sabato 9 gennaio 2016

Psicologia sociale (15/28): Gli atteggiamenti

I valori sociali sono costituiti da ogni oggetto che ha un significato in connessione con determinate azioni dell'individuo.
Gli atteggiamenti sono i processi della coscienza individuale che determinano l'azione.
(Thomas e Znaniecki, 1918).

Secondo Secord e Backman:  gli atteggiamenti vengono concepiti come relativi ad un singolo oggetto anche se questo è astratto. I sistemi di valori sono invece orientati verso intere classi di oggetti, e gli atteggiamenti individuali sono spesso organizzati entro un sistema di valori.

Secondo Eagly e Chaiken: l'atteggiamento è una tendenza psicologica espressa attraverso la valutazione di una particolare entità con qualche genere di favore o sfavore.

Lo studio dell'atteggiamento è quindi importante per poter spiegare il comportamento umano, così alcuni cercarono di misurarlo.
Grazie allo studio degli atteggiamenti la psicologia sociale poteva diventare una vera e propria disciplina, ma a causa di questo motivo, molti cercarono di spiegare gli atteggiamenti e vennero fuori troppe definizioni (più di 500) spesso in contraddizione tra loro.
Questi risultati portarono ad uno scetticismo generale verso lo studio degli atteggiamenti, fino a che non arrivarono gli studiosi della social cognition che definirono l'atteggiamento come una struttura cognitiva.

Gordon Allport (1935) definì l'atteggiamento come uno stato mentale o neurologico di prontezza organizzata attraverso l'esperienza, che esercita un'influenza direttiva o dinamica sulla risposta dell'individuo nei confronti di ogni oggetto e situazione con cui entra in relazione.
E' una definizione piuttosto generale che afferma che l'atteggiamento è una variabile interveniente tra stimolo e risposta.

Il modello tripartito di Rosenberg e Hovland (1960) sostiene che gli atteggiamenti sono un costrutto psicologico costituito da 3 componenti di natura diversa:

  1. Componente cognitiva: riguarda le informazioni e le credenze che gli individui possiedono a proposito dell'oggetto.
  2. Componente affettiva: riguarda la reazione emotiva che l'oggetto suscita.
  3. Componente comportamentale: è la risposta che comprende le azioni di avvicinamento o evitamento rispetto all'oggetto.
La componente più studiata è quella affettiva che viene valutata in termini di posizione personale su un continuum da un massimo a favore a un massimo a sfavore verso l'oggetto.

Nell'ottica della social cognition si tende a considerare l'atteggiamento come  una struttura cognitiva costituita dall'associazione in memoria fra la rappresentazione dell'oggetto e la sua valutazione, ed è caratterizzata da disponibilità (presenza nella memoria delle informazioni) e accessibilità (tempo e sforzo necessario per il recupero delle informazioni).
Se una persona ha sviluppato in passato  qualche forma di rappresentazione dell'oggetto, si può dire che l'atteggiamento è disponibile, se l'associazione tra la rappresentazione dell'oggetto e l'aspetto valutativo è forte, si può dire che l'atteggiamento è altamente accessibile.
Con questo modello si introduce il parametro della forza dell'associazione tra oggetto e valutazione, che è un fattore importante, è il grado di sicurezza in base al quale l'azione si compie o meno.
Il tempo di latenza è il tempo che occorre all'individuo per formulare la sua valutazione nel momento in cui gli appare lo stimolo, e serve per calcolare la forza dell'associazione.
La formulazione online si ha quando la forza è debole e l'individuo non riesce a recuperare l'associazione, ma la riformula nel momento stesso.

La forza dell'associazione tra i nodi che compongono la struttura dell'atteggiamento è strettamente connessa con il modo in cui si formano gli atteggiamenti e con le esperienze ripetute con l'oggetto.

Gli atteggiamenti si formano principalmente in 3 modi:
  1. esperienza diretta (ho vissuto)
  2. osservazione dell'esperienza altrui (ho visto)
  3. comunicazione (qualcuno mi ha detto)
L'associazione più forte si ha con l'esperienza diretta, che può rendere l'associazione automatica alla sola vista dell'oggetto (atteggiamento memory-based).
La forza è minore se c'è stata osservazione e ancor meno con la comunicazione, in questi casi può avvenire un atteggiamento formulato online che per la sua natura temporanea è anche meno modificabile.

