i livelli ormonali al momento opportuno, è possibile ottenere il comportamento maschile o femminile.
E' stato dimostrato che per gli animali, l'eccessivo stress durante in un periodo di avanzato stato di gravidanza può influenzare il comportamento sessuale della prole.
Questo perchè in risposta allo stress, sembra siano emesse sostanze in grado di inibire la secrezione di testosterone per i feti.
Queste scoperte non sono state dimostrate anche per gli uomini, per cui non si è certi che l'omosessualità dipenda in parte o totalmente da questi fattori.
Ciò che è certo è che l'orientamento sessuale è qualcosa di innato, che non si può cambiare col proprio volere.
Altre ipotesi sull'omosessualità sono legate alla diversità di un nucleo dell'ipotalamo di alcuni omosessuali esaminati, allo stress prenatale, all'assunzione di certi farmaci sempre in quel periodo, ad un numero troppo esiguo od elevato di androgeni.



Ricompensa e pulsioni


Anche provare piacere può promuovere comportamenti positivi o negativi per l'organismo.
Mangiare provoca piacere, ed è un bene per l'organismo, assumere cocaina provoca piacere ma è un male per l'organismo.

Alcuni esperimenti su dei ratti hanno dimostrato che una scarica elettrica in una derminata area del cervello può far provare loro piacere, e che loro poi siano indotti a provare ancora piacere (ad esempio continuando a premere la leva che genera la scarica).
Questo esperimento è stato provato anche su umani, che agivano come i ratti, ma non avevano cmq difficoltà a smettere quando volevano.
La dopopamina (neurotrasmettitore) va a stimolare il nucleus accumbens, il probabile responsabile dello stimolo del piacere.
Se si inibisce o distrugge il nucleus accumbens, la droga non suscita più nessun piacere.

Un altro esempio di ricompensa, è quella del gusto del mangiare, che sembra essere ridotto quando si è al completo grazie alla secrezione di leptina.
In linea di massima, si prova più piacere a mangiare quando si è affamati.

La sostanza dopammina bloccante agisce non eliminando la pulsione della fame, ma l'effetto ricompensa che deriva quando si mangia per la fame.

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