sabato 11 giugno 2016

Come recuperare il proprio codice fiscale

Hai perso il tuo codice fiscale? Nessun problema, scopri come recuperare il proprio codice fiscale online tramite un sito web.

Il codice fiscale è un codice alfanumerico della lunghezza fissa di 16 caratteri, che serve a identificare in maniera univoca per fini fiscali ed amministrativi, i cittadini, i contribuenti, le associazioni senza Partita Iva, e gli stranieri nati e domiciliati in Italia.

Per generare il tuo codice fiscale, collegati al seguente indirizzo:
http://www.codicefiscaleonline.com

Appena aperta la pagina, inserisci i seguenti dati:
  • Cognome
  • Nome
  • Sesso
  • Luogo di nascita
  • Provincia
  • Data di nascita

Infine, clicca sul bottone Calcola il codice fiscale.

Come recuperare il proprio codice fiscale

Grazie a questo generatore di codice fiscale, potrai recuperare il tuo codice in qualsiasi momento, oppure calcolare il codice fiscale di qualche tuo parente (nel caso tu debba registrarlo a qualche sito online che lo richiede, ad esempio).

Potrai anche stampare il codice fiscale ottenuto da questo sito, anche se non sono sicuro che abbia validità se tipo te lo chiedono al comune... è anche vero che io di solito quando me lo chiedono do sempre la fotocopia del codice fiscale, quindi...

Come creare un'identità falsa in un secondo

Se usi i forum e ti viene chiesto di crearti un nickname di fantasia e non sai quale usare, grazie ad internet è possibile creare un'identità falsa in un secondo, generando nomi di fantasia in maniera casuale.

NB In questa guida, con identità falsa o identità fake, intendo ovviamente un nome di fantasia da usare in quei siti dove è lecito e concesso impersonificare un'entità astratta non riconducibile alla propria persona fisica.

Per creare la tua nuova identità virtuale, collegati a questo sito:
http://it.fakenamegenerator.com/

Il sito Fake Name Generator offre infatti la possibilità di generare identità false con pochi semplici passi.
Seleziona i seguenti campi:
  • Sesso
  • Set di nomi
  • Paesi
Poi clicca su Genera.

Avrai così creato con un solo click la tua identità fake.

Come creare un'identità falsa

Tra l'altro il sito fake generator offre la possibilità di avere maggiori dettagli sull'identità appena creata, basta collegarsi con google+.

Ti ricordo però, che spacciarsi per un'altra persona è un reato.
Quindi, utilizza questo servizio solo per generare nomi di fantasia sui siti che ti consentono di sceglierti un nickname anonimo, e non sui siti dove dovresti inserire la tua reale identità.
Insomma, usa questo sito solo se sei a corto di fantasia per sceglierti un nickname su un sito di videogiochi (per esempio), e non per registrarti a facebook o su altri siti dove dovresti inserire i tuoi reali dati ;)
Leggi il post

Psicologia generale 2 (5/12): Lo studio dei problemi

I problemi


Secondo Simon il labirinto è un ottimo modello astratto per quasi tutti i tipi di attività di problem solving.
Tra i problemi famosi analizzati c'è quello dei 3 missionari e dei 3 cannibali, dove bisogna trasportare da una riva ad un'altra di un fiume i 3 missionari con una barca da 2 posti, evitando però di lasciare soli un numero inferiore di missionari rispetto ai cannibali.
Un altro problema famoso è quello delle 4 palline di Petter, dove 4 palline sono uguali ma hanno peso diverso e dove bisogna individuare una specifica pallina avendo a disposizione una bilancia e solo 2 pesate disponibili.
Il problema della compravendita del cavallo di Maier, dove un mercante compra un cavallo per 70 sterline, lo vende per 80, lo ricompra per 90 e lo rivende per 100, e dove bisogna capire quanto il mercante ha guadagnato.
In queste situazioni, la difficoltà può dipendere dalla complessità del calcolo, dalla lunghezza della serie di operazioni da svolgere, dalla numerosità dei dati, mentre in altre situazioni possono esserci uno o più punti critici dove avviene un qui pro quo, una lettura incompatibile con la soluzione, dove il soggetto collabora involontariamente alla produzione della difficoltà del problema.
Ogni volta che un soggetto accetta un discorso-problema, lo riproduce nella sua mente come se lo avesse prodotto lui stesso (doppio codice), e ciò avviene solo se è stato prodotto secondo le stesse regole con cui funziona la sua mente, altrimenti non verrebbe accettato.
Se avviene un fallimento di tipo qui pro quo (problemi con punti critici), il soggetto avverte di non aver visto giusto e lo manifesta, mentre se si tratta di problemi di calcolo, il soggetto ha sentimenti negativi e si sente stupido, fa autocritiche e ha la famosa esclamazione "Aha-Erlebnis".
Non si trovano invece queste differenze nei problemi dove la difficoltà è percepita dai soggetti e dove invece non lo è, dove essi sbagliano senza sospetto, in quanto la reazione dei soggetti è legata alla percezione dell'incongruenza nella propria mente.
Si fa inoltre distinzione tra problemi e compiti, tra problemi di tipo A (propriamente detti) e problemi di tipo B.
Nei problemi di tipo A, la difficoltà dipende da uno o più punti critici del messaggio, nei quali avviene un qui quo pro, mentre nei compiti il soggetto si trova davanti ad una difficoltà esterna-oggettiva, nei problemi è invece il soggetto a costruirsi il problema.
Nei problemi di tipo B, la difficoltà è correlata alla macchinosità del processo di soluzione o alla difficoltà di calcolo.


La ricerca step by step è il metodo principale del solutore dei compiti, però non può essere considerata un metodo adatto per la soluzione dei problemi, dato che quando si manifesta la difficoltà o la contraddizione, essa è inefficace.
Il problem solving consiste nei tentativi del soggetto nell'eseguire correttamente il compito, ma il problem solving non è che una parte dei processi da effettuare per i problemi propriamente detti, perchè il problema prima deve essere accettato, e devono essere individuati i punti critici, senza i quali il problema non si forma.
L'attività di problem solving è dunque necessaria ed antagonista all'attività di formazione del problema, ed una buona teoria sul problem solving dovrebbe spiegare come avviene la soluzione del problema, quali processi vengono usati e quali meccanismi regolano questi processi, o anche cosa succede quando si risolve un problema, quando improvvisamente si vede la soluzione.
Inoltre, il problem solving dovrebbe studiare non solo la riuscita del problema, ma anche cosa avviene quando si fallisce, dovrebbe spiegare l'errore e l'insuccesso.

Nella teoria del doppio codice, il codice legale è il codice che da luogo alla lettura corretta ed appropriata, mentre il codice naturale è il codice che viene interpretato male dal ricevente e da luogo ad una scorretta lettura ed interpretazione del problema.
In generale, la soluzione del problema avviene con l'eliminazione dell'asimmetria tra codificazione e decodificazione, ad esempio, nel problema dei 9 punti, la percezione della figura ha un ruolo fondamentale per la non riuscita del compito (i soggetti percepiscono la figura e non solo i 9 punti, e si creano così regole che complicano e rendono impossibile il compito).
Il problema della discrepanza tra codici può essere generato per diversi motivi, come per esempio le conoscenze enciclopediche, i presupposti culturali, le regole del funzionamento cognitivo, ecc..., ed il problema rimane insoluto fino a che non si elimina questa asimmetria.
Esistono anche altri problemi nella risoluzione dei compiti, come la difficoltà di calcolo, e quindi diversi problemi possono essere problemi composti, come il problema dei 9 punti dove bisogna superare il problema del doppio codice e poi quello dovuto alla difficoltà del compito (residuo del problema).
Spesso invece certi soggetti si complicano la vita perchè cercano di risolvere semplici compiti in modo intelligente (come nel caso del piccolo Gauss), dato che il problema non è un dato preesistente all'attività del soggetto, ma è un prodotto del soggetto.

In natura non esistono contraddizioni, queste possono esistere solo nella nostra mente, come anche per i problemi, non esistono in natura, ma sono frutto della nostra mente.
Non esiste nessuna situazione che in sè per sè è un problema, ma ogni situazione può cmq essere trasformata in problema.
Nonostante tutti questi studi cmq, non si sa ancora come la gente risolva i problemi, è cmq erroneo impostare lo studio del problem solving senza integrarlo con la formazione del problema.