L'effetto di mera esposizione si ha quando si formano atteggiamenti al solo presentarsi di una esperienza diretta ripetuta, all'aumentare della frequenza di esposizione ad uno stimolo, corrisponde la formazione di un atteggiamento positivo.
Tanto più le persone osservano lo stimolo, tanto più lo reputano piacevole, al contrario, la prima reazione ad uno stimolo nuovo è l'evitamento.

Come si misurano gli atteggiamenti
Le prime scale pensate per misuragli atteggiamenti furono quelle di Thurstone e Chave (1929) che però erano lunghe da preparare.
Nacquero così la scala Likert (1932) e la scala del differenziale semantico di Osgood, Suci e Tannenbaum (1957).
La scala Likert usa una serie di item che coprono gli aspetti rilevanti dell'area semantica relativa all'oggetto da studiare, con dei valori che vanno da 7 a 1, da pienamente d'accordo a totale disaccordo.
La scala del differenziale semantico è costituita da un insieme di coppie di aggettivi bipolari separati solitamente da 7 spazi che rappresentano una gradazione dall'uno all'altro (es: buono -  - - - - - - cattivo, bello - - - - - - - brutto).
I risultati mostrarono che coppie di aggettivi si raggruppano con una certa sistematicità in 3 fattori principali, valutazione, potenza, attività, dove il fattore valutazione (buono/brutto, piacevole/spiacevole) era quello che più rappresentava l'idea dell'atteggiamento.
Il difetto delle scale di misurazione è che possono anche raccogliere dati di desiderabilità e non di realtà, per questo motivo a volte gli studiosi utilizzano tecniche di misurazioni delle reazioni fisiologiche, come la risposta elettrogalvanica della pelle (la capacità della pelle di condurre elettricità, quando una persona è posta davanti ad un oggetto di particolare rilevanza), l'attività dei muscoli del viso (quando una persona è esposto ad un opinione simile alla propria i muscoli del viso hanno una maggiore attività).
Questi metodi sembrano funzionare ma richiedono la collaborazione del soggetto (che deve permettere che gli vengano attaccati apparecchiature), così si è iniziato a tener conto del tempo di risposta: la velocità di risposta indica un'alta accessibilità e un forte coinvolgimento verso la tematica dell'oggetto.

Previsione del comportamento con l'atteggiamento
Non sempre conoscere le persone serve a prevedere i loro atteggiamenti perchè a volte le persone si comportano in modo del tutto indipendente da come la pensano.
Fishbein e Ajzen affermano con la loro teoria dell'azione ragionata, che gli atteggiamenti fossero causali insieme ad altri fattori cruciali, in un'ottica di non mettere in discussione la razionalità dell'agire umano.
Ad esempio una persona può essere d'accordo sul fatto che l'auto provoca inquinamento, ma può continuare ad usarla perchè è comoda.
Secondo questi studiosi, i comportamenti sono il frutto delle intenzione di metterli in atto.
L'intenzione è il prodotto delle credenze che l'individuo ha verso le conseguenze del comportamento, associate alla valutazione che da di queste conseguenze.
Anche l'ambiente sociale ha un ruolo negli atteggiamenti, con le sue norme condivise.
Se ad esempio i gruppi di riferimento (famiglia, amici...) si aspettano che l'individuo si comporti da furbo, questo normalmente agirà di conseguenza, nonostante le norme condivise generali siano diverse.
Ci sono state diverse critiche verso questo modello: i comportamenti non sono sempre controllabili e le elaborazioni da fare sono forse troppo impegnative per l'individuo.
Secondo Fazio solo quando l'associazione è debole si utilizzano i ragionamenti di questo modello, quando invece l'associazione è forte l'attivazione dell'atteggiamento è automatica.
Ad esempio se decidiamo di infrangere la legge perchè ci è comodo agire in un determinato modo, se troviamo la cosa conveniente, le volte dopo ci pensiamo meno e agiamo per abitudine.

