martedì 10 maggio 2016

Grindhouse - A prova di morte

Grindhouse - A prova di morte è un film azione del 2007 diretto da Quentin Tarantino, con Kurt Russell, Rosario Dawson, Vanessa Ferlito, Jordan Ladd, Rose McGowan, Sydney Tamiia Poitier, Tracie Thoms, Mary Elizabeth Winstead, Zoë Bell.

Grindhouse - A prova di morte
Trama
Stuntman Mike è un Stuntman in pensione con l'insolito hobby di uccidere giovani ragazze con la propria automobile.
La carriera del serial killer Stuntman subirà una brusca ridimensionata, quando sulla sua strada incontrerà la dj Jungle Julia e le sue amiche.

Recensione
Secondo il mio modestissimo parere, Grindhouse - A prova di morte, è forse il peggior film di Quentin Tarantino, quasi una macchia sulla sua splendente carriera da regista.
Ci stanno i film volgari, Tarantino non è mai andato nel sottile, ci stanno i film splatter, ci stanno i film violenti, non sarebbe il suo primo film del genere, tuttavia questa pellicola, per quanto forse scimmiotti qualche vecchio film che io ignoro, non mi è piaciuta particolarmente.

Degustibus :)

Link alla scheda del film su wikipedia

lunedì 9 maggio 2016

Come installare phpMyAdmin

Conosci phpMyAdmin?
PhpMyAdmin è un tool web per la gestione dei database mysql.
Grazie a phpMyAdmin è infatti possibile creare database, modificare tabelle, dare i permessi agli utenti e tanto altro ancora, il tutto tramite una comoda interfaccia web.

Quindi come si fa per installare phpMyAdmin?
Semplice, collegati a questo sito:
https://www.phpmyadmin.net

Clicca su Download 4.6.1 (o la versione di phpMyAdmin che ci sarà online quando guarderai questa guida :)).

Come scaricare phpMyAdmin

Scarica il file zippato ed estrai il suo contenuto all'interno della cartella dove sono tutti i tuoi siti php.
Ad esempio, nel mio caso che ho easyphp, il percorso è il seguente:
C:\Program Files (x86)\EasyPHP-Devserver-16.1\eds-www

Per comodità puoi rinominare la cartella di phpmyadmin da phpMyAdmin-4.6.1-all-languages in phpmyadmin, e quindi avere un url finale tipo questo:
C:\Program Files (x86)\EasyPHP-Devserver-16.1\eds-www\phpmyadmin

Ora, dopo aver avviato il server http ed il database mysql, collegati alla pagina di phpmyadmin tramite web.
Nel mio caso ad esempio, l'indirizzo è:
http://127.0.0.1/phpmyadmin/

Si aprirà la pagina di login, inserisci i tuoi dati di amministratore al database mysql e clicca su Esegui per entrare dentro phpMyAdmin e poter così gestire i tuoi database mysql.

Come installare phpMyAdmin

Attezione!
Se hai già installato easyphp  sul tuo computer, hai già anche phpMyAdmin, e quindi non hai bisogno di eseguire questa installazione.
Per usare il phpMyAdmin del tuo easyphp, basta che vai nella dashboard di easyphp, poi avvia il webserver ed il database mysql.
Ora, torna nella home page di easyphp:
http://127.0.0.1:1111/
E nella sezione Modules, alla voce MySQL Administration, clicca su Open.


Come installare phpMyAdmin easyphp

Il link al tuo phpmyadmin by easyphp sarà una cosa del genere:
http://127.0.0.1/eds-modules/phpmyadmin4531x160309201100/

Buone query :)


Altre guide utili su phpMyAdmin:
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Psicologia fisiologica (5/13): Selezione e orientamento spaziale dell'attenzione

L'attenzione è un meccanismo cerebrale cognitivo che permette di elaborare gli input, i pensieri o le azioni rilevanti, e allo stesso tempo consente di ignorare quelli irrilevanti (attenzione selettiva).
E' possibile dividere l'attenzione in 2 categorie: l'attenzione volontaria (endogena) e l'attenzione automatica (esogena).

Uno dei primi studi sull'attenzione fù fatto dallo psicologo William James, che colse il carattere introspettivo dell'attenzione, fù il primo a mettere in evidenza gli aspetti volontari dell'attenzione, e a segnalare i limiti dell'attenzione (non troppe cose per volta).
Anche Helmholz studiò l'attenzione, prendendo in esame l'attenzione nascosta (covert), il fenomeno per cui il punto del campo visivo su cui si fissa lo sguardo può essere diverso dal punto su cui si scegli di focalizzare l'attenzione.

La sindrome di Balint è quel deficit in cui il paziente può vedere solo un oggetto per volta, deficit che coinvolge l'attenzione.
L'attenzione comprende processi volontari (top-down) e processi automatici (bottom-up).
L'arousal è lo stato globale di attivazione, e l'EEG è un chiaro indicatore di vigilanza o di sonno, inoltre i componenti attentivi hanno un'organizzazione gerarchica, dove al livello più generale ci sono stati globali come la veglia e il sonno, poi ci sono diversi stadi intermedi come la sonnolenza, l'allerta, l'iperallerta.

Cherry studiò l'effetto cocktail party, dove in un ambiente rumoroso si riesce a prestare ascolto ad uno stimolo sonoro preciso (attenzione selettiva uditiva).
Cherry usò l'ascolto dicotico (2 suoni diversi, uno per cuffia) e la tecnica di shadowing (la ripetizione di ogni parola appena questa viene udita), dimostrando che la focalizzazione di attenzione su un solo orecchio può portare ad una maggiore prestazione nell'ascolto con quell'orecchio, e a far non ascoltare le parole udite dall'altro orecchio.

Lo psicologo inglese Broadbent ha introdotto il concetto di sistema per l'elaborazione delle informazioni, descritto come un canale dalla capacità limitata, dove avviene una selezione delle informazioni che vengono elaborate fino in fondo, in modo che solo gli eventi più importanti riescono a passare dal filtro.
L'intrusione degli stimoli ignorati, si ha quando stimoli particolarmente importanti richiamano l'attenzione nonostante si stia prestando attenzione altrove, come nel caso dell'ascolto dicotico, dove parole rilevanti come il nome di chi ascolta, anche se sono presentate nell'orecchio ignorato, riescono ad attirare l'attenzione del soggetto, e per questo motivo diversi studiosi hanno iniziato a credere che l'elaborazione dell'informazione avvenga cmq fino ad un certo punto (e che quindi lo stimolo non venga scartato senza essere elaborato almeno in parte).

Secondo l'ipotesi dell'attenzione precoce, lo stimolo recepito non riceve un'analisi percettiva completa, non si arriva alla codifica semantica (del significato) e categoriale, prima che esso venga selezionato o respinto.
La selezione avverrebbe addirittura prima dell'analisi del colore, della forma..., e questo tipo di attenzione sarebbe in grado di alterare le nostre percezioni.
L'ipotesi dell'attenzione tardiva invece, afferma che tutti gli input sono elaborati fino allo stadio di codifica ed analisi semantica, e che quindi i processi dell'attenzione non influenzano le nostre percezioni degli stimoli.

La Treisman ipotizzò che l'informazione del canale ignorato non venisse completamente esclusa da successive elaborazioni, ma solo attenuata o degradata, e anche Broadbent era d'accordo nel dire che questa informazione passasse il filtro in forma ridotta.
La capacità limitata dell'attenzione è dimostrata dal fatto che un sovraccarico di stimoli influenza negativamente le prestazioni, e quando tutte le informazioni non riescono ad essere elaborate, si crea un collo di bottiglia, dove non tutti gli input riescono a passare.

L'attenzione viene studiata tramite compiti con stimoli-bersagli, distrattori, studio dei tempi di reazione.
Ad esempio è stato dimostrato che i tempi di reazione a lettere-bersaglio sono più lunghi quando i distrattori sono incongruenti, rispetto a quando sono congruenti o neutri (compiti di interferenza).
L'attenzione spaziale è l'atto di dirigere l'attenzione verso uno o più locazioni, ignorandone delle altre.
L'attenzione può essere manipolata tramite un segnale (cue) che appare prima di ogni presentazione del bersaglio (stimolo facilitatorio nei compiti di cuing).
Le prove valide sono quelle con stimoli facilitatori, che implicano l'orientamento volontario verso lo stimolo, le prove invalide invece sono quelle dove lo stimolo si presenta in una posizione diversa da dove poi effettivamente appare il target (dove il tempo che passa tra la presentazione del segnale e quella del bersaglio, in queste prove va da 200ms a 1 secondo).
Se il bersaglio appare dove il soggetto se lo aspetta, la prova è più veloce, e viceversa, e secondo Posner, quando il soggetto fa attenzione ad una determinata zona, possono aver luogo cambiamenti dell'elaborazione percettiva (ipotesi dell'attenzione precoce).
L'orientamento automatico, è quella che porta ad orientarsi verso lo stimolo sensoriale, e nelle prove di questo tipo di attenzione si usa il cuing esogeno, dove se il tempo intercorso tra la presentazione dello stimolo e l'apparizione del target è >300ms, si ha l'inibizione di ritorno, dove le risposte sono più lente perchè il punto dove si stava prestando attenzione perchè c'era lo stimolo, viene inibito.
Questa inibizione è cmq importante perchè se gli eventi che richiamano l'attenzione ci distraessero per troppo tempo, saremmo in pericolo, e cmq se vogliamo mantenere lo stesso l'attenzione, possiamo usare quella volontaria.

La Treisman ha studiato gli effetti dei pop-out, dove gli stimoli balzano agli occhi, e in queste condizioni i tempi di reazioni rimangono immutati anche aumentando il numero dei distrattori.
I pop-out dimostrano che c'è un meccanismo preattentivo, processo che dipende da analisi percettive che segnalano la diversità nella scena visiva, inoltre, se il bersaglio ha una combinazione di caratteristiche condivise con i distrattori, i tempi di reazione aumentano, e questo dimostra che gli item sono esaminati in serie, uno per volta, facendo una ricerca che si ferma solo quando il bersaglio viene localizzato, ed è stato dimostrato che questi tempi più lunghi non dipendono dai movimenti oculari da fare (dimostrato con compiti che non fan muovere gli occhi).
Wolfe ha dimostrato che la ricerca con attenzione volontaria è più lenta di quella automatica, quindi i processi automatici sono più veloci di quelli volontari riguardo l'orientamento dell'attenzione.
Wolfe ha coniato il termine ricerca guidata, ed ha affermato che l'attenzione rifiuta i distrattori con caratteristiche irrilevanti.