Doppia codificazione


Studiare psicologicamente un problema, e il comportamento di colui che cerca di risolverlo, significa studiare la soluzione e la formazione del problema.
Un noto problema è il problema del ristorante, dove 3 amici ricevono un conto di 6000 lire, ciascuno dà 2000 lire, e grazie allo sconto ricevono indietro 1000 lire, delle quali 400 lire vengono lasciate come mancia al cameriere e quindi alla fine prendono 600 lire.
Tirando le somme ciascuno di loro ha pagato 1800 lire, che moltiplicate per 3 fanno 5400, 400 lire sono andate al cameriere, risultano quindi 5800 lire. Si chiede ai soggetti di dire che fine hanno fatto le 200 lire che mancano.
Per molti soggetti questo rimane un problema insoluto, e la causa di ciò può essere l'esplicito suggerimento erroneo proposto nel testo, ma anche modificando un po' il testo rendendolo meno ingannevole, cmq molti soggetti non riescono a risolvere l'arcano.
Questo perchè ci sono lo stesso all'interno del testo alcune parole, come "lasciare", che disorientano il solutore, e nello specifico fanno credere ai soggetti che le 400 lire lasciate al cameriere si aggiungano a ciò che è stato pagato.
Per studiare questo problema i ricercatori hanno usato la tecnica delle versioni pseudo-parallele, dove viene cambiato tra una versione ed un'altra un vocabolo che può fare la differenza nella comprensione del codice, e in questo caso specifico viene cambiato "lasciare" con "pagare", e questa modifica ha consentito a quasi tutti i soggetti di risolvere il problema senza troppe difficoltà.
Quando si studiano questi problemi bisogna per prima cosa capire cosa il soggetto percepisce, in secondo luogo occorre capire come mai i soggetti sbagliano, e quindi analizzare il messaggio originale anche grazie alle versioni pseudo-parallele che consentono di identificare come diverse parole hanno un peso nella soluzione del problema.
Studiare come si forma un problema nella nostra mente significa dunque studiare come pensiamo.



Gli effetti della struttura retorica


L'enunciato dei problemi semplici è di solito psicoretoricamente ben strutturato, mentre nell'enunciato dei problemi semplici invertiti, ci sono dei residui narrativi che interferiscono con la struttura retorica propria, creando la difficoltà del problema.
Il problema può essere considerato come un discorso diviso in due parti: l'enunciato e la domanda.
Nei problemi semplici le proposizioni dell'enunciato forniscono ciascuna un dato, essendo il complesso dei dati forniti necessario e sufficiente per rispondere alla domanda, mentre nei problemi semplici invertiti, non tutte le proposizioni portano un dato necessario per la soluzione.
Tutti i discorsi seguono delle regole, che non sono solo quelle grammaticali e sintattiche, ma anche regole retoriche, che possono essere divise in regole generali e regole specifiche.
Il soggetto ha quindi in mente le regole con cui si aspetta che l'enunciato gli venga esposto (inconsciamente), e se queste non corrispondono, avviene la regolarizzazione dell'enunciato.


Diversi studi hanno dimostrato la tendenza alla regolarizzazione dell'enunciato dei soggetti, con la conseguente trasformazione della struttura del problema in maniera stabile e definitiva, resistente alla domanda di controllo, e sono stati anche trovati casi in cui l'irregolarità dell'enunciato crea disturbi, ad esempio per la presenza di una proposizione puramente narrativa nel corpo dell'enunciato.
Tra i vari studi sul fenomeno del difetto retorico c'è quello famoso di Lurija sul malato BOUB (embolia grave emisfero sinistro), dove questo soggetto quando trova un buco narrativo lo colma normalizzando e finisce per cambiare la struttura del problema.

In un testo, se la funzione puramente narrativa della proposizione che da problemi, viene segnalata tramite la sua subordinazione sintattica ad un'altra proposizione che contiene dati rilevanti, si riducono i suoi effetti distorcenti e si riduce la possibilità di modificare la struttura dell'enunciato, si riduce quindi la possibilità che alla proposizione puramente narrativa venga attribuita una funzione logica nella stesura dell'enunciato.

Lo schema abituale o stereotipo acquisito, può essere usato inconsciamente nella interpretazione dei problemi, spesso si interpreta il codice secondo le proprie aspettative, anche da parte del ricercatore, che corre il rischio di guardare le cose solo dal suo punto di vista.
Lo stereotipo può risultare fuorviante, e può impedire di vedere l'esistenza delle regole retoriche.
I problemi composti sono quei problemi che non possono essere risolti con un solo atto, e in questi problemi Lurija ha evidenziato la tendenza dei suoi malati a semplificarne l'enunciato.
Secondo gli psicologi genetici, i bambini di una certa età non capiscono (o capiscono diversamente) certe espressioni degli adulti (come di più, di meno, a destra di, ecc... espressioni con valore semantico del tipo "un tot di più"), e quindi anche questi fattori possono essere causa di insuccesso nella risoluzione del problema.

La semplificazione indebita del testo può dunque portare al fallimento nella soluzione, e Mosconi e D'urso hanno dimostrato che in un testo, gli elementi essenziali per la soluzione vengono facilmente trascurati e dimenticati, se sono formulati come termini puramente verbali, mentre è improbabile che essi vengano dimenticati se sono esposti in forma numerica.
In definitiva cmq, le regole retoriche della costruzione del discorso, dipendono e riproducono le regole di funzionamento del pensiero.


Discorso e processo solutorio


Le ragioni del discorso e le ragioni del processo solutorio non sempre coincidono, ad esempio, nel problema delle 3 scatole, sono le etichette e le informazioni ad avere un ruolo centrale per la soluzione, ed esiste una discrepanza tra struttura del discorso-problema (enunciato e domanda) e la struttura del discorso-soluzione che il soggetto deve produrre.
In generale, il discorso tende ad assumere un'organizzazione naturale che però può anche essere causa di difficoltà nella situazione problemica.



Ordine ed errore


Secondo Koffka, l'ordine è una conseguenza dell'organizzazione.
Nelle situazioni problemiche invece, l'ordine caratterizza la soluzione e il raggiungimento di una soluzione ordinata conclude il processo di pensiero.
A volte però l'ordine innato porta ad una conclusione prematura, quando ancora non si è giunti alla soluzione del problema, questo perchè l'ordine opera autonomamente dalla soluzione.
Il compito dello psicologo è capire come si pensa, indipendentemente dal fatto che l'esito di tale pensiero possa essere percepito da altri come giusto o sbagliato.
Un esperimento usato per valutare l'effetto dell'ordine è quello della foglia che copre la superficie di un lago entro tot giorni, che dimostra che l'ordine può essere fuorviante e che anche quando i dati non sono presentati in un preciso ordine, si può cmq raggiungere la soluzione corretta del problema.
In generale, il sistema di pensiero funziona in base ad una presunzione a favore dell'ordine, e c'è la tendenza a ristabilire l'ordine naturale delle cose, inoltre, quando un risultato si presenta nel giusto ordine, spesso si tende a tenere per buona la soluzione, quando magari in realtà non lo è.



Il discorso del non solutore


Secondo alcuni studiosi, il soggetto riorganizza il problema generale in obiettivi o problemi intermedi più semplici, passando da uno stato di conoscenza (caratteristico di ogni livello) ad un altro, e dove in caso di successo le nuove informazioni acquisite passano al livello successivo.
I soggetti indecisi invece procederebbero per prove ed errori, tornando indietro in caso di raggiungimento di punti morti.
Ci sarebbe quindi una sequenza ordinata, anche nel caso in cui non si sappia la strada da subito, procedendo con l'accumulo di informazioni utili per la soluzione del problema, che una volta raggiunta si presenta come un atto repentino.
Una buona teoria psicologica deve spiegare sia il successo che l'insuccesso, e deve farlo usando gli stessi strumenti, e si deve avere sempre la possibilità di riproducibilità dello studio fatto, e quindi una situazione di controllo.

Nel problema delle 3 scatole, si deve scoprire il contenuto di tutte le scatole (palline di colori diversi) conoscendo delle regole prestabilite, un compito che richiederebbe una sola estrazione per essere risolto, ma che a seconda di come sono scritte le etichette può risultare un compito facilitato o viceversa.
Il pensiero sembra essere limitato, si può fare una cosa per volta, e sembra che il pensiero serva a far risparmiare le azioni, e questo ne riduce la sua potenza ed autonomia, come dimostra questo esperimento delle scatole, dove i soggetti effettuano spesso estrazioni inutili.


Il discorso vacuo può essere considerato il prodotto della cessazione dell'abituale collaborazione tra 2 distinti cervelli, uno dei quali si occupa della forma del discorso, l'altro viene ridotto all'inattività.
Si ha vacuità scientifica quando si svia il pensiero e lo si complica tentando di applicare modelli inappropriati e poco noti.

Il fenomeno della non utilizzazione delle informazioni fornite avviene anche nel compito delle 3 scatole, dove non si utilizzano tutte le informazioni fornite dalle etichette.
Il rovesciamento delle ipotesi, può far ristabilire l'ordine naturale, e può rendere anche difficoltoso il compito, dovendo far fare ai soggetti un contorsionismo intellettuale, ed il processo usato per risolvere il problema delle 3 scatole potrebbe essere che: prima si conosce l'ignoto per ispezione, poi si determina ipoteticamente ciò che è già noto, ed infine ci si pone come obbiettivo la conoscenza di un dato già noto.

Nel corso dello stesso svolgimento del discorso possono esserci idee contrastanti, e questo suggerisce che la mente del solutore non può essere vista come un sistema organico e coerente ma come un complesso cognitivo che contiene ed usa informazioni anche incompatibili tra loro, seguendo anche regole non omogenee ed incompatibili, nonostante tra queste regole ci sia anche quella che prescrive la coerenza.
Quindi ancora una volta occorre sottolineare che le teorie che comprendono solo lo studio delle soluzioni e non quello degli errori, sono teorie incomplete.