Il cambiamento degli atteggiamenti
Un metodo per il cambio degli atteggiamenti si ha con la comunicazione persuasiva.
Un processo di natura motivazionale  che porta al cambiamento degli atteggiamenti è quello individuato da Festinger con la sua teoria della dissonanza cognitiva.
Ci fu anche una ricerca fatta da Carl Hovland nella università di Yale per valutare l'efficacia della campagne persuasive verso la decisione di entrare in guerra degli USA.
Questa ricerca in 20 anni portò un ricco patrimonio di evidenze empiriche, e anche se continuò per 40 anni, non riuscì a formulare nessuna teoria generale sul processo.
Agli inizi degli anni 80 vennero pubblicate 2 proposte teoriche, due modelli a due percorsi:
  1. Il modello della probabilità di elaborazione (ELM) di Petty e Cacioppo (1981-86):
    prevede che il cambiamento di atteggiamento che può derivare dalla esposizione ad un messaggio persuasivo è l'esito di due possibili processi: il percorso centrale e il percorso periferico.
    Il percorso centrale è un processo di elaborazione attenta e di riflessione accurata sulle argomentazioni e sulle informazioni contenute nel messaggio persuasivo.
    Questo processo richiede una certa quantità di risorse cognitive per la focalizzazione dell'attenzione, comprensione degli argomenti, ecc...
    Il percorso periferico fa riferimento ad un processo basato su elementi che non hanno direttamente a che vedere con l'argomentazioni utilizzate per sostenere una data posizione, quanto piuttosto il modo in cui sono presentate (la musica nella pubblicità, la grafica, ecc... sono detti indici periferici).
    I 2 fattori chiave che determinano la probabilità che si arrivi alla conclusione dopo aver vagliato le informazioni in gioco, sono la motivazione e l'abilità cognitiva.
    La motivazione fa riferimento alla rilevanza del tema del messaggio persuasivo ricopre per il soggetto in relazione agli scopi che egli si prefigge di raggiungere (se voglio comprare una tv, sono portato a stare attento alle informazioni tecniche).
    L'abilità cognitiva si riferisce, alle caratteristiche dell'individuo come il livello d'intelligenza, le competenze tecniche necessarie, insomma tutti quei prerequisiti necessari per la comprensione del messaggio.
    Quando il soggetto non è motivato o non è in grado di comprendere il messaggio, entra in gioco il percorso periferico, altrimenti entra in gioco il percorso centrale.
    Nel primo caso sono importanti gli indici periferici (musica, bellezza del messaggio), nel secondo la qualità dell'argomentazione.
    Ci sono 3 tipi di variabili nel messaggio: rilevanza personale, qualità delle argomentazioni, livello di expertise della fonte.
    Quando la rilevanza personale è alta si da poco rilevanza al livello di expertise della fonte (fonte autorevole o preparata), viceversa questa diventa un fattore importante.
    I cambiamenti dovuti al percorso centrale sono più duraturi, hanno maggiore capacità predittiva e sono più resistenti alla contropersuasione.
  2. Il modello euristico-sistematico di Eagly e Chaiken (1980-84):
    Questo modello prevede due processi: il primo è quello sistematico, che coincide con l'elaborazione approfondita dei contenuti informativi del messaggio (come nel percorso centrale di Petty), il secondo procello è quello euristico che consiste nel raggiungimento di una opinione finale usando l'euristica, del tipo se un prodotto costa molto, allora è buono.
    Questa è una strategia di risparmio energetico che si basa su le passate esperienze positive (di solito i prodotti costosi sono buoni).
    Anche in questo modello la motivazione e le capacità cognitive sono fondamentali, inoltre le 2 modalità non si escludono a vicenda, se l'euristica porta da una parte e il sistematico da un altra, si avrà un risultato attenuato.
C'è poi un modello unimodale proposto da Kruglanski e i suoi colleghi (1999-2000) che sostengono che il cambiamento degli atteggiamenti è l'esito di un processo che risponde alle stesse regole di qualsiasi altro processo di formazione dei giudizi.
Consiste dunque nella verifica delle ipotesi e nella generazione di inferenze a partire da informazioni che la persona percepisce come rilevanti.
Queste operazioni vengono fatte attraverso il ragionamento sillogistico (se... allora).
Le evidenze rilevanti sono costiuite da credenze pertinenti al giudizio che si deve formulare e che il soggetto ha già nella memoria ed è in grado di attivare, e dai segnali che può ricavare dalla comunicazione persuasiva.
Secondo questo modello non c'è differenza tra segnale di tipo centrale o periferico, ciò che varia è l'estensione del processo, cioè la durata della verifica di ipotesi successive prima di giungere ad una conclusione soddisfacente.
Questa durata dipende dalla motivazione personale e dall'abilità cognitiva.
L'abilità cognitiva è riconosciuta in software e hardware.
Il software è la disponibilità e l'accessibilità in memoria delle informazioni rilevanti, delle credenze preesistenti, l'hardware riguarda l'allerta, l'energia cognitiva disponibile, e solo questo aspetto influenza la durata dell'elaborazione.
Secondo questo modello è possibile individuare diverse motivazioni specifiche.
In questo modello conta la fonte del messaggio e l'elaborazione approfondita si applica solo alle informazioni che il soggetto reputa pertinenti rispetto al giudizio che deve formulare.

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