Sistemi neurali dell'attenzione e della percezione selettiva


Per descrivere i meccanismi neurali sottostanti alla selezione dell'attenzione, si usa la registrazione di attività elettrica e magnetica del cervello e le tecniche di neuroimmagine.
E' cmq difficile capire da quale regione cerebrale provengono i segnali, così si usano più metodi contemporaneamente (PET, fMRI,...), in modo da riuscire a localizzare i segnali nella posizione e nel tempo.
Hernandez-Peon cercò di determinare il fenomeno del cocktail party, studiando i gatti con esperimenti dove questi animali prestavano attenzione a dei suoni, trovando attivazioni del nucleo cocleare e del nervo acustico, che però poi si scoprì che erano stati attivati dal diverso orientamento (overt) delle orecchie.
I ricercatori sono riusciti cmq a dimostrare che le onde cerebrali (ERP) evocate dagli stimoli a cui il soggetto presta attenzione erano diverse (maggiore ampiezza) da quelle evocate dagli stessi stimoli che invece venivano ignorati (minore ampiezza).
Studi con la registrazione elettrica fatta con elettrodi hanno anche aiutato a capire che la rimozione del tessuto cerebrale nella zona dove avvengono le anomalie che portano all'epilessia, possono servire alleviare gli attacchi.
Woldorff e Hillard hanno scoperto l'effetto P20-50, la variazione delle forme d'onda degli ERP in funzione dell'attenzione uditiva, a partire da 20-50ms dopo l'insorgere dello stimolo, prima della comparsa del potenziale uditivo (N1), effetto che conferma le teorie dell'attenzione precoce.
Il MEG (l'equivalente magnetico dell'EEG), combinato con la registrazione degli ERP, consente di individuare dove hanno origine gli effetti dell'attenzione uditiva.
Abbinando ERP e ERF questi ricercatori hanno identificato un correlato magnetico dell'effetto P20-50, l'effetto dell'attenzione M20-50, localizzato nella corteccia uditiva, dimostrando così che l'attenzione è in grado di influenzare l'elaborazione degli stimoli nella corteccia uditiva, e i tempi di latenza nei compiti d'attenzione indicano che l'elaborazione attentiva non è ancora stata completata (ed ogni stazione lungo la via acustica funziona tramite feedback).
Studi con elettrodi sul cuoio capelluto han dimostrato l'esistenza della risposta uditiva del tronco encefalico (ABR), ma non che venga fatta invece la mudolazione anche al livello del nervo acustico.


Per studiare l'attenzione selettiva visiva si usano gli ERP, e ad esempio Eason scoprì che durante compiti di attenzione visuo-spaziali, gli ERP cambiano di ampiezza (70ms dopo la comparsa dello stimolo).
L'ampiezza degli ERP (P1), diventa maggiore quando il target appare dove il soggetto sta guardando (questi ERP sono un dato affidabile per l'attenzione spaziale, ma sono inaffidabili per le altre caratteristiche, come il colore e la forma), si è scoperto inoltre che l'attenzione selettiva spaziale è in parte mediata da processi sensoriali nella corteccia visiva, soprattutto nella corteccia extrastriata, ma anche nella striata.
Focalizzare volontariamente l'attenzione su un punto, segnalato da stimoli visivi (cue), fa aumentare l'ampiezza degli ERP visivi agli stimoli che compaiono in quel punto.
Nel cuing automatico, i tempi di reazione sono migliori se il target appare nella posizione suggerita, ma solo esso appare entro i <250ms, se il tempo si allunga c'è l'inibizione di ritorno, pare quindi che tra l'attenzione automatica e quella volontaria ci sia un meccanismo comune di funzionamento, anche se è probabile che le modulazioni attenzionali dell'analisi sensoriale siano prodotte da reti neurali differenti.
Diverse prove ed esperimenti confermano sia le teorie seriali dell'attenzione nella ricerca di target combinatori, sia la teoria dell'attenzione precoce.


L'attenzione viene studiata con le neuroimmagini (PET e fMRI), usando il metodo della sottrazione.
Tra le ricerche famose c'è quella di Corbetta, che ha dimostrato con la PET che l'attenzione per le caratteristiche primarie (colore, forma, movimento...) genera un aumento di flusso sanguigno nella corteccia visiva extrastriata, appoggiando ancora una volta l'ipotesi che l'attenzione selettiva alteri l'elaborazione percettiva prima che l'analisi delle caratteristiche giunga al completamento.
Hans-Jochen ha studiato l'attenzione selettiva spaziale usando la PET, dimostrando che l'attenzione spaziale attiva la corteccia extrastriata dell'emisfero controlaterale allo stimolo, in particolare nel giro fusiforme posteriore sulla superficie ventrale della corteccia.
Come in altri studi, PET ed ERP aiutano a localizzare luogo e tempo di attivazione, anche se è sempre meglio usare la fMRI per avere una maggiore risoluzione.
Tootell e Dale hanno usato il metodo del cortical unfolding e della mappatura retinotopica della corteccia visiva per dimostrare che l'attenzione spaziale è rappresentata da robuste modulazioni dell'attività in molteplici aree visive precoci della corteccia extrastriata, e piccole modulazioni anche nella V1, che poi i ricercatori hanno mappato.
Diverse prove hanno dimostrato anche l'esistenza di meccanismi attenzionali specifici per gli oggetti, ad esempio lo spostamento entro oggetto quando ci sono segnali attentivi è rapido, tra oggetti diversi invece è più lento.
Inoltre è stato dimostrato che i volti attivano una regione del giro fusiforme, detta area delle fusiforme delle facce FFA, e che le immagini di case invece attivano una regione della corteccia paraippocampale, detta area paraippocampale dei luoghi PPA.
Quando i soggetti si concentrano sul movimento, aumenta invece l'attività nelle vie MT/MST e quella della regione corrispondente all'oggetto stesso.


L'attenzione attiva anche il talamo, i gangli della base, la corteccia insulare, la corteccia prefrontale, il giro del cingolo anteriore, la corteccia parietale posteriore e il lobo temporale.
Corbetta ha dimostrato che la corteccia parietale superiore è attivata quando l'attenzione passa da una posizione ad un'altra per individuare un bersaglio.
Il nucleo del pulviran sembra invece adatto per fornire alle cortecce frontale e parietale una via per influenzare l'elaborazione visiva nella corteccia extrastriata.
La fMRI evento-correlata è stata usata per capire il controllo attenzionale, dimostrando che l'attività relativa ai bersagli riflette processi motori oltre all'analisi visiva, e che i processi top-down influenzano la corteccia visiva prima dell'apparizione dei bersagli.
Si pensa che quest'innesco (priming) della corteccia sensoriale ad opera dell'attenzione possa costituire la base per la successiva elaborazione selettiva dei bersagli, si pensa inoltre che l'attenzione agisca sincronizzando la scarica dei neuroni, consentendo un più efficace processo di elaborazione dello stimolo che appare successivamente.


Esistono 2 modelli che spiegano come potrebbe funzionare il filtro dell'attenzione: il modello input-gating, dove i neuroni intermedi inviano un segnale inibitorio alle regioni esterne alla localizzazione su cui è focalizzata l'attenzione, e il modello neuron-gating, dove sono gli stessi neuroni a mostrare attivamento od inibizione come causa dell'attenzione, con inibizione reciproca tra cellule che codificano caratteristiche differenti dello stimolo nella stessa regione dello spazio.

Studi su animali
Gli studi sull'attenzione sono stati fatti anche sugli animali, in particolar modo sulle scimmie, dimostrando ad esempio che nella corteccia temporale inferiore, l'attenzione può modulare l'attività neurale anche quando lo stimolo da ignorare è lontano da quello da focalizzare, e che le modulazioni attenzionali si verificano solo nelle aree corticali extrastriate.
Inoltre, i neuroni del nucleo reticolare del talamo, in particolar modo quelli del nucleo perigenicolato, sembrano filtrare il flusso di informazioni dal talamo alla corteccia.
Non ci sono inoltre modulazioni dell'eleaborazione retinica dovute all'attenzione spaziale.
Grazie a questi studi si è scoperto che le cellule del collicolo superiore non sono coinvolte direttamente nei processi dell'attenzione selettiva visiva volontaria, ma partecipano al controllo dei movimenti oculari, e cmq può avere un ruolo importante nella componente inibitoria dell'attenzione automatica (disattivando il collicolo superiore le prestazioni di discriminazione di target peggiorano).
Il nucleo talamico del pulviran sembra invece attivo durante i compiti di filtraggio attenzionale, inoltre, nei neuroni della regione dorsomediale del pulviran laterale (Pdm) i tempi di latenza di risposta sono più lunghi che in altre aree del nucleo, e le risposte in questi neuroni sono più forti quando lo stimolo è il target di un movimento saccadico, o quando è al centro dell'attenzione senza movimenti.
Il pulviran è cruciale nell'attenzione spaziale nascosta, e può filtrare le informazioni distraenti, la corteccia parietale è dunque una regione chiave per il controllo attenzionale e contribuisce alla rappresentazione delle relazioni spaziali.
Mountcastle scoprì che il fissare attentamente gli stimoli visivi porta all'aumento nel tasso di scarica dei neuroni parietali, essi aumentano la scarica quando gli stimoli sono il bersaglio di saccadi o quando sono focalizzati dall'attenzione nascosta.
La corteccia parietale è attivata quando l'attenzione nascosta passa da una posizione ad un'altra, o quando i soggetti devono analizzare le relazioni spaziali o spostare l'attenzione tra target.
Il lobo parietale sembra avere una funzione nel rappresentare locazioni spaziali e nel controllare l'orientamento volontario, anche se questi processi forse sono localizzati altrove.


Neurologia e neuropsicologia dell'attenzione


La sindrome di negligenza spaziale (o sindrome di neglect) è spesso dovuta ad una lesione parietale unilaterale, e comporta il non riconoscimento di tutto ciò che si trova nell'emispazio opposto alla lesione.
Una caratteristica importante della neglect è l'estinzione, l'incapacità di percepire uno stimolo controlaterale alla lesione quando esso appare assieme ad uno stimolo ipsilaterale.
Questa sindrome si manifesta in assenza di danni al sistema visivo e può avere componenti non visive.
Sembra assodato che la ricerca dei target avvenga separatamente in ciascun emisfero, come dimostra il fatto che i pazienti col cervello diviso in 2 emisferi (taglio del corpo calloso) eseguono la ricerca dei target con velocità doppia, quando gli item son distribuiti nei 2 emicampi.
La neglect non ha al momento nessun trattamento, ma per fortuna sembra estinguersi col tempo.
  