Ristrutturazione e processo


Secondo Wertheimer, il problema è la ristrutturazione, mentre secondo Duncker è il processo, ovvero l'itinerario del pensiero, le tappe ed i passaggi per raggiungere l'obiettivo.
Wertheimer non si concentra quindi sul percorso solutore, ma sul momento critico solutorio, mentre Duncker studia l'itinerario completo che porta alla soluzione, dove secondo lui, l'insieme delle vie che portano alla soluzione costituiscono l'albero genealogico della soluzione, un'organizzazione gerarchica dei tentativi di soluzione a partire dal valore iniziale dell'enunciato.
Secondo Duncker, le proprietà generali (impostate dallo psicologo, ovvero sono l'enunciato) di una soluzione precedono geneticamente quelle specifiche (le vie percorse dai solutori), e queste ultime si organizzano sulla base delle prime.
L'albero genealogico del problema dell'irradiazione di Duncker rappresenta un processo di soluzione che l'autore estrae dal materiale del protocollo reale e ordina in direzione della soluzione, nelle dimensioni generale-specifico (dall'alto al basso) e adeguato-inadeguato (da sinistra a destra).
Quindi a differenza di Wertheimer, Duncker da molta importanza all'utilizzo dei protocolli.


Secondo Duncker il processo di soluzione è una ricerca selettiva, dove la linea genealogica varia ogni volta che si passa ad un'altra maniera di affrontare il problema, e non è quindi sempre unica.
La ricerca inoltre si svolge in un ambito circoscritto, definito in partenza, il solutore per affrontare il problema deve rappresentarlo in memoria (task environment), e questa rappresentazione è lo spazio del problema, che vincola il comportamento definendo le norme legali, l'obiettivo e la direzione verso esso.
Il solutore procederebbe dunque secondo strategie e metodi euristici, e diversi studi han dimostrato che l'information-processing system umano tollera poco la ricerca per tentativi ed errori.
Il processo solutorio non progredisce sempre in maniera rettilinea, in quanto diversi step che diventano sottoproblemi, se non portano a niente possono essere abbandonati e si può tornare indietro allo step precedente.
Non sempre si può studiare il pensiero con l'approccio dei processi e quello dei momenti critici, perchè questi metodi che spesso sono complementari, possono anche risultare incompatibili, tuttavia il quadro di Duncker è ristrutturalista e non solo procedurale, quindi questi 2 modelli teorici (ristrutturazione e processi) possono condividere, a differenza della prospettiva della human information-processing theory che è processista ed afferma che il soggetto accumula gradualmente nuove informazioni relative al problema, applicando regole e strategie.

Nello studio del problem solving, il contributo della Gestalt risulta cmq lacunoso e quindi inadeguato, perchè i gestaltisti sostenevano che la base del problem solving è la ristrutturazione, dove il solutore arriva a vedere le cose in un modo nuovo.
Invece l'approccio dell'information-processing è basato sull'idea della ricerca, dove risolvere un problema significa procedere step by step in uno spazio di alternative fino a che non si raggiunge la soluzione.
Il concetto di ristrutturazione va rivisitato, ma va tenuto, in quanto è cmq un'importante eredità lasciataci dalla Gestalt nello studio del problem solving.

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venerdì 10 giugno 2016

Come vedere chi ha linkato il tuo sito internet

Hai mai sentito parlare dei backlinks?
Con il termine backlink si intende un link / collegamento su internet che rimanda al tuo sito web.

Sostanzialmente, quanto più il tuo sito/blog è linkato nella rete, tanto più per google è un sito attendibile e quindi si posiziona meglio nei risultati di ricerca.
Va da se che è molto importante avere tanti backlinks, per aumentare la popolarità del proprio sito internet (PR).

Vediamo dunque come vedere chi ha linkato il tuo sito su internet.
Collegati a questo indirizzo:
http://smallseotools.com/backlink-checker/

Inserisci l'indirizzo del tuo sito internet nell'apposito box (con l'http) e poi clicca su Non sono un robot, ed infine su Check Back links.

Come vedere chi ha linkato il tuo sito

Attendi con pazienza la fine del caricamento e potrai vedere quanti e quali siti hanno messo un link ad una tua pagina web sul loro sito.

risultati

Ehm, nel mio caso c'è ancora molto da lavorare... c'è però da dire che ho appena cambiato dominio eh :p

L'ideale è comunque che questi link al proprio sito siano il frutto di una reale ed autonoma condivisione dei contenuti del tuo sito da parte di altri utenti, che trovandoli utili, li mettono sul loro sito.
Quindi sarebbe meglio evitare di spammare il proprio indirizzo web su tutti i siti che si trovano sulla rete, soprattutto se questi non centrano nulla con gli argomenti trattati dal tuo sito/blog, altrimenti si corre il rischio di ottenere l'effetto contrario, e di venire così catalogati da google come spammers :)

Come bloccare Adblock Killer

Chi usa adblock plus per bloccare la pubblicità sui siti internet, probabilmente si sarà accorto che alcuni siti/blog hanno inizianto ad installare degli script anti adblock, chiamati per semplicità adblock killer.

Un adblock killer è un programma in grado di rilevare i vari plugin dei browser che bloccano la pubblicità, bloccando l'accesso al sito a chi blocca la pubblicità.
In buona sostanza: se tu usi un programma anti pubblicità, il proprietario del sito usa un anti anti pubblicità :)

Diversi siti infatti ora riportano questo messaggio a tutti gli utenti informaticamente evoluti che non amano la pubblicità:
"Stai usando AdBlock
Per navigare su XXX disattiva AdBlock,
mettici nella white list o nelle esclusioni.
Come disattivare AdBlock
"

Niente paura però, ora è arrivato anche l'anti anti anti pubblicità, ovvero l'anti adblock killer :)

Anti-Adblock Killer

Anti-Adblock Killer è un sistema (non infallibile, come cita lo stesso sito web) per bloccare i vari adblock killer e poter così continuare a navigare senza la pubblicità.

Segui questi due semplici passaggi per sbloccare adblock:


PASSAGGIO 1

Prima di tutto devi installare uno script manager sul tuo browser.
C'è un plugin adatto per quasi tutti i browser:
 Dopo aver installato il plugin/componente aggiuntivo, se necessario, riavvia il browser.


PASSAGGIO 2

Dopo aver attivato il tuo script manager, clicca su uno dei seguenti link per attivare lo script anti adblock killer:

Tutto qui, finito!

Riavvia il browser (forse non è necessario, ma male non fa) e come per magia potrai tornare a vedere tutti quei siti che ora ti erano preclusi perchè stavi usando un adblock per non sorbirti la pubblicità... questo almeno fino a quando qualcuno non inventerà l'anti anti anti anti pubblicità :)

PS Attualmente non c'è nessuna legge che ti vieta di visualizzare solo alcune parti di un sito web, quindi togliendo la pubblicità non stai facendo nulla di illegale... a parte non far guadagnare chi vive con la pubblicità, quindi usa questi sistemi solo per i siti molesti e sblocca la pubblicità su tutti gli altri... soprattutto il mio :p
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Tecniche del colloquio (4/16): Storia familiare

E' solo tramite la storia personale del paziente e della sua famiglia, che si può capire come mai questi è arrivato in consultazione.
Nel corso della vita esistono periodi particolari e significativi, come gli eventi critici (scolarizzazione, crisi puberale, servizio di leva, inserimento lavorativo, matrimonio, gravidanza, menopausa/antropausa, invecchiamento) e gli eventi stressanti (lutti, incidenti/malattie, rottura legami affettivi), e si possono avere modificazioni delle abitudini di vita (ritmo del sonno, abitudini alimentari, attività abituali).
Si possono adottare diversi criteri d'indagine: andare in ordine cronologico, seguire un ordine spontaneo, approfondire in modo sistematico le aree problematiche emerse, ed è cmq sconsigliato scegliere a priori il modo di raccogliere i dati, ma va deciso in base a come il paziente racconta la propria storia.
Gli scopi del clinico sono: individuare possibili eventi predisponenti o scatenanti del disturbo, contestualizzare i dati osservati in un'ottica storico evolutiva formulando un'ipotesi sull'origine del funzionamento attuale del paziente, trarre da esperienze passate del paziente dati utili per il trattamento.
Il modo in cui si fanno domande e risposte è quello a struttura ad albero, dove si fanno domande a seconda delle risposte del paziente, e si possono non fare domande precedentemente pensate, se le circostanze lo richiedono.

La storia familiare è un elemento fondamentale nella valutazione dei disturbi perchè:
  • chiarisce il contesto del disturbo ed il suo sviluppo.
  • permette di predire come alcune dinamiche si ripresenteranno perchè i genitori tendono a ricreare l'esperienza della propria famiglia originaria e perchè essi si contrappongono al comportamento dei propri genitori.
  • permette di rilevare alcuni dati che potrebbero riguardare l'origine del disturbo.
Gli obiettivi sono:
  • avere un quadro biografico sintetico di genitori, sorelle, fratelli ed altre persone significative.
  • avere informazioni sui rapporti tra il paziente ed i suoi familiari.
  • sapere se ci sono disturbi psichici in famiglia.
  • rilevare la qualità del clima emotivo in cui il paziente è cresciuto.
Si tiene poi conto di fattori storici predisponenti, fattori di protezione, fattori di rischio, fattori di mantenimento e della capacità di recupero del bambino.


Composizione della famiglia d'origine


La storia della famiglia nucleare inizia da quando marito e moglie si sono incontrati per la prima volta.
I dati raccolti possono essere raggruppati in 3 categorie: la prima riguarda le informazioni che riguardano i genitori, la seconda quelle dei fratelli, la terza riguarda le condizioni sociali.
I dati contenuti in queste caratteristiche possono essere dati oggettivi o dati inferenziali.
Le informazioni raccolte forniscono indicazioni sulla natura dei modelli di funzionamento emotivo in una famiglia nucleare, forniscono il livello d'allarme (passato/presente), forniscono i fattori di rischio e di protezione (passato/presente).
Una volta raccolti questi dati il clinico può generare ipotesi sul clima affettivo-emotivo in cui il paziente ha vissuto, un compito difficile non esente da errori.


Dati sui genitori
E' importante rilevare dati come: l'età del genitore in relazione all'età del paziente, l'anno e la causa del decesso, la storia coniugale, le storie scolastiche dei genitori, la storia lavorativa, lo stato di salute mentale e fisica.
Questi dati sono importanti perchè molte patologie sono intergenerazionali, perchè i fattori rischio/protezione sono gli stessi attraverso le generazioni.

Dati sui fratelli
Bisogna sapere l'età, il sesso, la posizione occupata dal paziente in ordine di nascita, se ci sono fratelli disabili, il tipo di relazione (competitiva, conflittuale, ecc...), se si è perso qualche fratello (quando).


Famiglie adottive e famiglie con un solo genitore


Sono considerate situazioni particolari perchè possono incidere sullo sviluppo del paziente.

Adozioni
L'adozione implica un processo di perdita a 3 livelli: i genitori naturali perdono il bambino, il bambino perde i suoi genitori naturali, i genitori adottivi perdono il sogno di avere un proprio bambino biologico (la scoperta di non poter avere un figlio è un evento traumatico e di conflitto all'interno della coppia).
Nelle famiglie adottive il rapporto affettivo si instaura più lentamente e ci possono essere problemi d'attaccamento.
Le aree di rischio per i pazienti adottati sono: confusione d'identità, il matrimonio e l'assunzione del ruolo di genitore.

Altri modi per diventare genitori
Esiste la fecondazione assistita, l'inseminazione di un donatore, l'utero in affitto, la fertilizzazione in vitro, tutti metodi che prima o poi devono essere svelati al bambino, ma solo quando è abbastanza grande per capirli.

Famiglie con un solo genitore
Rientrano in questa categoria: le famiglie composte da un solo genitore a causa di un decesso, di un divorzio, di una scelta omosessuale, di una decisione di allevare da solo il figlio.
Il bambino con un genitore si sente diverso, bisogna quindi indagare quando è avvenuto ciò e come, infatti le modalità d'indagine variano se l'evento è più o meno recente.
Si chiede quindi l'età in cui si è perso un genitore (a seconda dell'età il bambino si trova ad avere difficoltà emotive, comportamentali ed adattive molto diverse), quali sono state le conseguenze sull'identità del bambino (i figli maschi adottati da donne han più problemi sociali e disturbi di condotta), quanto tempo fa è avvenuta la perdita, se il bambino si è spaventato per l'evento (maggiori problemi scolastici per figli di divorziati o defunti), se il genitore sopravvissuto presenta problemi d'adattamento, quali sono le relazioni con i fratelli, se il menage familiare è cambiato (il genitore da solo lavora di più e il piccolo è più tempo solo).
Bisogna inoltre tener conto delle difficoltà economiche, che possono comportare la scelta di un'abitazione in un quartiere con alta devianza sociale, inoltre i bambini con un solo genitore han più possibilità di sviluppare problemi di condotta e di avere ritardi evolutivi maggiori.
I motivi per cui si ha un solo genitori hanno conseguenze diverse per i figli:
  • morte di un genitore: provoca sofferenza emotiva e problemi comportamentali ed è una minaccia per il gruppo di supporto primario del bambino.
    Si possono rilevare sentimenti di ansia, colpa, risentimento, rabbia, e si possono avere problemi d'adattamento, situazioni patologiche da stress, maggiori difficoltà scolastiche.
    I fattori a rischio sono: perdita del genitore prima dei 4 anni, disturbi psichici genitore superstite, preesistenti problemi comportamentali del bambino, scarso adattamento alla famiglia.
    I fattori protettivi sono: età superiore a 4 anni (capacità cognitiva migliore di comprendere il lutto), maggiori capacità di reazione del sistema familiare.
    I bambini che hanno perso un genitore sembrano essere meno a rischio dei figli dei divorziati, e cmq tra i disturbi più frequenti troviamo: ansia, isteria, fobie, disturbi ossessivo-compulsivi, depressione, depersonalizzazione, ipocondria, disturbi emotivi caratteristici dell'infanzia e dell'adolescenza.
    Inoltre l'entità dei problemi dei bambini orfani è correlata ai problemi del genitore rimasto.
  • Divorzio: i figli di genitori divorziati hanno maggiori probabilità di avere minor reddito, dover ricorrere a strutture assistenziali, avere un bambino al di fuori del matrimonio, divorziare, costruire a loro volta una famiglia con un solo genitore.
    Il divorzio (come i conflitti tra genitori e la separazione) è una minaccia per il gruppo di supporto primario del bambino.
    I fattori a rischio sono: un rapporto emotivo più stretto con un genitore non affidatario, senso di colpa nel ritenersi la causa del divorzio, mancanza di preavviso nel divorzio, estrema ostilità nel divorzio, persistenti liti e conflitti, disturbo psichico dei genitori.
    Si sviluppano disturbi di condotta (soprattutto nei maschi), se il bambino viene preso dentro alle liti dei genitori.
  • Genitore omosessuale: non sembra che i figli allevati da un omosessuale presentino maggiori problemi di coetanei ugualmente cresciuti da un solo genitore, ma bisogna anche considerare i possibili disagi dovuti al pregiudizio esterno.
  • Genitore che alleva figlio da solo: le aspettative verso il figlio possono essere superiori al normale, tuttavia queste richieste possono essere un vantaggio per la formazione della competenza del figlio, e cmq ci sarà una situazione migliore rispetto ai genitori separati (non c'è il conflitto). 


Presenza di disturbi psichici/fisici nei membri della famiglia


Alcune malattie psichiatriche hanno una componente biologica che può avere basi familiari, inoltre, la presenza di familiari con disturbi, determina un clima particolare.
I fattori di rischio sono:

  • risposta negativa da parte della famiglia (isolamento, rabbia, ecc...)
  • disfunzione familiare
  • il carattere difficile del bambino
I fattori di protezione sono:
  • risposta d'appoggio da parte della famiglia
  • capacità di fornire consigli ed informazioni
  • interventi specifici di sostegno al bambino
Bisogna quindi indagare sulla sintomatologia, sulle diagnosi ricevute, sulle reazioni del paziente e della famiglia alla malattia, sulle modificazioni prodotte dalla malattia (lo stesso paziente, in quanto malato, modifica il clima familiare).


Dati sul contesto sociale di appartenenza


Si indaga su: condizioni di vita, collocazione geografica, stato socio-economico.
Si fanno inferenze sui fattori ostacolanti e facilitanti, come il reddito basso (rischio disturbi condotta, problemi educativi, stress quotidiano, disagio emotivo).
I fattori di rischio sono:

  • esposizione alla violenza
  • abuso di sostanze
  • possibilità minime di accedere ai servizi sociali
L'unico fattore di protezione è l'appoggio del genitore, mentre è un fattore a rischio la discriminazione sociale della famiglia, che riduce le possibilità di interazione sociale del piccolo.


Relazioni familiari e clima emotivo


Bisogna rilevare il quadro complessivo del clima emotivo e della qualità delle relazioni familiari, attuali e pregresse, dove ad esempio un clima preoccupato crea ansia e può disturbare lo sviluppo.
Bisogna curare sia il comportamento della madre, sia la reazione del piccolo, perchè bambini e genitori si influenzano a vicenda, e di solito, i problemi insorgono quando l'ambiente familiare non riesce a rispondere ai bisogni del bambino.
Gli esiti della mancata risposta dipendono dall'interazione di numerosi fattori:

  • il numero di stressor nell'ambiente
  • il numero di stressor in famiglia
  • la vulnerabilità
  • il timing
  • la resistenza
  • i fattori di protezione
Sameroff e Chandler hanno introdotto il concetto di continuum della casualty del prendersi cura, dove c'è un ambiente familiare adattivo che riesce a rispondere alle richieste anche di un bambino disturbato, ed un ambiente che non riesce a rispondere manco alle richieste di un bambino sano, ed al centro c'è un ambiente sufficientemente buono.
Il clima familiare può essere disturbato da problemi di comunicazione tra genitori o dalla presenza di fratelli (litigi continui).
La qualità delle relazioni familiari può essere compresa meglio prendendo informazioni sulle caratteristiche di personalità dei genitori, che possono essere oggettive o soggettivamente percepite dal paziente.
Bisogna inoltre capire come l'opinione del genitore condiziona il paziente, bisogna individuare eventuali eventi critici nella storia familiare (lutti, malattie, eventi traumatici, situazioni che possono aver allarmato i genitori).