Posner e Rafal hanno proposto un ipotetico modello dell'attenzione e del suo orientamento, che prevede 3 stadi: sganciamento o disancoraggio dell'attenzione dal focus corrente, spostamento dell'attenzione verso il nuovo target, agganciamento o ancoraggio.
Quando nei compiti di ricerca target i pazienti hanno tempi lunghi, il deficit è probabilmente legato all'operazione di sganciamento (funzione individuata nella regione della giunzione temporo-parietale destra).
L'agganciamento forse è gestito dal talamo (pulviran), mentre lo spostamento forse è gestito dal mesencefalo, e come detto sopra, lo sganciamento è mediato dalla corteccia parietale.

Una teoria alternativa, quella del modello computazionale con architettura connessionista è stata proposta da Cohen.
Secondo questo modello c'è un'interazione competitiva, in cui nello stato normale le interazioni eccitatorie e inibitorie tra i moduli del sistema dell'orientamento dell'attenzione sono in equilibrio, mentre quando il sistema è danneggiato possono manifestarsi vari sintomi comportamentali, tra cui lo sganciamento.
Secondo questo modello, l'attenzione all'emicampo visivo intatto è causa di prestazioni più scarse per gli item presentati all'emicampo danneggiato.
 


Le interferenze del campo intatto con quello danneggiato suggeriscono che le informazioni nel campo lesionato subiscano delle elaborazioni a livello inconscio.
E' stato dimostrato che inserendo distrattori ipsilateralmente alla lesione ,le prestazioni aumentano, questo perchè l'attenzione tende a deviare verso il lato della lesione, quindi trascurando l'altra parte.
Inoltre, l'estinzione risulta minore se al paziente vengono mostrati 2 oggetti diversi, rispetto a 2 uguali.
L'informazione che riguarda lo spazio negletto, non sempre raggiunge la coscienza, tuttavia l'informazione viene elaborata fino al livello semantico, come dimostra l'effetto di priming che si ha quando la parola scritta nel campo negletto è della stessa categoria di quella del campo sano, aiutando così il suo riconoscimento.

Pare che la neglect colpisca anche la memoria visiva, quando si cerca di rievocare la rappresentazione di una scena conosciuta.
Inoltre, cosa incredibile, se si chiede ad un paziente di descrivere una piazza immaginandola prima in un lato e poi nel lato opposto, le cose non descritte nel primo compito perchè presenti nel lato neglect, vengono descritte, mentre le cose che prima erano state descritte e che ora si trovano nel lato neglect, vengono ignorate.
La neglect può avere coordinate centrate sugli oggetti, anche quando essi non sono nel campo negletto (dimostrato dall'esperimento di rotazione del manubrio di Behrmann e Tipper), e può ripartirsi tra oggetti, seguirne i movimenti e ripresentarsi nel nuovo sistema di coordinate.

La sindrome di Balint comporta che i pazienti percepiscano solo 1 oggetto per volta, ed è dovuta a lesioni bilaterali a carico delle aree parietali posteriori e occipitali laterali.
I pazienti con questa sindrome riconoscono gli oggetti, ma hanno difficoltà a metterli in relazione tra di loro, e l'attenzione viene quindi attirata da un oggetto, escludendo gli altri.

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Psicologia fisiologica (4/13): Le funzioni percettive superiori

Il termine agnosia fù coniato da Freud, ed avere l'agnosia significa avere un'alterazione della conoscenza o del riconoscimento.
Mishkin e Ungerleider han proposto l'ipotesi che la via ventrale (o occipito-temporale) sia specializzata nella percezione e nel riconoscimento degli oggetti, determinando "cosa" si guarda (via what), mentre la via dorsale (o occipito-parietale) è specializzata nella percezione spaziale, determinando "dove" è localizzato l'oggetto (via where).
Ricerce su effetti di lesioni hanno poi confermato la dissociazione "cosa-dove" tra la via ventrale e dorsale, facendo però scoprire che gli effetti dei deficit si evidenziano solo con lesioni bilaterali, probabilmente perchè l'informazione è segregata in ciascun emisfero e quindi gli stimoli ricadono nel campo visivo destro o sinistro.
Inoltre, le fibre del corpo calloso sono essenziali per discriminare gli oggetti nelle lesioni al lobo temporale e alla corteccia striata in emisferi opposti, ma sono poco importanti nella trasmissione dei segnali relativi alla posizione provenienti dall'emisfero controlaterale.

I neuroni del lobo parietale possono rispondere in modo non selettivo, possono essere attivati da stimoli diversi, e molti di essi sono sensibili agli stimoli presentati nelle porzioni più eccentriche del campo visivo.
I neuroni del lobo temporale invece si attivano soprattutto se gli stimoli ricadono nel campo visivo destro o sinistro, e la visione centrale sembra essere la modalità ottimale per il riconoscimento degli oggetti, inoltre le cellule del lobo temporale presentano pattern di selettività diversi.
La distinzione tra via ventrale e dorsale è stata confermata anche da molti studi di neuroimaging.
La percezione multistabile si ha quando la percezione passa di continuo da un'immagine ad un'altra, come nel caso delle immagini che possono mostrare 2 contenuti diversi a seconda di come si guardano (es: vaso bianco o 2 volti neri).

La corteccia parietale ha un ruolo critico nell'attenzione spaziale, mentre lesioni localizzate lungo la via ventrale possono portare a deficit nella percezione dei volti (prosopoagnosia), anche se ciò in alcuni casi può accadere anche con lesioni estese alle strutture parietali.
Gravi deficit di riconoscimento degli oggetti si possono avere con lesioni unilaterali all'emisfero destro o sinistro, mentre l'anomia, un problema nel dire il nome degli oggetti, si può avere con lesioni bilaterali nel lobo occipitale.
Il sistema visivo dorsale fornisce input importanti ai sistemi motori per la programmazione del movimento, e i pazienti che soffrono di atassia ottica sono in grado di riconoscere gli oggetti ma non di usare l'informazione visiva per guidare le proprie azioni, hanno movimenti saccadici impropri e questo deficit può essere dovuto alla lesione della corteccia parietale.


Problemi nel riconoscimento degli oggetti


La percezione degli oggetti dipende principalmente dall'analisi della forma, nonostante esistano anche altri indizi che ne facilitino la percezione, come il colore, la tessitura e il movimento.
La costanza d'oggetto è la capacità di riconoscere un oggetto in un'infinità di situazioni diverse, ed è una caratteristica essenziale perchè ci sia la percezione.
L'informazione sensoriale dipende molto dal punto di osservazione, dai mutamenti nelle condizioni di illuminazione (anche se i processi di riconoscimento di solito sono insensibili alle variazioni di illuminazioni), inoltre il nostro sistema percettivo è in grado di suddividere rapidamente la scena dalle sue componenti.


Le teorie vista-dipendenti affermano che la percezione è legata al riconoscimento dell'oggetto da una determinata prospettiva, la percezione scaturisce quindi dall'analisi delle informazioni raccolte da un certo punto di osservazione.
Queste teorie presuppongono che la memoria contenga moltissime rappresentazioni di oggetti in diverse prospettive, e ciò è un po' impensabile, quindi si pensa che il riconoscimento di un oggetto visto da una nuova prospettiva implichi il confronto tra le informazioni relative allo stimolo e le rappresentazioni immagazzinate in memoria, e infine la scelta della rappresentazione che meglio corrisponde.

La teoria schema di riferimento vista-indipendente invece, afferma che il riconoscimento non dipende dalla semplice analisi delle informazioni relative allo stimolo, ma che piuttosto l'input sensoriale definisce solo le proprietà fondamentali dell'oggetto, e le altre proprietà risultano individuate in relazione a queste.

In entrambe le teorie, il riconoscimento implica la scomposizione di una scena o di un oggetto nelle parti che lo compongono, dove i vari elementi singoli sono ai livelli bassi della gerarchia dei processi percettivi, mentre ai livelli superiori c'è la combinazione di queste caratteristiche.
Il nostro sistema visivo usa fonti di informazioni che restano costanti da tutti i vari punti di osservazione, inoltre per ogni oggetto vengono individuate delle caratteristiche salienti.
Esistono poi caratteristiche invarianti come il parallelismo e la simmetria, che il nostro sistema visivo è portato a riconoscere facilmente.
Marr, con la sua teoria del riconoscimento basata su rappresentazioni vista-invarianti, afferma che si possono riconoscere gli oggetti identificando gli assi maggiore e minore (esempio dell'asse della bici), e che quindi il riconoscimento può dipendere da un processo d'inferenza, basato sulle caratteristiche salienti dell'oggetto.
Ivr Biederman ha sviluppato una sua teoria del riconoscimento degli oggetti incentrata su un processo analitico che dalle parti risale al tutto.
Secondo Biederman qualunque oggetto può essere descritto come una particolare configurazione di un numero limitato di parti, egli ha individuato i geoni, forme elementari che consentono il riconoscimento degli oggetti, e 24 di questi geoni rappresentano l'intero insieme dei volumi vista-invarianti.
Un oggetto risulta quindi definito dalla particolare combinazione dei geoni che lo costituiscono, e dalle loro relazioni spaziali.
La teoria dei geoni può essere utile per fare una prima grossolana distinzione tra diverse categorie degli oggetti, ma ha dei limiti a livello concettuale che non la rendono una ipotesi valida.

Le cellule del lobo temporale inferiore rispondono selettivamente agli stimoli complessi, confermando le teorie gerarchiche della percezione, le quali affermano che le cellule nelle prime stazioni della corteccia visiva codificano le caratteristiche elementari, come l'orientamento delle linee e il colore, i segnali in uscita da queste cellule si combinano poi a formare rivelatori sensibili a caratteristiche superiori, e il processo continua con altre fasi, ognuna delle quali comporta la codifica di combinazioni sempre più complesse, e al vertice di questa gerarchia ci sono i neuroni del lobo temporale inferiore che rispondono selettivamente a forme specifiche (mani, facce, ecc...), e questo tipo di neurone è definito un'unità gnostica (per indicare che queste cellule segnalano la presenza di uno stimolo già noto.
Nel giro temporale inferiore e nel pavimento del solco temporale superiore ci sono cellule selettivamente attivate dai volti, dette cellule della nonna.
L'ipotesi delle cellule della nonna è un po' azzardata perchè una singola cellula non potrebbe codificare tutto da sola, inoltre non si spiegherebbero gli oggetti che non conosciamo.
Un'ipotesi alternativa è invece quella che il riconoscimento degli oggetti sia il risultato dell'attività di elementi rivelatori di caratteristiche complesse, quindi la figura viene percepita quando sono attivati neuroni d'ordine superiore, alcuni corrispondenti alla figura osservata, altri al suo colore, ecc...
Quindi si chiamerebbe in causa una popolazione di neuroni (teorie dell'isieme).
Queste teorie sarebbero in grado di spiegare come mai ci si possa confondere quando ci sono oggetti simili: entrambi potrebbero attivare molti degli stessi neuroni.
Inoltre così la perdita di unità potrebbe cmq consentire alle altre di riconoscere lo stesso gli oggetti.
Le teorie dell'insieme spiegano anche la nostra capacità di riconoscere oggetti nuovi: si riconoscono perchè sono simili a oggetti che già si conoscono.
Nelle teorie della codifica d'insieme, la selettività di questi neuroni è quasi sempre relativa e non assoluta.


Deficit nel riconoscimento degli oggetti


L'agnosia visiva si ha quando il deficit cognitivo è collegato direttamente alla percezione visiva (e l'informazione visiva continua ad essere registrata a livello corticale), oppure si ha quando i prodotti della percezione visiva non riescono ad accedere a conoscenze memorizzate che non dipendono da una specifica modalità sensoriale.
In generale, per essere agnosici, il deficit nel riconoscimento non deve essere secondario a un problema di percezione, inoltre il deficit nel riconoscimento deve essere limitato ad un'unica modalità sensoriale.
L'amusia è l'incapacità di riconoscere le note e i suoni musicali, invece i soggetti affetti da sordità verbale pura non riconoscono il linguaggio parlato, e questa specificità di deficit differenti suggerisce che il riconoscimento uditivo implichi più sistemi di processamento distinti.
Il neurologo tedesco Lissauer fù il primo a proporre due tipi diversi di agnosia visiva, e distinse tra deficit a base sensoriale e deficit dipendenti da un blocco all'accesso della memoria da parte del canale visivo.


L'agnosia appercettiva è un deficit nel riconoscimento degli oggetti collegato a problemi nei processi di elaborazione percettiva.
I pazienti con questo deficit possono fornire prestazioni normali nei compiti di discriminazione della forma, ma fan fatica a riconoscere oggetti riprodotti in fotografie e disegni.
I test per distinguere le agnosie appercettive sono il Golling picture task e l'Incomplete letter's task, si ritiene che i danni all'emisfero sinistro creino deficit del linguaggio, e l'agnosia appercettiva si manifesta con danni all'emisfero destro.
Questa agnosia pregiudica la capacità di realizzare la costanza d'oggetto, e un altro test famoso è quello della Warrington, l'unusual views object test, dove vengono mostrate fotografie di 20 persone, ciascuno da 2 diverse prospettive, test che dimostra che i deficit dei pazienti non dipendono dalla perdita di conoscenze visive.
Inoltre questi studi han confermato che danni all'emisfero destro possono causare l'agnosia appercettiva, perchè l'emisfero destro è importante per il riconoscimento degli oggetti.
Secondo la Warrington l'emisfero destro posteriore è importante per la categorizzazione degli oggetti, inoltre i pazienti con lesioni al lobo parietale destro riconoscono ancora gli oggetti, se le loro caratteristiche salienti sono ben in mostra, altrimenti hanno difficoltà.

L'agnosia associativa è un disturbo di chi è in grado di generare rappresentazioni visive normali, ma non di utilizzarle per riconoscere le cose.
L'alessia (o dislessia acquisita) è l'incapacità di leggere a causa di una lesione occipitale all'emisfero sinistro, chiamata così perchè fino a prima del danno il paziente riusciva a leggere bene.
Un test per riconoscere l'associativa è il test di abbinamento in base alla funzione, che richiede di categorizzare gli stimoli sulla base delle loro proprietà semantiche, in base al loro uso, i pazienti con lesioni all'emisfero sinistro riescono a riconoscere gli oggetti quando li vedono isolati, ma non sanno operare collegamenti funzionali tra percetti visivi.

Si pensa che le fasi iniziali dell'elaborazione visiva coinvolgano entrambe le cortecce occipitali, dopodichè dovrebbe avvenire la categorizzazione percettiva, grazie all'emisfero destro si riconosce, confrontando con i dati in memoria, se le due immagini si riferiscono allo stesso oggetto.
La categorizzazione semantica dipende dall'emisfero sinistro e coinvolge la memoria a lungo termine per riuscire a dare un nome agli oggetti.
Non c'è cmq una chiara associazione tra agnosia associativa e danni all'emisfero sinistro, però per gli agnosici generali, è cmq sempre possibile riconoscere gli oggetti col tatto.
L'agnosia integrativa è la difficoltà ad integrare le varie parti dell'oggetto, cosa che può venire fuori quando si sovrappongono 2 oggetti e non si riescono più a distinguerli (invece presentati da soli si), perchè questo deficit fa riconoscere gli oggetti solo grazie alle caratteristiche salienti.
Questa cosa si riscontra anche in compiti di riconoscimento tra più oggetti, quando il paziente ci mette tanto a riconoscere uno stimolo-bersaglio perchè analizza ogni oggetto come entità indipendente, non lo riconosce al volo.
La percezione degli oggetti dimostra che il tutto è più della somma delle parti.

Nell'agnosia associativa la conoscenza a lungo termine dell'informazione visiva va persa, e l'oggetto non viene più riconosciuto, ed è stato scoperto anche che alcuni soggetti hanno più difficoltà a riconoscere gli oggetti viventi piuttosto che quelli inanimati.
Si pensa quindi che ci siano oggetti che condividano caratteristiche comuni e che quindi ci siano dei sistemi di riconoscimento specifici per categorie, e che quindi possano essere danneggiati anche solo loro (deficit categoria-specifici).
Un'ipotesi della distinzione tra oggetti viventi o inanimati, è che gli inanimati evochino rappresentazioni cinestetiche e motorie, rappresentazioni di come si usano, quindi sono più facili da riconoscere perchè attivano più rappresentazioni, oppure un'altra ipotesi è che gli oggetti animati siano più difficili da riconoscere perchè sono meno unici e più vari degli inanimati.

Martha Farah e Jay McClelland hanno fatto diverse simulazioni al computer per verificare se la memoria semantica è organizzata a categorie, e che quindi gli oggetti viventi e i non viventi dovrebbero avere sistemi rappresentazionali distinti, mentre un'altra ipotesi è che la memoria semantica abbia un'organizzazione basata sulle proprietà degli oggetti.
Fecero quindi un modello di rete connessionista con l'informazione distribuita fra numerose unità di elaborazione, con il sistema di memoria semantico diviso in unità visive e funzionali, e dove i pesi delle connessioni andavano aggiustati secondo le esigenze.
Le due ipotesi del modello erano: la nostra conoscenza semantica è organizzata secondo le nostre categorie del mondo (es: oggetti viventi e non), oppure che essa è organizzata secondo le proprietà degli oggetti, che possono essere visive o funzionali.
I dati han mostrato che la nostra conoscenza degli oggetti viventi è molto più dipendente dall'informazione visiva di quanto non lo sia la conoscenza degli oggetti inanimati, inoltre lesioni selettive al sistema semantico visivo o funzionale diedero luogo a deficit di categoria-specifici (danni limitati alla semantica visiva = maggior difficoltà a riconoscere gli oggetti viventi, danni funzionali, errori oggetti non viventi).
Anche se ci sono deficit funzionali gli oggetti non-animati vengono cmq riconosciuti perchè hanno anche un sistema di tipo visivo.
E' cmq stato dimostrato con questo modello che siamo dotati di sistemi specializzati sensibili alle distinzioni di categoria.


Prosopoagnosia


La prosopoagnosia è un deficit che causa difficoltà nel riconoscimento dei volti, deficit non attribuibile direttamente ad un deterioramento della funzione intellettiva.
Il deficit deve essere specifico per la modalità sensoriale visiva, quindi se ne sentono la voce, i soggetti con questo deficit riescono a riconoscere il soggetto che stanno guardando.
Si pensa che esista un unico sistema universale per il riconoscimento di tutti gli input visivi, e i pazienti in esame di solito hanno prestazioni sotto la media anche in altri compitivi di riconoscimento degli oggetti.
La prosopoagnosia raramente è associata a lesioni singole e ben circoscritte, di solito sono coinvolte le cortecce occipitale e temporale, bilaterarmente o unilaterarmente.
Le ricerche hanno confermato cmq che le cellule di 2 distinte regioni del lobo temporale sono attivate in modo preferenziale dalle facce: una nel solco temporale superiore, l'altra nel giro temporale inferiore.
Mostrando delle fotografie di vario tipo a dei pazienti, è stato dimostrato che solo quelle rappresentanti facce evocano un incremento della risposta BOLD nel giro fusiforme nella superficie ventrale del lobo temporale.
Quindi, il giro fusiforme, soprattutto dell'emisfero destro, gioca un ruolo importante nel riconoscimento delle facce (detta area fusiforme delle facce FFA).
L'FFA non sembra cmq essere attivata solo dalle facce, è attivata anche da lettere, soprattutto nell'emisfero sinistro.


I compiti di percezione delle facce implicano discriminazioni entro categoria, mentre quelli per la percezione degli oggetti implicano discriminazioni fra categorie, quindi forse i deficit della prosopoagnosia son dovuti ad una difficoltà di rilevare le differenze all'interno della stessa categoria (cosa però smentita dal caso di un allevatore di pecore che riconosceva in foto le sue pecore nonostente i problemi coi volti).
Anche secondo Farah l'ipotesi del deficit entro categoria non è valida, i suoi esperimenti han dimostrato che la percezione dei volti non implicano gli stessi processi e rappresentazioni coinvolte nella percezione degli oggetti.
L'effetto dell'inversione si ha quando uno stimolo presentato al contrario è difficilmente riconoscibile, questo perchè si pensa che così non si riesca ad usare il sistema dedicato alle facce nella situazione capovolta (se si tratta di visi), costringendo così l'individuo ad usare la modalità analitica, con la scomposizione delle parti, in questo caso i prosopoagnosici riescono a riconoscere i volti capovolti perchè usano la modalità analitica.
Quindi la rappresentazione dei volti non consiste nella semplice concatenazione delle parti.