Rapporti della famiglia con l'esterno
Si esamina il grado d'apertura della famiglia e la capacità relazionale dei genitori con l'esterno, che se troppo chiusa può portare il figlio ad essere diffidente e timoroso verso l'esterno.

Scale di valutazione
La VGFR è una scala di valutazione globale del funzionamento relazionale presente nel DSM-IV, che può essere usata per indicare il giudizio globale sul funzionamento di una famiglia o di un'altra entità relazionale.
Questa scala permette di quantificare (usando codici da 0 a 100) il livello di risposta della famiglia rispetto alle aree:
  • soluzione dei problemi
  • organizzazione
  • atmosfera emozionale 


Strumenti per facilitare la raccolta della storia


Esistono alcuni strumenti che aiutano nella raccolta dati della storia.

Linea temporale
In questo metodo, gli eventi significativi della storia familiare sono segnati su una retta in ordine cronologico da sinistra a destra.

Genogramma o mappatura del sistema familiare
E' una descrizione grafica dei rapporti biologici e legali dei differenti membri di una famiglia, da una generazione alla successiva.
Quando si rappresenta l'identità di genere, ogni elemento della famiglia è rappresentato da un quadrato se è maschio e da un cerchio se è femmina.
Le linee che indicano le identità sono tracciate doppie, se una persona è morta si traccia una X dentro al suo simbolo d'identità, le date di nascita e di morte sono indicate a sinistra e a destra della figura.
Se 2 persone sono separate/divorziate, la linea che le unisce sarà sbarrata (/ separazione, // divorzio), la lettera m seguita dalla data indica quando le persone si sono sposate, la s indica la separazione e la d il divorzio.
I successivi matrimoni vengono indicati con una seconda linea, tracciata sopra quella principale, se 2 persone convivono la linea sarà tratteggiata, mentre nei bambini indica che sono adottati.
Si usa inoltre una linea tratteggiata per indicare i membri della famiglia che vivono nella stessa casa.

Registrazione delle informazioni sulla famiglia
Una volta disegnata la struttura familiare, si possono continuare ad aggiungere informazioni a riguardo, come le informazioni demografiche (età, date di nascita e morte, residenza, occupazione, livello di istruzione), informazioni sulla modalità di funzionamento dei singoli membri della famiglia (funzionamento emotivo, comportamentale, sanitario), eventi familiari critici.

Relazioni all'interno della famiglia
E' un livello di costruzione più inferenziale, che dovrebbe esser fatto raccogliendo informazioni da più membri della famiglia.
Le linee usate per rappresentare questi legami variano a seconda del tipo di relazione (strette e fuse, fuse e conflittuali, scarse e conflittuali, strette, distanti, di estraneità o troncate).
Nel caso di adulti separati con prole è importante sapere:
  • i motivi della separazione
  • il modo in cui è avvenuta
  • gli accordi economici
  • gli accordi rispetto ai figli
Inoltre, se in famiglia ci sono altre figure che non appartengono al nucleo, van cmq incluse nella storia familiare.

L'interpretazione del genoma
Il genogramma può essere interpretato in relazione a:
  • la struttura della famiglia: si analizza la famiglia nucleare intatta, la famiglia con un solo genitore, la famiglia trigenerazionale (vivono assieme ai nonni), la famiglia estesa (estranei), la posizione dei fratelli (ordine di nascita, sesso, differenza età), la configurazione della famiglia insolita (es. seconde nozze).
  • adattamento al ciclo di vita: si segue l'andamento della famiglia attraverso una serie di transizioni o punti nodali nel suo sviluppo, dove la famiglia si riorganizza per per affrontare ogni nuova fase.
  • schemi ripetitivi attraverso generazioni: come gli schemi di funzionamento (adattivo e disadattivo, dove gli schemi tendono a ripetersi di generazione in generazione), gli schemi di relazione (chiusura, distanza, conflitto), la ripetizione di schemi strutturali.
  • eventi di vita e funzionamento familiare: capire come gli eventi di vita e i cambiamenti nel funzionamento familiare sono interconnessi, tramite lo studio della coincidenza di eventi di vita, l'impatto dei cambiamenti di vita, le reazioni agli anniversari (es. depressione ad un anniversario di un brutto evento), gli eventi sociali, politici ed economici.
  • schemi relazionali e triangoli: il triangolo genitori figli, madre/figlio/nuora, famiglie con divorzi e seconde nozze, famiglie con bambini adottati, triangoli multigenerazionali.
  • equilibrio e diseguilibrio della famiglia: in particolare si studiano quelli della struttura familiare, dei ruoli, del livello e dello stile di funzionamento. 

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Tecniche del colloquio (3/16): Modo con cui si presenta il paziente

Quando si deve incontrare una persona, ci si attiene a dei codici prestabiliti (di vestiario, di comportamento), e chi non segue questi codici di solito lo fa per qualche motivo.
Il modo di vestire tradisce dunque un messaggio verso l'esterno.
Se un nuovo paziente arriva dal clinico e gli da subito del tu, non gli da la mano ma una pacca sulla spalla, il professionista dovrebbe rilevare questi indizi in quanto sono importanti indici dello stile relazionale del paziente, che quindi vengono rilevati direttamente dal comportamento osservato, oltre che dai racconti che il soggetto fa sul suo modo di comportarsi con gli altri.

L'aspetto
Esistono delle griglie d'osservazione compilabili, utili per imparare ad osservare i pazienti.
Un importante fattore da valutare con l'osservazione è l'età, che non sempre è dimostrata dal paziente, e può essere utile domandarsi come mai il paziente dimostri un'età che non ha (cause socioeconomiche, di stress, ecc...).
Il clinico deve considerare l'impressione globale data dal paziente, e i dati raccolti dovrebbero venir confrontati con quelli ottenuti tramite i parenti e gli amici del paziente.

Gli indizi che il clinico deve saper osservare sono:

  • Abbigliamento e modo di vestirsi: l'abbigliamento fornisce indicazioni su, la personalità, lo stato psichico e l'ambiente socioculturale di provenienza.
    L'abbigliamento del paziente può essere: adeguato alla situazione, presentabile ed ordinato, rispondente all'età ma non adatto alle sue condizioni di vita, eccentrico ed insolito.
  • Cura della persona: può essere valutata approfondendo alcune aree come le abitudini alimentari e l'igiene personale.
    La cura della persona può essere eccessiva, mostrando patologie maniacali o scarsa, mostrando narcisismo ("devono accettarmi anche se non mi lavo"), il clinico non deve cmq giungere a conclusioni affrettate, dato che possono esserci più significati nella cura di se, e deve anche tener conto di cose come i tatuaggi, le cicatrici, ecc...
  • Salute fisica: si tiene conto di volti sofferenti, fisici deperiti, ecc...
  • Espressioni del volto: comunica lo stato emotivo del paziente, e la qualità emotiva con cui egli si rapporta col clinico, serve a far capire se c'è diffidenza e a rilevare il grado di adeguatezza emozionale a seconda degli argomenti trattati.
  • Contatto visivo e sguardo: indicano come il paziente si relaziona con le persone e che emozioni prova nel farlo.
    Può essere schivo e sfuggente, oppure penetrante e di sfida, ed il clinico deve valutare la sua adeguatezza a seconda delle situazioni.
  • Postura: fornisce informazioni sul modo di porsi del paziente di fronte alle cose e sul suo modo di affrontarle, ed è indicativa dello stile relazionale usato dal paziente verso il clinico.
    Una postura rigida può essere segno di tensione, ed il clinico deve curare come il paziente modifica la postura durante il colloquio.
  • Movimento e disturbi del movimento: bisogna saper distinguere tra movimenti naturali e patologici di tipo neurologico o psicologico, dato che alcuni aspetti comportamentali (come la distonia, l'agitazione, i tic) possono essere sintomi di patologie neurologiche.
    Bisogna verificare la presenza di disturbi del movimento come il rallentamento, l'agitazione e il tremore, quest'ultimo è infatti il più comune dei movimenti involontari patologici (si distingue in: tremore a riposo, posturale, intenzionale e non classificabile).
    L'agitazione può essere un sintomo di una patologia (come la schizofrenia), ma può anche essere solo un effetto del disagio temporaneo provocato dall'ansia del colloquio. 

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Tecniche del colloquio (2/16): Problemi tecnici con i dati

I problemi che più si incontrano nella raccolta dati sono:

  1. Il paziente non fornisce le informazioni richieste: il colloquio è muto, non c'è alleanza (magari a causa di un grave disturbo psicopatologico del paziente).
  2. Le informazioni ottenute non sembrano credibili.
  3. Il clinico non ha le competenze necessarie per condurre il colloquio con quel determinato paziente (ad esempio, pazienti abusati, con tendenze suicide, drogati, necessitano di particolari tecniche d'indagine).