Martha Farah ha studiato l'alessia, un tipo di agnosia visiva che crea disturbi nella lettura che possono sopravvenire dopo ictus o trauma cranico, dove i soggetti però comprendono cmq il linguaggio parlato e san parlare, e molti sanno anche scrivere (alessia senza agrafia).
L'alessia implica un deficit entro categoria, non si distinguono bene le lettere, ed è collegata a lesioni all'emisfero sinistro, nell'area extrastriata occipitale, detta area della forma della parola (a differenza della prosopoagnosia che è associata a danni bilaterali o unilaterali dell'emisfero destro).
La prosopoagnosia e l'alessia raramente si presentano da sole, di solito sono accoppiate con altri problemi di riconoscimento degli oggetti, quindi: alessia e prosopoagnosia non si manifestano mai assieme, mentre l'agnosia per gli oggetti è sempre associata con un deficit nella percezione delle parole o delle facce, o di entrambe.
Secondo Farah, riconosciamo i volti dalla configurazione di tutti i suoi tratti facciali, le singole parti non sono sufficienti per riconoscere il volto, conta l'analisi complessiva delle caratteristiche (rappresentazione olistica).
In generale, l'elaborazione analitica è associata all'emisfero sinistro, l'elaborazione olistica al destro e sembra aumentare con la pratica e l'esperienza (expertise).
Per leggere occorre scomporre ogni lettera e distinguerla dalle altre, viceversa per riconoscere i volti dobbiamo percepirli nel loro insieme di caratteristiche, il riconoscimento degli oggetti invece è una via di mezzo tra questi 2 sistemi.
In seguito ad un danno al sistema analitico, o a quello olistico, il riconoscimento di un oggetto rimane ancora possibile con il sistema rimasto, ma ci saranno più difficoltà e si avrà un risultato non ottimale.


Relazioni tra percezione, immaginazione e memoria visiva


Martha Farah ha svolto diversi studi evidenziando diversi casi in cui lesioni cerebrali che avevano causato deficit percettivi, avevano provocato anche deficit dell'immaginazione corrispondenti, ad esempio i pazienti con deficit percettivi di ordine superiore hanno anche deficit corrispondenti anche nell'immaginazione.
Studi con la PET han dimostrato che quando si generano le immagini mentali durante l'immaginazione, si attivano le aree visive associative ed aumenta il flusso di sangue anche nella corteccia visiva primaria.
Usando invece la TMS per inibire la corteccia visiva, i soggetti impiegano più tempo a svolgere compiti su immagini mentali, e tutti questi risultati confermano che l'immaginazione visiva attiva le aree della percezione visiva, quella uditiva, le aree uditive, e via dicendo, e che quindi la memoria per le informazioni percettive non è indipendente dai processi percettivi.
Tuttavia ci sono casi in cui deficit visivi non implicano deficit di immaginazione visiva, e quindi si pensa che l'immaginazione richieda, per il giusto funzionamento, che le parti che compongono l'oggetto immaginato siano generate ed organizzate in modo appropriato, mentre nella percezione le parti non sono generate, ma estratte dalla rappresentazione dello stimolo.
Un caso famoso è quello di una persona che aveva perso la possibilità di vedere i colori, e che vedeva solo grigio, dopo qualche tempo anche i ricordi divennero grigi, perchè la memoria dei colori era svanita.


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Psicologia fisiologica (3/13): Percezione e codificazione

Vie neurali: quadro generale


Percepire le informazioni a grande distanza si dice telerilevamento, e la vista è l'unico senso che non necessita del contatto immediato con lo stimolo.
L'informazione visiva è contenuta nella luce riflessa dagli oggetti, essa entra negli occhi, attraversa il cristallino, l'immagine viene invertita, per poi essere proiettata e messa a fuoco sulla retina che si trova sul fondo dell'occhio.
Lo strato più profondo della retina è composto da milioni di fotorecettori, i quali son composti dai fotopigmenti, che si dividono a contatto con la luce, generando corrente elettrica, generando potenziali d'azione nei neuroni a valle.
I fotorecettori sono di 2 tipi: i coni, sono divisi in 3 tipi (per il rosso,il verde,il blu), sono i responsabili per la visione diurna, i loro pigmenti si rigenerano rapidamente, e sono addensati soprattutto nella fovea, e i bastoncelli, i responsabili della visione notturna che sono distribuiti un po' su tutta la retina.
L'informazione visiva passa poi quindi per le cellule bipolari, le cellule gangliari, i quali assoni formano un fascio di fibre, il nervo ottico, il quale trasmette l'informazione al sistema nervoso.
Prima di entrare nel cervello ciascun nervo ottico si biforca: il ramo temporale/laterale prosegue sullo stesso lato, il ramo nasale/mediale si incrocia con il ramo dell'altro occhio in un punto detto chiasma ottico, in modo che l'informazione visiva proveniente da ciascuna metà dello spazio esterno sia proiettata a strutture cerebrali controlaterali.
Tutte le informazioni provenienti dal campo visivo di sinistra sono proiettate all'emisfero destro, e viceversa.
La retina proietta ai nuclei genicolati laterali (LGN o NGL) del talamo, e si pensa che il collicolo superiore e il nucleo del pulvinar giochino un ruolo importante nell'attenzione visiva.
A livello della corteccia l'informazione visiva è già passata attraverso l'elaborazione di almeno 5 neuroni: i fotorecettori, le cellule bipolari, le cellule gangliari, le cellule dell'LGN e le cellule della corteccia.


Percezione e codificazione - Visione


Elaborazione in parallelo


Si pensa che esistano processi per rappresentare la forma, altri per il colore e altri per il movimento, e la teoria che afferma che la percezione avviene in maniera analitica è detta teoria dell'estrazione delle caratteristiche.

L'LGN è formato da 6 strati, dove ogni strato riceve input dagli assoni del tratto ottico e invia afferenze alla corteccia, inoltre nell'LGN, 3 dei 6 strati ricevono i segnali provenienti dalla retina di un occhio e gli altri 3 dalla retina dell'altro, ogni strato contiene una mappa topografica della retina e quindi un oggetto che si trova in una posizione dello spazio attiverà in ogni strato delle cellule situate lungo una perpendicolare alla superficie dell'LGN (ogni LGN ha quindi 6 rappresentazioni retinotopiche distinte), questo sistema non è rindondante perchè ogni strato contiene tipi di cellule distinte.
I due strati inferiori costituisco il sistema magnocellulare M, i rimanenti 4 strati superiori costituiscono il sistema parvocellulare P.
Le cellule P sono più piccole e costituiscono l'80% delle cellule dell'LGN.
Le tecniche di tracing consentono di ricostruire nei dettagli i pattern della connettività tra la retina e l'LGN.

La corteccia visiva primaria si trova nell'area 17 della mappa di Brodmann, ed è anche detta corteccia striata, ed è la prima stazione corticale dell'elaborazione visiva.
Studi di Hubel e Wielsel hanno individuato nella corteccia visiva, cellule di tipo ON/OFF che si attivano o si disattivano quando vengono colpite nel centro, inoltre hanno individuato le cellule semplici, chiamate così per la loro organizzazione semplice in grado di estrarre una caratteristica fondamentale per la percezione della forma.
Anche nella corteccia visiva vale la segregazione tra vie P ed M, inoltre una proiezione interlaminare porta l'informazione della via P, dallo strato 4 agli strati 2 e 3 più superficiali.
Grazie alla tecnica di colorazione detta metodo della citocromo ossidasi, si è scoperta l'organizzazione a mosaico degli strati superiori, dove regioni a bassa saturazione circondano quelle ad alta saturazione.
Le regioni più scure, dove c'è alto metabolismo sono dette blob, mentre quelle più chiare sono dette interblob, inoltre grazie al citocromo si è infierito che il canale P è diviso in almeno 2 rami.
Esiste poi anteriormente alla primaria, la corteccia prestriata o area V2, dove il citocromo indica che è divisa in 3 sottoregioni: strisce spesse, strisce sottili e regioni interbanda, che come rivela il tracing, sono le continuazioni delle vie M, P-blob e P-interblob.


Aree corticali visive


Molte aree sono collegate da connessioni reciproche, esistono aree extrastriate, e la corteccia ha tante aree retinotipiche quante sono le sue aree.
L'ipotesi principale della percezione è che avvenga in un processo analitico, dove in alcune aree i neuroni potrebbero essere molto sensibili alla variazione del colore, in altre alla variazione del movimento o della forma, ed ogni area produrrebbe così una propria limitata analisi dell'oggetto, una ebaborazione distribuita e specializzata che man mano che si risalgono i vari livelli del sistema visivo, le differenti aree elaborano l'informazione arrivata inizialmente dalla V1, cominciando ad integrarla con gli altri dati, fino ad arrivare all'oggetto riconoscibile (ipotesi della specializzazione).
Studiando l'area MT del macaco, si è scoperto che la cellula viene attivata solo quando lo stimolo ricade solo all'interno del suo campo recettivo, e che la risposta cellulare è massima quando lo stimolo si muove in una particolare direzione, quindi l'area MT è correlata anche alla velocità del movimento oltre che alla direzione.
In generale quindi, i neuroni della via M sono sensibili al movimento e non al colore, i neuroni della via P-blob sono sensibili al colore e poco al movimento.


Semir Zeki ha usato la PET con il metodo sottrattivo per verificare se si attivano aree visive differenti quando i soggetti sono impegnati nell'elaborazione di informazioni che riguardano il movimento o il colore, provando con chiarezza che i 2 compiti attivano regioni cerebrali differenti.
L'area V4 è dunque l'area del colore, l'area V5 o MT è quella per il movimento.
Anche con la fMRI si sono fatte queste verifiche, misurando il livello ematico di ossigeno (BOLD) delle aree, dove alla fine si ottengono immagini anatomiche ad alta definizione, e con speciali algoritmi si trasforma al pc la superficie ripiegata della corteccia in una mappa bidimensionale, dove vengono riportati i segnali di attivazione rilevati dalla fMRI, con colori diversi in modo da individuare e distinguere le diverse aree attivate (colori simili=aree attivate nello stesso momento).
Questi studi rivelano l'esistenza di mappe topografiche distinte, la V1, la V2,V3/VP, V4, inoltre si è dimostrato che persino l'osservazione di un'immagine statica che rappresenta il movimento può far attivare le aree responsabili del movimento, probabilmente perchè entra in gioco la conoscenza delle proprietà degli oggetti, ovvero si capisce che è un'immagine che rappresenta il movimento.

Quindi il sistema visivo sembra avere diverse vie, e l'analisi delle informazioni sembra procedere in parallelo su di esse.
Percezione e codificazione - Effetto Treisman
Anne Treisman ha creato il compito della ricerca visiva, dove distingue una condizione con una singola caratteristica distintiva (oggetto target) in un insieme di oggetti, ed una condizione con una combinazione di caratteristiche, dimostrando che è più facile individuare il target quando la caratteristica distintiva è unica, dove il tempo di reazione, è più veloce e rimane costante anche aumentando il numero dei distrattori, questo perchè per associare tra di loro informazioni che derivano da distinte mappe delle caratteristiche dello stimolo (es trovare una zeta rossa in un elenco di lettere diverse ma con anche lo stesso colore), l'attenzione deve essere applicata in modo sequenziale.
Un altro fenomeno interessante individuato è il fenomeno del cocktail party, che si riferisce alla nostra capacità di prestare selettivamente attenzione ad un particolare input, tra una miriade di altri segnali in competizione con esso.
Altri esperimenti han dimostrato che i rilevatori visivi possono essere sensibili alla direzione della luce ed usare questo indizio per estrarre informazioni sulla profondità, e questi compiti di ricerca visiva possono anche aiutare a capire il perchè certi parametri siano caratteristiche distintive che consentono ad esempio di far balzare agli occhi un certo elemento (effetto pop-out).
Studi han dimostrato che nelle prime stazioni dell'elaborazione lungo la via P, le cellule sono altamente selettive per l'orientamento.

L'illusione di ponzo è quell'effetto che fa apparire 2 linee uguali come se fossero di lunghezza diversa, e si verifica perchè le linee diagonali sembrano prolungarsi all'indietro, creando l'effetto di profondità.

Percezione e codificazione - Illusione di Ponzo

La luminanza è la luminosità percepita di uno stimolo, ed è stato dimostrato che l'isoluminanza elimini/riduca l'effetto dell'illusione di ponzo (quando c'è ad esempio lo sfondo verde e le linee arancioni) perchè le cellule P-blob attivate sono insensibili alla profondità, e dato che lo stimolo così presentato attiva solo quelle, la profondità va perduta.
Anche la perdita della percezione del movimento può essere perduta con l'isoluminanza.


Deficit nella percezione delle caratteristiche


L'incapacità di riconoscere oggetti e persone è detta agnosia visiva, ma esistono anche altri tipi di agnosie non legate alla vista.
I dicromati sono quelle persone che possiedono solo 2 fotopigmenti, i tricromati anomali invece possiedono tutti e 3 i fotopigmenti, ma la sensibilità di uno dei 3 è anomala.
Quando si hanno disordini della percezione dei colori dovuti a disturbi del sistema nervoso centrale si ha l'acromatopsia, che è associata a lesioni che interessano l'area V4, e l'area anteriore ad essa.
L'area V4 è responsabile del colore, ma non solo, serve anche per la percezione della forma, mentre recenti esperimenti cmq confermano che la percezione del colore dipende dalla via P-blob, infatti lesioni agli strati parvocellulari del LGN provocano deficit nella percezioni dei colori, ma anche della forma.


La perdita selettiva della percezione del movimento è detta akinetopsia, e può essere provocata da estese lesioni bilaterali che coinvolgono le cortecce temporali e parietali, nella MT, lo strato magnocellulare dell'LGN, dove se l'MT è intatta in almeno un emisfero, le persone dovrebbero cmq riuscire a percepire il movimento, cmq è possibile che ci siano almeno 2 vie attraverso cui i segnali raggiungano la MT.

Non esistono prove certe di deficit selettivi per la percezione della forma o della profondità, quest'ultima è il risultato di una moltitudine di indizi: la disparità binoculare (la visione del mondo diversa tra un occhio e l'altro), il movimento, anche il colore serve a discriminare l'oggetto dallo sfondo o dalle sue varie parti.
Cmq non si conoscono casi clinici di cecità alla forma.
La via P-interblob pare abbia una maggiore sensibilità alla forma, rispetto alle M e p-blob, che cmq contribuiscono anche loro al riconoscimento della forma, quindi vie simultanee forniscono una molteplicità di input ai sistemi dedicati al riconoscimento degli oggetti.


Indipendenza e convergenza delle vie


L'elaborazione concorrente (termine coniato da Van Essen) è un termine che sottolinea il carattere analitico della percezione visiva, il sistema visivo non analizza l'input come tutt'unico, ma piuttosto ci sono sottoinsieme specializzati che possono interagire tra di loro.
Un deficit di riconoscimento dei volti può anche essere dovuto anche ad un deficit nella percezione dei colori, intesi come contrasto (dei lineamenti), e in questo caso la lesione può colpire le vie P (essenziali per la percezione del colore e della forma).

La plasticità corticale è intesa come la capacità riorganizzativa della corteccia, ad esempio, la corteccia visiva, privata degli input sensoriali (ad esempio nelle persone cieche), verrebbe acquisita da proiezioni all'indietro provenienti da altre aree corticali (ad esempio quelle del tatto, dove i ciechi sembrano averlo più sviluppato, ipotesi dimostrate con la PET).


Dissociazioni delle vie ottiche corticali e subcorticali


Il tratto retino-genicolato-corticale contiene circa il 90% delle fibre del tratto ottico.
Lesioni al NGL sono rare, ma non quelle alla corteccia visiva, uno dei deficit più famosi legati al campo visivo è lo scotoma, un deficit che determina l'incapacità di rilevare gli oggetti presenti nell'area dove si trova, ma da anche problemi sul colore e sulla forma.
L'estensione dello scotoma può essere individuata con la tecnica della perimetria.


Il collicolo superiore sembra avere un ruolo fondamentale nel movimento oculare, come dimostrano gli studi di Schneider sugli Hamster (roditori).
Le vie ottiche subcorticali invece, sembrano svolgere un ruolo importante nell'orientamento spaziale, come dimostrano gli esperimenti di Weiskrantz, dove bisogna spostare lo sguardo in direzione dello stimolo, e dove è stato scoperto il fenomeno della visione cieca (blindsight), dove il soggetto si ritiene cieco e si comporta come tale, ma dimostra una capacità residua di localizzare lo stesso gli stimoli, e ciò è dimostrato da studi con la PET che segnalano che le regioni come la MT possono essere attivate da stimoli in movimento anche quando la corteccia striata è completamente distrutta, o forse semplicemente il danno alla corteccia visiva non è in realtà totale e quindi il fenomeno del blindsight dipende dalla funzionalità residua del tessuto risparmiato.
Col blindsight quindi i pazienti quindi sono in grado di localizzare stimoli di cui non sono consapevoli.

I collicoli superiore ed inferiore ricevono input dalle vie ottiche e da quelle acustiche, quindi usano questa rappresentazione per rappresentare gli oggetti nello spazio e per generare movimenti oculari che permettono di focalizzare l'attenzione su questi oggetti, e quindi è possibile che i sistemi visivi subcorticali e corticali collaborino.


Percezione uditiva


Le onde sonore che arrivano all'orecchio fanno vibrare la membrana timpanica, le vibrazioni producono minuscole onde nel liquido che riempie l'orecchio interno e queste onde stimolano le piccole cellule acustiche che si trovano sulla membrana timpanica, cellule dotate di ciglia apicali.
Le oscillazioni della membrana basilare stimolano le cellule acustiche a generare potenziali d'azione, e la membrana basilare e le cellule acustiche sono localizzate in una struttura a spirale, detta coclea (o chiocciola).
Le cellule acustiche hanno campi recettivi che hanno a che fare con la codifica della frequenza che va da 20 a 20000 Hz.
Le cellule acustiche situate verso la base, verso l'estremità più larga della coclea sono attivate dai suoni ad alta frequenza, le altre da quelli a bassa.
Le fibre in uscita dalla coclea proiettano a 2 strutture del mesencefalo, il nucleo cocleare e il collicolo inferiore, e da qui l'informazione viene trasmessa al nucleo genicolato mediale del talamo e poi alla corteccia uditiva (area principale 41, aree 42 e 43 sono le secondarie).
I neuroni della via acustica sono dotati di selettività per la frequenza e si pensa che la nostra percezione dipenda dall'attività integrata di molti neuroni, e son state disegnate mappe tonotopiche, dove c'è corrispondenza tra la posizione dei neuroni e la loro specifica sensibilità alla frequenza (studi fatti con la fMRI).
Via acustica: nervo acustico -> nuclei cocleari -> nucleo olivare superiore -> collicolo inferiore -> corpo genicolato mediale -> corteccia uditiva.


I dati relativi alla frequenza sono di vitale importanza per decifrare i suoni, la sua variazione è importante per identificare parole o note musicali.
Inoltre la percezione uditiva serve non solo per identificare il contenuto dello stimolo, ma anche per la localizzazione del suono nello spazio.
Per localizzare i suoni si usano 2 indizi principali: il tempo interaurale (la differenza nel tempo impiegato da un suono per raggiungere i 2 orecchi), e la differenza di intensità del suono percepito da ciascun orecchio (grazie al padiglione auricolare e alla sua diversa posizione nei 2 orecchi quando giunge il suono lo percepirà con ampiezza diversa e lo amplificherà).
I due indizi sono quindi detti differenza interaurale di intensità e di tempo, e sono indizi indipendenti per la localizzazione dei suoni.

Il nervo acustico fa sinapsi sul nucleo cocleare, e ciascun nucleo è composto da 2 parti: il nucleo magnocellulare e il nucleo angolare.
Le fibre del nervo acustico si biforcano ed un fascio di assoni va al nucleo magnocellulare, l'altro a quello angolare, i quali proiettano rispettivamente alle regioni anteriore e posteriore del lemnisco lateriale.
Konishi ha elaborato un modello neurale di come il cervello del barbagianni codifica le differenze interaurali di intensità e di tempo, inoltre studi fisiologici hanno confermato che i neuroni nella porzione anteriore del lemnisco laterale funzionano da rilevatori di coincidenza.
Konishi ha poi concluso con i suoi studi che, l'informazione relativa al tempo e quella relativa all'intensità soggiaciono a processi di elaborazione indipendenti.