Tecniche di conduzione del colloquio


Alcune tecniche di colloquio hanno lo scopo di raccogliere il maggior numero di informazioni, altre quello di intervenire sugli aspetti e i motivi della comunicazione, e non esiste una tecnica migliore in assoluto, ma si usa la tecnica in base alle esigenze.

Domande aperte e chiuse
Le domande aperte permettono risposte individuali, mentre le chiuse non incoraggiano il paziente ad aggiungere più informazioni del dovuto, ma possono essere utili per risparmiare tempo.
Le domande aperte possono fare esprimere quello che si sente, ma non è possibile dare una risposta si/no.
Le domande chiuse richiedono una risposta specifica e non c'è spazio per l'interpretazione, possono far sentire il paziente come interrogato, possono far pensare al paziente di dover rispondere solo se interrogati, possono far fornire solo poche informazioni ai pazienti con poche capacità verbali.
Le domande possono seguire il flusso del discorso del paziente o uno schema prestabilito, o si possono integrare entrambi i metodi a seconda delle situazioni.
Alcuni colloqui non strutturati possono dare problemi ad alcuni pazienti, che senza indicazioni precise si possono bloccare, viceversa invece, colloqui troppo strutturati possono far venire l'ansia a pazienti predisposti.
Esistono interviste strutturate e semi-strutturate, dove si indaga su cluster specifici e si cerca di inquadrare il paziente in una categoria diagnostica, tuttavia il clinico non deve esser troppo rigido chiedendo solo ciò che c'è nei suoi schemi, perchè alcuni pazienti possono rientrare in schemi diversi e si rischia di perdersi qualcosa, ma bisogna anche stare attenti a non chiedere cose che vanno al di là dei problemi del paziente.
Morrison suggerisce di iniziare con l'approccio non strutturato, per familiarizzare meglio con il paziente, e poi passare a quello strutturato.
Quindi quando si cerca di stabilire il rapporto iniziale con il paziente (livello 1) si usano una sequenza di domande non strutturate, aperte, mentre quando si passa al livello 2, ovvero quando il clinico vuole individuare la categoria diagnostica del paziente, si usano domande non strutturate assieme a domande chiuse, nel livello 3 invece, quando si vuole confermare l'ipotesi diagnostica, si usano domande strutturate e chiuse (spesso prese direttamente dal DSM-IV), infine nel livello 4, quando si vuol individuare il livello di menomazione del paziente e il livello di stress esperito, la sequenza delle domande è strutturata e le domande sono aperte.

Tecniche di facilitazione
Includono tutto ciò che serve a facilitare la comunicazione, come ad esempio l'annuire, il fare interessato, l'essere attenti.
Si può fare distinzione in tecniche direttive e tecniche non direttive, queste ultime sono la reiterazione a riflesso semplice (incoraggiare il paziente a continuare un argomento), il dare risposte riflesso, la sintesi, la riformulazione, il riflesso parziale, mentre le tecniche direttive sono il ricondurre il paziente a quanto stava dicendo, il favorire il passaggio da un argomento ad un altro.
Le tecniche principali di facilitazione sono:
  • Riformulazione: il clinico ripete le parole chiave del discorso del soggetto in forma interrogativa.
  • Reiterazione a riflesso semplice: il clinico riassume le parole del soggetto, in modo da dargli un feedback ed incoraggiarlo a continuare.
  • Sintesi: riproduce i temi importanti e crea le connessioni tra problemi correlati.
  • Risposta-riflesso: facilita la presa di coscienza autonoma dell'esperienza vissuta, ed è utile se il paziente ha l'impressione di non riuscire a spiegarsi, producendo un effetto positivo su di esso.
  • Riflesso parziale: il clinico sceglie solo gli argomenti che son degni di essere approfonditi.
  • Sostegno: è lo strumento attraverso il quale il clinico comunica il proprio interesse e la propria comprensione verso ciò che si sta dicendo.
  • Interventi di rassicurazione: parole e azioni per tranquillizzare il paziente.
  • Verbalizzazione dei sentimenti: il clinico ripropone al paziente quelli che gli son sembrati i sentimenti che sono emersi dal discorso.
  • Riflesso dei sentimenti: il clinico cerca di far vedere che ha capito tramite parafrasi emotive.
  • Validazione dei sentimenti: tecnica direttiva dove il clinico fa affermazioni che supportano i sentimenti espressi dal paziente (può ridurre l'ansia).
I pazienti che non sono pronti a stabilire un contatto, possono reagire all'uso di queste tecniche aumentando la distanza emotiva.

Tecniche di chiarificazione
Le tecniche usate per ottenere risposte più soddisfacenti sono:
  • Specificazione: tramite domande chiuse.
  • Generalizzazione: si usano per eludere le risposte troppo specifiche, usando termini come di solito, spesso.
  • Verifica dei sintomi: si elencano dei sintomi per aiutare il paziente a riconoscersi.
  • Indagine: favorire il passaggio da un argomento ad un altro, riportare all'argomento precedente, usare domande dirette o indirette, son tutte tecniche di indagine.
  • Mettere in relazione reciproca: per stabilire nessi spazio-temporali e causali tra i dati emersi nel colloquio.
  • Sintesi: tecnica non direttiva dove si riassumono i punti cruciali nei pazienti dispersivi e vaghi, essa può essere informale (si esplicita che lo si fa per voler esser sicuri di aver capito ciò che è stato detto), interattiva (si fanno pause per far intervenire il paziente), supportiva (finalizzata a sostenere quanto detto dal paziente).
  • Parafrasi: ripetizione di quanto detto dal paziente in modo più chiaro o più dettagliato, senza modifiche o aggiunte, può essere: generica (senza valutazioni), sensory based (il clinico può stabilire una profonda relazione col paziente se usa le sue stesse espressioni sensoriali, tipo "mi sembra", "mi sento"), metaforica.
  • Chiarificazione: Secondo Kernberg consiste nell'esplorare con il paziente tutte le informazioni non chiare fornite da questi, è uno strumento cognitivo che non mette in crisi il paziente e mira ad esplorare i limiti della consapevolezza di un determinato materiale, tuttavia, se l'informazione non è legata a scopi terapeutici è meglio non chiarificarla, inoltre, se l'informazione è importante ma non ben articolata, il clinico può decidere di aspettare per vedere se il paziente riesce da solo ad esprimersi meglio.

Tecniche di modificazione del contenuto della comunicazione
Sono diverse le tecniche usate al fine di introdurre un cambiamento:
  • Ristrutturazione cognitiva: il clinico riformula i convincimenti e gli atteggiamenti del paziente, in modo da fornire una diversa prospettiva ed eliminare eventuali pregiudizi.
  • Messa a confronto: rivolge l'attenzione del paziente verso qualcosa di cui non è perfettamente conscio, il clinico mostra al paziente le discrepanze tra ciò che dice, da come è e come si comporta (Secondo Kernberg, si fa notare il conflitto tra conscio e preconscio, in presenza di operazioni difensive), è una tecnica rischiosa perchè può far venire ansia e far negare l'evidenza.
  • Interpretazione: serve per aiutare il paziente ad avere una maggiore conoscenza di se e una più accurata percezione della realtà, cerca di risolvere la natura conflittuale del materiale, ipotizzando motivazioni e difese inconsce che fanno apparire logico quello che prima era contraddittorio (visione psicoanalitica di Kernberg).
  • Silenzio: si esercita minor controllo e si lascia spazio al paziente, il quale può esprimersi anche con il linguaggio del corpo (sbattendo le ciglia, dalla postura), può cercare di capire cosa il clinico pensa, può usare il silenzio per riordinare le idee, il silenzio può instaurare un clima di ascolto e d'intesa, può essere usato per fantasticare, può essere una manifestazione di resistenza, oppure può essere vuoto e privo di significato (al clinico l'arduo compito di capire che silenzio è, e decidere se interromperlo o meno). 


Dal dato clinico all'indicazione del trattamento


Una volta raccolte le informazioni, bisogna usarle correttamente, senza farsi fuorviare da ipotesi non verificate.

Ragionamento clinico
E' un elemento fondamentale che determina le domande da fare, e permette a posteriori di comprendere il tipo di errore e le motivazioni sottese, ed ha la seguente struttura:
  1. acquisizione dati
  2. sviluppo ipotesi
  3. interpretazione dati
  4. valutazione ipotesi (rifiuto, modificazione, accettazione).
Le tattiche usate in questo ragionamento sono:
  • elicitare, riconoscere ed interpretare i dati rilevati
  • raggruppare i primi elementi emersi e formulare alcune interpretazioni
  • indagare le ipotesi preliminari
  • individuare eventuali discrepanze e l'evidenza clinica delle ipotesi
  • riformulare ipotesi sulla base delle discrepanze
  • confrontare il quadro teorico emerso dal paziente con il quadro teorico di quella determinata situazione
La presa di posizione si ha quando il clinico deve scegliere tra 2 o più alternative possibili, e la stessa scelta dello strumento per la raccolta dati, avviene grazie alla presa di posizione.

Osservazione ed interpretazione
I dati osservati sono i dati del paziente immagazzinati nella mente del clinico senza modificazione (dati grezzi), mentre i dati inferiti sono i dati del paziente che diventano oggetto di inferenza o osservazione.
Scopo dell'inferenza è quello di collegare i dati in quanto simili per poter formulare ipotesi cliniche, inoltre, i dati rilevati sono oggettivi in senso stretto e non esiste osservazione che sia indipendente dalla teoria.
L'inferenza è il procedimento logico che permette di derivare certe conseguenze da una o più premesse, mentre l'induzione è il metodo di ragionamento scientifico secondo cui dall'osservazione di 2 o più casi particolari si arriva a delle generalizzazioni.
Il clinico per fare l'inferenza usa sia la deduzione che l'induzione, e deve tenere conto anche di informazioni non presenti nei dati osservati, inoltre, la fase di osservazione precede sempre l'interpretazione e la spiegazione.
Per formulare ipotesi il clinico deve interpretare, deve raggruppare i sintomi in sindromi, e per trarre inferenze dai dati osservati spesso si usa la valutazione del valore probabilistico.
Il clinico può prendere decisioni facendosi aiutare dalla letteratura medica e dalla sua esperienza personale.

Osservazione ed inferenza
L'osservazione precede l'inferenza ed i suoi scopi sono quelli di ottenere dati grezzi che possono essere riutilizzati successivamente, inoltre la possibilità d'errore è ridotta.
Gli svantaggi sono che senza inferenza, il clinico deve prendere i dati per come sono e non si procede molto nella comprensione della patologia.
L'inferenza avviene in una seconda fase ed è fatta sui dati osservati, per individuare dati simili o correlati che servono a formulare e a confermare le ipotesi cliniche.
Gli svantaggi dell'inferenza sono che è un modello complesso in cui sono implicate le strutture cognitive del clinico, compresi i suoi errori, il suo orientamento teorico, le variabili del contesto, e quindi si ha maggiore probabilità d'errore.

L'errore clinico
Gli errori sono classificati in base alla:
  • sede
  • natura
  • motivazione
L'errore può verificarsi in qualsiasi punto del trattamento clinico, in particolare:
  • nel trattamento delle informazioni
  • nella scelta dei modelli causali
  • nella presa di decisioni
Molti errori clinici vengono commessi in fase di osservazione, dove si sbaglia perchè:
  • non si traduce il dato osservato in unità informativa
  • non si valuta il valore probativo
L'errore della fase interpretativa dipende:
  • dal cattivo uso di termini o teorie
  • dal ricorso improprio ad operazioni di deduzione e induzione
  • da una formulazione erronea di criteri di probabilità
  • dalla mancata considerazione di ipotesi alternative
La motivazione è l'insieme dei fattori che hanno condizionato l'errore, che rientrano in queste categorie:
  • la non conoscenza della clinica
  • i bias cognitivi
  • l'adesione senza critica ad un modello teorico
Quando si interpreta si collega un fatto ad un altro perchè:
  • ci sembrano interdipendenti (collegamento causale, filetico, finalistico)
  • ricorriamo a strutture schematiche o illusorie
Si possono inoltre commettere errori accidentali, dovuti a cause sconosciute o errori sistematici, dovuti a cause costanti, note, come le imperfezioni degli strumenti di misurazione e le distorsioni di giudizio.


Pazienti con ansia


Quando si presenta un paziente con ansia, il clinico deve chiedergli di descrivere il suo essere ansioso ("cosa intende quando dice di essere ansioso?").
Si distingue in ansia normale/fisiologica e ansia anormale/patologica.
L'ansia è associata all'anticipazione di eventi futuri e rappresenta un fattore emotivo necessario per fronteggiare un'emergenza fisica o psicosociale, in quanto diventa una spinta all'azione.
Quando però l'aumento d'ansia non migliora la prestazione, l'ansia diventa patologica, ed è considerata anormale quando la risposta emotiva e i comportamenti ad essa correlati:

  • compaiono senza che ci sia uno stimolo a elicitarli
  • sono spropositati rispetto all'entità dello stimolo
  • persistono anche quando lo stimolo è scomparso
  • sono inadeguati rispetto alla realtà dello stimolo stesso
L'ansia di stato è un processo dove la condizione normale d'equilibrio della persona è disturbata dall'ansia, mentre l'ansia di tratto si ha quando lo sviluppo della personalità dell'individuo ha come risultato un livello d'ansia anormale, che diventa parte fondamentale della sua organizzazione.
Il clinico deve indagare dunque sulla natura dell'ansia, ed escludere l'influenza di eventuali variabili esterne come la preoccupazione dovuta al lavoro, alla scuola, o a delle responsabilità temporanee.
Bisogna inoltre escludere la prevalenza di una componente organica, tramite un modello organogenetico della malattia, secondo il quale il sintomo patologico è una struttura, una funzione, un comportamento che subisce un processo di alterazione, a causa di anomalie fisiologiche o biochimiche a livello del sistema nervoso centrale.
Questo modello deve dunque prevedere:
  • la descrizione dei sintomi e delle principali caratteristiche del discorso
  • l'identificazione della patologia
  • l'evoluzione del disturbo
  • la determinazione delle cause
Si usa questo modello per capire se il paziente si sta rivolgendo alla persona giusta, ed il DSM-IV ha diversi strumenti per individuare l'eventuale causa organica del disturbo.
Esclusa l'ipotesi organica bisogna valutare se l'ansia sia un sintomo di qualche altro disturbo mentale, usando alcuni criteri che permettono di differenziare tra quadri simili.
L'ansia può essere un disturbo correlato ad altri disturbi, quindi il clinico deve scoprire se si tratta di un disturbo specifico d'ansia o se l'ansia fa parte di un quadro psicopatologico differente (anche in questo caso il DSM-IV è il giusto strumento di consultazione).

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Tecniche del colloquio (1/16): La consultazione

Consultazione o processo diagnostico


La consultazione è un incontro dove lo psicologo ed il paziente hanno un oggetto comune ma non necessariamente lo stesso obiettivo, perchè sono 2 estranei con compiti differenti: lo psicologo vuole conseguire l'obiettivo del paziente, e il paziente con un problema, cerca di trovare una soluzione che non necessariamente coincide con la richiesta di un parere.
L'oggetto comune della consultazione è il disagio, il disturbo, la sofferenza, il sintomo lamentato dal paziente, che può manifestarsi tramite via somatica (mal di testa, di pancia ecc...) o via psichica (ansia, depressione, ecc...).


Raramente la persona arriva dallo psicologo sapendo bene cosa aspettarsi e conoscendo bene la figura dello psicologo, questo per via di numerosi stereotipi che ci sono in giro, tuttavia se la persona ci arriva spontaneamente, significa che ha fatto un certo percorso interiore che gli ha fatto capire di avere un problema.
Bisogna quindi capire quali siano le funzioni che secondo il paziente lo psicologo svolge e cosa si aspetta che possa fare per lui, e qual è il processo decisionale che lo ha indotto a chiedere un appuntamento.
La consultazione è cmq un evento solitamente di breve durata, all'interno di un processo continuo finalizzato a trovare un significato, dare un valore ed agire sui sintomi.


Il motivo della consultazione


La consultazione raccoglie i dati tramite vari strumenti: il colloquio clinico, il colloquio psichiatrico, il colloquio anamnestico, gli strumenti testologici.
Il colloquio è un processo interattivo che avviene tra 2 persone, che è diverso dalla conversazione perchè l'interazione è finalizzata al conseguimento di un obiettivo predeterminato.

Il colloquio clinico è invece un incontro tra una persona che soffre e cerca aiuto e un'altra in grado di aiutarla a cui si richiede di più che il semplice ascolto.
Gli obiettivi del colloquio clinico sono: ottenere nel minor tempo possibile il maggior numero di informazioni utili, creare e mantenere una buona alleanza col paziente, raccogliere i dati che provengono sia dal colloquio (contenuto) sia dalla modalità d'interazione (processo).
Le finalità dipendono da diversi fattori: dalla richiesta del paziente, dall'età del paziente, dalla gravità della situazione clinica, dalla capacità di alleanza diagnostica, dalle caratteristiche della struttura e/o dell'operatore.


In un colloquio non sempre si possono raccogliere le informazioni in maniera sistematica, perchè non sempre la percezione della malattia è corretta, e quindi non sempre la diagnosi del paziente è confermata dal clinico, e per questo motivo il clinico deve avere in mente uno schema delle aree da indagare.