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Psicologia fisiologica (2/13): I metodi delle neuroscienze cognitive

La psicologia cognitiva si occupa dello studio dell'attività mentale in termini di eleborazione di informazioni, essa si basa sull'assunto che la percezione, il pensiero e l'azione non sono funzioni dirette, ma dipendono da elaborazioni o funzioni interne.
La psicologia cognitiva sostiene che l'elaborazione delle informazioni dipende da rappresentazioni mentali, e che esse sono soggette a trasformazioni.
La psicologia cognitiva ha dunque come oggetto di indagine il modo in cui manipoliamo le rappresentazioni.
La psicologia cognitiva sostiene inoltre che ogni compito comporta una serie di operazioni mentali, le quali comportano che le rappresentazioni siano trattate come dati in ingresso (input), i quali subiscono dei processi, producendo nuove rappresentazioni che costituiscono il risultato finale (output).
Tra i cognitivisti importanti c'è Posner con i suoi studi sui tempi di reazione, Strenberg con i suoi studi sulla memoria, che nei suoi esperimenti dimostra che il confronto con item in memoria sembra implicare un processo seriale, mentre altri compiti sembrano rilevare operazioni cognitive in parallelo.
L'effetto di superiorità della parola consiste nel fatto che la performance migliore in un compito di riconoscimento di vocali si hanno su stimoli che sono parole esistenti (es: mac > xax).
Nei vari esperimenti sui tempi di reazioni sono stati usati diversi metodi, come stimoli bersaglio, stimoli distraenti, item sonda, ed uno dei più famosi esperimenti è quello dell'effetto di stroop, dove bisogna dire il colore con cui è scritta una certa parola, e dove nonostante i numerosi allenamenti, i tempi di reazione rimangono lenti se la parola scritta è un colore diverso dal suo reale colore.
L'effetto di stroop risulta attenuato se si utilizza un compito doppio, ossia un compito da eseguire contemporaneamente a quello primario, che agisce come disturbatore, e nel caso specifico dell'effetto di stroop, il dover riconoscere una parola sentita interferisce sulla lettura del nome del primo compito, togliendo l'effetto disturbante nel riconoscimento del colore.
E' stato inoltre dimostrato che dopo un'intensa pratica, le persone riescono a compiere in maniera più rapida, compiti inizialmente poco compatibili.



Modellizzazione al computer


La simulazione al computer consente di imitare determinati comportamenti, ed i processi cognitivi imitati vengono denominati come intelligenza artificiale.
Nella teoria delle reti neurali l'elaborazione è distribuita tra molte unità in cui input ed output possono rappresentare caratteristiche specifiche.
Queste unità di ingresso ed uscita sono collegate con delle unità nascoste che sono passaggi di elaborazione intermedi, che fungono da feedback per ridimensionare i pesi delle connessioni tra le varie unità.
Il programmatore di questo sistema deve dunque creare delle regole di apprendimento, e quando il sistema funziona male, ci saranno grossi cambiamenti, contrariamente no.
Come nel cervello, in questi sistemi l'elaborazione è distribuita tra molte unità (che corrispondono ai neuroni), e quindi una lesione specifica può simulare il malfunzionamento che si avrebbe nel cervello.
Dai modelli possono scaturire nuove previsioni, che poi possono essere verificate sui cervelli veri, ad esempio, il modello di Desmond e Moore sulla risposta condizionata ed incondizionata dei conigli al soffio negli occhi abbinato ad un suono, ha portato allo studio dell'apprendimento di traccia, ovvero alla traccia mnemistica del soffio d'aria che precede il suono, la quale deve essere ricordata per poter far funzionare lo stimolo condizionato.
I due studiosi crearono un modello artificiale col quale scoprirono che nella fase di passaggio (transfert), il modello produce 2 risposte condizionate, una regolata sull'inizio e una sulla fine del suono, e quando testarono la cosa con i veri conigli, questa ipotesi venne confermata.
I modelli al computer hanno cmq dei limiti: sono spesso troppo semplicistici, hanno una portata limitata e non sempre è chiaro se simulano singoli neuroni o gruppi, c'è una perdita di vecchie informazioni quando c'è del nuovo materiale, si riferiscono a problemi limitati, sono utili per verificare ipotesi ma poco utili per proporne delle nuove, servono cmq per sviluppare nuove teorie e per la progettazione di nuovi esperimenti.



Esperimenti su animali


Gli animali vengono usati in diversi modi per la ricerca scientifica, di recente si è scoperto come fare la registrazione dell'attività delle singole cellule, tramite l'inserimento di microelettrodi nel cervello degli animali, facendo una registrazione a livello extracellulare per evitare di lesionare i neuroni, registrando però gruppi di neuroni e dovendo ricavare il singolo neurone con metodi sottrattivi (da notare che il neurone ha attività elettrica anche quando è a riposo).
Con questo metodo si è scoperto ad esempio che tutte le cellule sensibili a stimoli visivi rispondono solo a stimoli che appaiono in una limitata regione dello spazio, detta campo recettivo di quella cellula, inoltre cellule adiacenti hanno campi recettivi almeno in parte sovrapposti.
Le cellule danno quindi origine a rappresentazioni topografiche, mappe ordinate tra una dimensione esterna come la posizione nello spazio, e la rappresentazione neurale di quella dimensione (nella visione queste rappresentazioni sono dette retinotopiche).
Nel caso delle aree uditive, esse sono organizzate in mappe tonotopiche (cocleotopiche) divise per frequenza di suono.
Il metodo per la registrazione dell'attività delle singole cellule è cmq soggetto a limiti, non si riesce sempre a distinguere tra causa ed effetto, inoltre come la Gestalt insegna, il comportamento collettivo dei neuroni può essere qualcosa di più che la somma delle singole cellule.
Un altro metodo di studio usato sugli animali è quello delle lesioni, dove però non è certo che una lesione elimini il contributo di un'unica struttura.
I metodi neurochimici sono molto utili per distruggere selettivamente delle cellule, avendo un risultato più preciso che con una lesione materiale, inoltre in alcuni casi esistono farmaci che creano lesioni reversibili, che consentono di analizzare l'animale sano e malato.
Anche la manipolazione genetica è un buon metodo per produrre deficit neurali, con la tecnica del knock-out genetico.
La genetica è inoltre utile per lo studio dell'ereditarietà delle malattie, ma anche del carattere e delle funzioni cognitive, che spesso sono ereditari.
Un tempo non c'erano problemi d'etica e si faceva qualsiasi tipo d'esperimento sugli animali (ad esempio quello di Sherrington sulla lesione per lo studio del movimento delle zampe dei cani), oggi invece ci sono apposite commissioni che approvano gli esperimenti solo se: gli obbiettivi della ricerca sono chiaramente specifici, sono utili per la conoscienza del sistema nervoso, causano il minor danno possibile agli animali.
Inoltre, se gli animali soffron troppo devono essere soppressi, si devono sempre prendere in considerazione eventuali metodi alternativi.



Neurologia


La neurologia ha l'intento di chiarire gli aspetti normali e non delle funzioni cognitive, ed il modo migliore per mettere in relazione i processi cognitivi e le strutture neurali, è quello di esaminare un singolo disturbo neurologico, con patologia circoscritta.
I danni cerebrali possono essere causati da tumori, traumi, malattie, e il compito del neurologo è quello di trarre una diagnosi corretta.
La tomografia assiale computerizzata (TAC) è uno strumento che consente di ottenere immagini strutturali di danni neurologici in vivo, permettendo la ricostruzione tridimensionale a partire da immagini bidimensionali, usando i raggi X e dei sensori, e grazie all'utilizzo di sofisticato software.
L'assorbimento delle radiazioni dipende dalla densità del tessuto biologico, ad esempio il materiale ad alta densità come l'osso assorbirà una grande quantità di radiazioni, e il software restituirà un'immagine dove le parti più chiare saranno quelle ad alta densità.
Purtroppo con la TAC non è possibile distinguere oggetti che si trovano ad una distanza inferiore a 5mm, ed è difficile distinguere il confine tra sostanza bianca e grigia, perchè hanno densità simile.
Un altro strumento è la risonanza magnetica (MRI), che sfrutta le proprietà magnetiche dei tessuti organici, dato che a seconda del numero di protoni e di neutroni, certi atomi sono particolarmente sensibili alle forze magnetiche, e quando la MRI è in funzione i protoni di idrogeno si dispongono in parallelo al campo generato, e quando vengono lanciate onde radio, i protoni cambiano nuovamente posizione e quando queste cessano e i protoni si riassestano, dei sensori registrano i segnali emessi da questi, consentendo di individuarne la posizione e di disegnarne una mappa.
La MRI è molto più nitida della TAC grazie al fatto che la densità dei protoni è molto maggiore nella sostanza grigia che nella bianca.
Un'altra tecnica usata in neurologia è l'angiografia, che permette di visualizzare la distribuzione della rete vascolare evidenziando i principali vasi arteriosi e venosi, grazie all'iniziezione nel soggetto di una sostanza tracciante che poi viene rilevata da un esame radiografico.
Grazie a questa tecnica si possono individuare i disturbi legati ad anomalie vascolari.


Esistono diversi tipi di disturbi neurologici:
  • Disturbi vascolari: Il cervello utilizza circa il 20% dell'ossigeno che respiriamo, e i neuroni per poter funzionare correttamente necessitano di un afflusso costante di ossigeno e glucosio, distribuiti ai tessuti cerebrali da 4 arterie principali: le 2 carotidi interne e le 2 arterie vertebrali.
    Gravi disturbi circolatori cerebrali, o ictus, si verificano dopo un'improvvisa interruzione del flusso sanguinio, ad esempio a causa di un'ostruzione, che può essere causata dall'arteriosclerosi, che avviene quando un embolo ostruisce il flusso sanguigno e se questo non viene ristabilito rapidamente, le cellule possono morire, facendo morire anche in pochi minuti una persona.
    Quando un infarto colpisce il cervello, di solito i sintomi sono subito evidenti, e possono insorgere diversi deficit, e ad esempio l'ischemia può essere causata dall'occlusione di un'arteria, inoltre un aumento improvviso della pressione arteriosa può portare ad un'emorragia cerebrale.
    L'arteriosclerosi cerebrale è una condizione cronica dove i vasi si restringono in seguito all'ispessimento e all'indurimento delle pareti arteriose, e ciò può provocare un'ischemia permanente.
    Per risolvere questi problemi spesso si usa la chirurgia, in altri casi alcuni medicinali possono servire per far coagulare il sangue sciogliendo le sostanze ostruenti prima che il tessuto subisca dei danni permanenti.
  • Tumori: i tumori possono danneggiare il cervello, e se sono maligni possono ripresentarsi anche dopo la rimozione.
    Il problema più grande dei tumori al cervello è che non sempre sono operabili, dipende dalla loro posizione, e i più comuni tumori cerebrali sono i gliomi, che derivano dalla crescita anomala delle cellule glia, i meningiomi, che si formano nelle meningi e possono creare problemi a causa della forte pressione intracranica, i tumori secondari o metastatici, si formano in una struttura diversa dal cervello per poi infiltrarcisi.
  • Malattie degenerative e malattie infettive: sono legate sia a mutazioni genetiche che ad agenti ambientali, sono ad esempio: il morbo di parkinson, il morbo di alzheimer, la corea di huntington, l'encefalopatia, l'erpes simplex, la sindrome di korsakoff, l'AIDS dementia complex, la sclerosi multipla, la malattia di pick, la paralisi progressiva sopranucleare (PSP).
    Ogni malattia ha dei sintomi diversi non sempre evidenti da subito, e non tutte le malattie sono individuabili con TAC o MRI.
  • Traumi: il trauma può causare ferita aperta o contusione (cranio intatto, cervello danneggiato a causa del contraccolpo), e nel caso alcuni oggetti penetrino nel cervello, possono insorgere anche gravi infezioni.
  • Epilessia: si ha quando c'è un'eccessiva ed anomala attività cerebrale, la crisi epilettica può essere leggera o violenta e può essere analizzata con l'EEG, una procedura che registra le onde celebrali dei soggetti.
    Una crisi epilettica può succedere ad 1 persona su 20 almeno una volta nella vita, e la crisi può generarsi a causa di un evento acuto (es: trauma), inoltre chi soffre di epilessia può curarsi con appositi farmaci o nei casi più gravi, ricorrere ad un intervento chirurgico.
L'operazione chirurgica può essere un buon metodo per risolvere alcuni di questi problemi, e anche per capire la relazione tra cervello e comportamento, come ad esempio della divisione dei 2 emisferi tramite scissione del corpo calloso per curare gli epilettici gravi, o come accadeva in passato, quando veniva usata la lobotomia frontale per eliminare il carattere violento (rendendo quasi vegetali i pazienti).


Approcci convergenti


Per poter associare strutture neurali ad operazioni specifiche è necessario fare degli appositi esperimenti dove si analizza il singolo caso o un gruppo di pazienti cerebrolesi, confrontandoli poi con pazienti sani.
Il neuroscienziato cognitivo deve inoltre capire se il problema comportamentale osservato deriva dal deterioramento di una particolare operazione mentale o se è dovuto ad un'alterazione più generale.
Gli esperimenti tipici di neuropsicologia sono fatti in modo che i soggetti svolgano 2 compiti, uno sperimentale ed uno di controllo.
Si ha una dissociazione semplice quando 2 gruppi di soggetti sono esaminati rispetto a 2 compiti, dove solo uno dei quali rileva una differenza tra i 2 gruppi (dove ad esempio il gruppo dei malati ha una prestazione inferiore rispetto ai sani).
La dissociazione doppia è un metodo ancora più sicuro della singola, perchè consente di ridurre la possibilità che problemi generalizzati vengano associati a deficit specifici, ed è un metodo che ha 2 gruppi di soggetti malati e 2 compiti dove entrambi i gruppi hanno un deficit in un compito diverso, e possono quindi essere confrontati tra di loro o con un gruppo di sani, e ciò aiuta ad individuare il deficit selettivo in una determinata operazione cognitiva.
Gli studi di gruppo sono spesso criticati data la variabilità di ogni individuo e dato che ogni ictus o tumore non è esattamente uguale, tuttavia, negli studi di singoli è più difficile capire quale area colpita sia correlata ad un certo deficit, mentre con gli studi di gruppo ci sono più possibilità (tramite analisi computerizzata).
Quindi gli studi di gruppo sono utili per cercare somiglianze tra pazienti con lesioni simili, ma possono essere inadatti per individuare la specificità del problema.


La stimolazione magnetica transcranica (TMS) consente di interrompere la funzione neurale in un'unica regione scelta della corteccia.
La TMS è una tecnica non invasiva che consente di generare lesioni virtuali e temporanee, ed è costituita da una bobina (coil) dove della corrente genera un campo magnetico che se applicato al capo fa generare corrente fisiologica che fa generare impulsi ai neuroni, e ad esempio se è posato su un'area della corteccia motoria, il coil fa muovere le dita della mano, oppure posizionato sulla corteccia visiva può non far riuscire a leggere una lettera.
La TMS ha notevoli limiti, ha effetti di breve durata, non è sicuro che riesca ad influire sui compiti complessi, non è adatta per lo studio delle aree corticali non in superficie.

I metodi delle neuroscienze cognitive - TMS

I danni ad una particolare area possono avere conseguenze molto estese, e non è sempre facile capire la funzione della parte mancante di un sistema osservando le parti restanti come si comportano.
La registrazione dell'attività elettrochimica interna del cervello può essere fatta anche in superficie tramite l'elettroencefalogramma (EEG), uno strumento che serve a rilevare le anomalie delle funzioni cerebrali.
Purtroppo però le crisi focali hanno inizio in un'area limitata, per poi diffondersi in tutto il cervello, così che l'EEG di superficie ne permette una grossolana localizzazione, e per ovviare a questo problema si usa il metodo della media (averaging) che consente di valutare i risultati di più compiti di prova svolti dal soggetto, e il potenziale evento-correlato (ERP) o potenziale evocato (PE) è un segnale molto piccolo dell'EEG che riflette l'attività neurale specificatamente collegata ad un particolare evento sensoriale, motorio o cognitivo, fornendo una rappresentazione di come varia nel tempo l'attività neurale mentre il cervello è impegnato nell'elaborazione di informazioni, permettendo così di identificare a che livello è localizzato il deficit funzionale.
Gli ERP sono dunque utili soprattutto per descrivere il corso temporale dei processi cognitivi, piuttosto che per identificare le strutture cerebrali da cui hanno origine gli eventi elettrici.
Helmholtz con i suoi studi individuò il problema in avanti e il problema inverso, nella distribuzione delle cariche elettriche nelle sfere, 2 problemi da risolvere dato che il cervello ha quella forma, soprattutto il secondo ha un impatto negativo nell'ERP.
La magnetoencefalografia (MEG) è un metodo correlato all'ERP che sfrutta i campi magnetici generati dai neuroni e che oltre alle funzioni dell'ERP consente di localizzare la fonte del segnale, sfruttando gli ERF prodotti ed il metodo della modellizzazione inversa.
La MEG è un metodo non invasivo che però ha degli svantaggi, consente solo di rilevare i flussi di corrente paralleli alla superficie del cranio ed ha un costo davvero elevato se paragonato all'apparecchio per l'ERP.


La tomografia ad emissione di positroni (PET) e la risonanza magnetica funzionale (fMRI), sono 2 tecniche che rivelano le variazioni nel metabolismo o nel flusso sanguigno cerebrale che si verificano mentre il soggetto svolge dei compiti cognitivi, 2 tecniche che non misurano direttamente l'attività neuronale, ma la variazione metabolica legata alla loro attività, e consentono ai ricercatori di individuare le regioni del cervello che si attivano durante certi compiti.
Per studiare le variazioni di flusso sanguigno locale è necessario mettere in circolo una sostanza tracciante, e nel caso della PET si usano degli elementi radioattivi che verranno rilevati maggiormente dove l'afflusso del sangue è maggiore.

I metodi delle neuroscienze cognitive - PET

I risultati sono riportati cmq in termini di differenze di flusso sanguigno cerebrale regionale (rCBF) fra 2 condizioni (fermo e durante lo svolgimento di un compito specifico).
La fMRI invece utilizza onde radio che causano l'oscillazione dei protoni degli atomi di idrogeno, e i sensori della fMRI misurano il rapporto tra l'emoglobina e la desossiemoglobina, in un rapporto chiamato effetto dipendente dal livello di ossigenazione del sangue o effetto BOLD.
La fMRI è più funzionale della PET, non è dannosa a causa delle radiazioni, ha una risoluzione maggiore (3mm3), può essere effettuata più volte sullo stesso paziente in poco tempo in modo da avere un'analisi statistica completa, a differenza della PET dove il paziente al massimo può ricevere circa 12 iniezioni radioattive, ed anche la risoluzione temporale è migliore nella fMRI, è insomma più veloce della PET.

I metodi delle neuroscienze cognitive - fMRI

Il metodo fMRI evento-correlata è un metodo che funziona con la stessa logica degli ERP e consiste nell'utilizzo dell'effetto BOLD abbinato temporaneamente ad eventi specifici, così da ottenere una rappresentazione temporale dell'attività neurale, inoltre applicando un metodo random di presentazione dei compiti si ha una maggiore sicurezza sul livello di attenzione prestato indipendentemente dal compito.
L'esistenza di una correlazione tuttavia non implica sempre una relazione di casualità, può anche essere che un'area sia attivata durante un compito pur non avendo un ruolo critico nella sua esecuzione.
Gli studi sulle neuroimmagini possono cmq essere usati per generare ipotesi poi verificabili tramite altri metodologie, e ad esempio si è scoperto che durante il riconoscimento tattile, anche se il soggetto tiene gli occhi chiusi, si attiva l'area visiva, quindi si è ipotizzato che cmq si generi una mappa visiva mentale necessaria per poter riconoscere un oggetto anche solo col tatto.
I limiti della PET e della fMRI, è che hanno una bassa risoluzione temporale rispetto agli ERP, quindi non sono in grado di fornire una rappresentazione temporale in-linea con il funzionamento delle operazioni mentali, perchè possono avere problemi di sincronia e possono non essere adatte per la misurazione di compiti di una certa durata.

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