Nel primo colloquio: il paziente arriva da una persona che non conosce, il mestiere dello psicologo è percepito come insolito, non si hanno informazioni sul medico, ma alcuni dicono che sia bravo.
L'incontro tra psicologo e paziente è un incontro tra estranei, che hanno uno stesso obiettivo: occuparsi del male del paziente.
Il clinico deve quindi cercare di creare un ambiente che risponda alle necessità del paziente, valutando l'atteggiamento da tenere (non sempre essere amichevoli mette a proprio agio), cercando di non far sentire il paziente sotto pressione.
Il clinico deve dunque mettersi in una posizione non di valutazione, ma di ascolto, il paziente deve potersi esprimere liberamente, e in questo frangente le domande aperte servono a rompere il ghiaccio, mentre rimanere in silenzio (aspettando l'iniziativa del paziente) può essere controproducente nella fase iniziale del colloquio conoscitivo, così come fare domande chiuse e rigide.
Invece nel colloquio di consultazione le domande aperte si alternano alle chiuse.



Il sintomo


I pazienti non portano al dottore un problema, ma una serie di disturbi che secondo loro si discostano dalla normalità, e non è detto che i sintomi accusati coincidano con i sintomi realmente posseduti, il compito del dottore è quindi quello di completare il quadro del paziente, capendo il reale problema.
Il medico deve indagare ogni sintomo, per poi decidere il peso da dare ai sintomi indagati.
Lo psicologo deve quindi: raccogliere i dati, formulare ipotesi, verificare le ipotesi formulate e fare una diagnosi.
La diagnosi è il primo passo nel processo tecnologico che permette di trasformare una persona con un fastidio non ben precisato in un paziente con un disturbo psichico definito.
Il sintomo è qualsiasi sensazione soggettiva in base alla quale il paziente decide di avere qualcosa che non funziona e lo riporta al clinico.
Il segno è il rilievo che il clinico ed il paziente ricavano dall'osservazione obiettiva.
La sindrome è il complesso di sintomi che caratterizzano una determinata malattia.

Le aree da indagare per il sintomo sono: caratteristiche, gravità e modificazioni, contesto in cui si presenta, ricorrenze.
Si possono indagare queste aree tramite la compilazione da parte del paziente di scale di autovalutazione.
Secondo Othmer e Othmer le domande da fare per indagare in queste aree sono:
  1. Caratteristiche del sintomo: bisogna far domande per indagare la specificità del sintomo descritto dal paziente (o non descritto), una volta definito, bisogna considerare quali quadri psicopatologici comprendono il sintomo, e quali cluster di sintomi debbano essere presenti per diagnosticare una sindrome (grazie a schemi ad albero presenti nel DSM-IV).
  2. Gravità e/o modificazione: si valuta tramite 4 parametri, la durata, la frequenza, l'intensità e la gravità, tramite domande specifiche al paziente.
    La valutazione della gravità va fatta basandosi su indici specifici, ad esempio secondo il DSM-IV ci deve essere una compromissione del funzionamento sociale, del funzionamento lavorativo, di altre aree importanti.
  3. Contesto in cui si presenta il sintomo: si valuta secondo 6 parametri: 1)contesto di insorgenza 2)gli antecedenti, la sequenza, la progressione ed i fattori scatenanti 3)le aspettative, le credenze, i significati e gli affetti correlati 4)i conseguenti rinforzi o svantaggi 5)la comprensione del paziente 6)l'aspettativa dell'esito, la modificabilità, la comprensione delle cause.
    Gli antecedenti sono eventi esterni o interni che provocano la situazione problematica e rendono probabile l'insorgenza del sintomo, alcuni antecedenti si verificano subito prima, altri molto prima e variano a seconda delle persone e possono essere: affettivi, somatici, comportamentali, cognitivi, legati all'ambiente, legati ai rapporti interpersonali.
    Le conseguenze invece sono quelle che capitano dopo la comparsa del problema e in qualche modo lo condizionano e lo mantengono (e hanno le stesse caratteristiche degli antecedenti).
  4. Ricorrenze: si cercano di rilevare somiglianze e differenze rispetto ad episodi precedenti, bisogna raccogliere informazioni sulle modalità d'insorgenza, che possono essere: insorgenza alla nascita, insorgenza insidiosa, insorgenza acuta.
    Si vuole indagare sul decorso (la sua evoluzione nel tempo), dove può esserci il decorso acuto (breve) e il decorso cronico (prolungato).
    Il disturbo può dunque avere un: decorso cronico, decorso cronico stabile, decorso cronico fluttuabile, decorso cronico con deterioramento progressivo, decorso cronico con deterioramento ed esacerbazione.
    Per studiare il decorso vanno anche analizzati il comportamento, i pensieri, le emozioni.
    Occorre anche valutare le conseguenze del disturbo, capire come esso modifica il rapporto coi familiari, con gli amici, nel lavoro, nella vita sociale.
Strumenti di valutazione del sintomo
Esistono diverse scale per la valutazione dei sintomi.

La scala self-report symptom inventory-revised (SCL-90-R), misura la sintomatologia dell'ultima settimana fino al momento della valutazione, ed è composta da 90 item che rilevano 9 dimensioni (valutato su scala da 0 a 4, dove 0 indica assenza nel periodo valutato, 4 alta presenza o gravità):
  1. somatizzazione
  2. ossessività-compulsività
  3. sensitività
  4. depressione
  5. ansia
  6. collera-ostilità
  7. ansia fobica
  8. ideazione paranoide
  9. psicoticismo
Esistono anche interviste strutturate e interviste semi-strutturate per i diversi quadri psicopatologici che possono essere per specifici quadri o generali.

Il SCID (structured clinical interview for DSM) è un'intervista diagnostica semi-strutturata per la diagnosi della parte dei disturbi di Asse 1 e per quelli di personalità (asse 2), esistono 3 versioni per valutare i disturbi asse 1 nell'adulto e 1 per quelli dell'asse 2:
  1. la SCID-P patient version, per pazienti ricoverati
  2. la SCID-OP outpatient version, per pazienti ambulatoriali, che necessitano solo di poche domande di screening
  3. la SCID-NP nonpatien version, per pazienti esenti da patologia psichiatrica, come ad esempio nel caso di campioni di controllo.
  4. la SCID-II, per valutazione di disturbi sull'asse 2.
Per i disturbi dell'asse 1 la SCID fornisce anche la valutazione di gravità e consente di stabilire la percentuale di tempo in cui i disturbi sono stati presenti negli ultimi 5 anni, e ciascuna delle 3 versioni è costituita da 8/9 moduli, dove ogni modulo ha domande per indagare l'esistenza dei criteri per diverse categorie diagnostiche, e ogni modulo è indipendente.

L'EDE (eating disorder examination) è un colloquio clinico semi-strutturato finalizzato alla diagnosi specifica dei disturbi alimentari, dove ci sono item che valutano i comportamenti verso l'alimentazione eccessiva e i metodi inappropriati per il controllo del peso, e item che descrivono le 4 aree di interesse psicopatologico:
  1. area della restrizione
  2. area della preoccupazione per l'alimentazione
  3. area della preoccupazione per la forma fisica
  4. area della preoccupazione per il peso

Dal sintomo alla sindrome


Ogni sindrome o disturbo clinico è contraddistinto da una sintomatologia essenziale, un sintomo necessario ma non sufficiente, e una sintomatologia accessoria.
Una volta individuato il sintomo presentato dal paziente, il clinico deve chiedersi in quali quadri psicopatologici possa comparire, e deve fare una diagnosi differenziale.
Un sintomo di solito non è peculiare ed unico di un disturbo, inoltre un sintomo non è mai isolato, ma è organizzato all'interno di un cluster di sintomi che hanno maggiori probabilità di essere presenti in specifici quadri psicopatologici.
Un sintomo non è circoscritto ed isolato, ed il passare dal sintomo alla sindrome implica rilevare come e in quale misura questo è avvenuto, in modo da capire il funzionamento del paziente.

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Come vedere se una pagina contiene errori per google

Se vuoi sapere se una pagina internet del tuo sito è ben strutturata per google come metadati, microdati, ecc... c'è uno strumento figlio di webmaster tools che fa al caso tuo, il suo nome è Strumento di test per i dati strutturati.

Grazie a questo strumento potrai controllare se un sito web è scritto in codice html corretto per google, per evitare errori nei dati strutturati che possano influire negativamente nell'indicizzazione di google e dei motori di ricerca in generale.

Tutto quello che devi fare è collegarti al seguente indirizzo:
https://search.google.com/structured-data/testing-tool

Si aprirà una finestra con su scritto: Testa i tuoi dati strutturati.
Nel box Recupera url, incolla l'indirizzo della pagina html che vuoi controllare, poi clicca su Esegui test.

Strumento di test per i dati strutturati

Attendi il caricamento della pagina per scoprire se il tuo sito contiene errori che non piacciono a google.
Se tutto è andato correttamente, la tua pagina non avrà alcun errore, altrimenti verrà fuori scritto in rosso quanti errori sono stati rilevati nella pagina.

rilevati errori nella pagina

Se sono stati rilevati degli errori nella pagina, clicca sulla scritta in rosso per espandere l'errore e vedere più nel dettaglio di cosa si tratta.

errore logo

Nel mio caso ad esempio c'è un problema nel campo logo... problema che ancora non ho capito come risolvere :p

Il sito di riferimento per capire come strutturare i dati della tua pagina html in modo da non avere errori è il seguente:
http://schema.org/
Qui potrai trovare tutte le linee guida da seguire per avere una pagina html con dati strutturati correttamente.